Era da tempo che volevo scrivere un articolo consistente sui Chrome Cranks, una delle mie bands preferite degli anni '90.
L'uscita della monumentale doppia raccolta DIABOLICAL BOOGIE, tutt'altro che frattaglie, con tutte le sfaccettature di cui erano capaci, me ne offre occasione e non ho lesinato certo in enfasi ! (P.B.)************************************************************************************
 DIABOLICAL BOOGIE (Atavistic Records / 2007)“…oltre due ore di oscura ferocia”,
DIABOLICAL BOOGIE (Atavistic Records / 2007)“…oltre due ore di oscura ferocia”, così predica lo stick apposto sulla confezione della doppia raccolta 
Diabolical Boogie dei newyorkesi
 Chrome Cranks, uscita per l’Atavistic Rec. a gennaio del 2007.
Ed ancora, una citazione dal New York Press : “
 una desolazione talmente bruciante da far liquefare il makeup di una puttana da cinque dollari”.Decisamente affascinanti metafore per descrivere il sound dei 
Chrome Cranks, quartetto newyorkese che ha attraversato come una meteora gli anni ’90 facendo terra bruciata attorno, concludendo impietosamente lo scorso millennio e lasciando ai posteri crudi documenti di un cocktail assolutamente devastante di punk, garage, noise e blues; quanto e forse più di bands altrettanto micidiali e seminali  loro contemporanee che giocavano sullo stesso terreno sonico ma con modalità diverse (
Gories, Oblivians, Fireworks, ’68 Comeback, Bassholes, Honeymoon Killers, Cheater Slicks), in virtù di un approccio assolutamente allucinato e dilaniato.

Un’epopea tutta americana forse di nicchia ed oggi affievolitasi, ma destinata nel tempo a suggellare fieramente a fuoco il declino di un millennio che per quanto riguarda il rock ne ha viste di tutti i colori.
Diabolical Boogie, il cui libretto interno è stato curato dallo stesso Peter Aaron, lead-vocal/guitarist della band, consta di 33 brani, b-sides, demo e brani tratti da sessions di registrazione di album ufficiali e 7 ”, inediti tratti da tributi e compilations, live rarities, tutti registrati tra il 1992 ed il 1998; un’imperdibile occasione per i neofiti di avvicinarsi ad una band che ancor oggi, passata a miglior vita, non teme rivali, anche se nel 1997 la stessa Atavistic, Chrome Cranks ancora vivi e vegeti, aveva fatto uscire una prima buona antologia, 
Oily Cranks,

 i primi rozzi  vagiti lo-fi (per etichette varie, 
Munster, Insipide, Sympathy…), di una band ancora di stanza in Ohio, prima del salto fatale nella grande mela. Tra le altre cose un’ipnotica cover di  
Cool As Ice dei 
Suicide incisa per il tributo 
Your Invitation To Suicide nel ’94.
Dice Aaron, a conclusione del libretto e con una modestia che gli fa onore : 
“ No, non necessariamente i Chrome Cranks hanno creato il più rimarchevole ed adorato segmento nell’immortale continuum blues-punk; spero solo, e questo sarebbe abbastanza per me, voi apprezziate questo materiale che rischiava di andare perduto. In caso contrario, rimane tra il meglio noi abbiamo mai prodotto”.
Come dar torto ad Aaron ? Il suo vocalismo debordante, le chitarre al cianuro devastanti di 
William G.Weber e dello stesso Peter rendono sublime omaggio in Diabolical Boogie ad eroi rock e loro maestri riconosciuti come
 Marc Bolan con 
The Spider, 
Sky Saxon con 
Nobody Spoil My Fun, 
Devo con 
Auto Mo.down, gli  
AC/DC con 
Dog Eat Dog .
La versatilità musicale ed il ricchissimo background ispirativo dei Cranks  escono decisamente allo scoperto : lo stesso Aaron definisce la loro 
Collision Blues come un incrocio tra American Girl di Tom Petty e Mirror Blues degli australiani Died Pretty. 
Ma i picchi diabolici li trovate nella cover lasciva di 
Shut Down di 
Darby Crash & The Germs  (anche i Germs scrivevano blues..commenta Aaron!), in quella deragliante e travolgente di  
Street Waves da 
Modern Dance (un brano dei 
Pere Ubu del 1975 in anticipo sui tempi allora come oggi dice Peter…) con il basso killer di 
Jerry Teel , densa di straordinarie intuizioni chitarristiche, in quella 
Little Johnny Jewel dei primissimi 
Television, qui perfidamente jazzata, le due chitarre che flirtano urticanti, nella spettrale 
The Devil is in the Texas di 
Daniel Johnston (dalla comp. Juke-box del Diavolo, Fridge Rec./2001).
Ed ancora, tra i brani originali :  le feroci, sature all’inverosimile versioni live di 
Stuck in a Cave e 
Draghouse, con Aaron che tortura senza pietà le corde vocali con urla strozzate ed i riffs perforanti di Weber. 
 Lost Time Blues
  Lost Time Blues cattiva e cupa come mai in studio; 
Dyin’ Style, grande e feroce punk-song compressa tratta dalle sessions di 
Love In Exile, il rockabilly noir tragico 
Wrapped in red con il basso minaccioso di 
Jerry Teel e la drums oppressiva di 
Bob Bert.   
Il boogie ossessivo di  
Dead Man’s Suit ( da 
Dope, Guns and Fucking in the streets / Amphetamine Reptile Rec., 1995) con la slide penetrante di Weber.  
Sacred Soul, serialmente sulle orme dei Gun club di Fire of Love (fuzz e slide sugli scudi) !  
Pin Tied, minacciosa come un temporale che si avvicina, le corde di Weber ed Aaron impazzite!  
E come definire la schizzata  
Red Dress, prova in studio per un singolo giapponese mai uscito, l’oppressiva 
Safe From The Blade, l’impareggiabile omaggio ansiogeno agli MC5, 
Black To Comm registrato da un fanzinaro al 
CBGB. 
Un’ulteriore cartina al tornasole di quanto ‘live i C.Cranks fossero eccezionali ed adrenalinici!
Ringrazio Aaron che tutti questi scarti sublimi siano giunti sino a noi in a un’unica soluzione.
Un full iniziale  di  potenti inedite songs: dalle potenti 
Love And Sound  e 
More Than Alrite  al blues Raw Power(izzato) di 
 Remember me con 
William Weber in splendida forma, sino alle contorsioni noise dolorose di  
The Big Rip-off ed alla torturata 
Slow Crash, con Aaron ancora una volta sadicamente vocal-killer  e Weber dagli spunti visionari.
La perfida e dark 
Some Kinda Crime  (S.F.T.R.I./ 1993) conclude degnamente una doppia raccolta che si configura come un sontuoso testamento (pur con qualche alto e basso) di una band che ha realmente e con crudo espressionismo rappresentato il ventre bieco di New York, la disperazione ed il nichilismo suburbano americano di fine secolo. 

Il loro no-future prendeva corpo non tanto attraverso i testi quanto era insito, conditio sine qua non, negli stessi moods soffocanti ed asfissianti del loro punk intriso di blues paludoso, dotato di un potere catartico unico, con cui i quattro sublimavano una visione esistenziale colma di disperazione e di frustrazione
Il punk non come denuncia sociale e dai connotati politici ma come urlo straziato di chi ha perso ormai ogni speranza in una società priva di qualsiasi forma di umanesimo e lo denuncia in un sadico attacco sonico, amaro e noisy, viatico un blues fetido ed epico allo stesso tempo, tracciando una via all’autolesionismo più bieco.
UN PO' DI STORIA ED I DISCHIAll’inizio di tutto c’era 
Peter Aaron, un giovane delinquente cresciuto nel New Jersey, ad un’ora da New York, trasferitosi per un periodo  a Cincinnati nell’Ohio, dove fulminato sulla strada del punk cresce, serialmente eclettico, con dosi letali di Television, Pere Ubu, annaspando negli estremismi minimali no-wave del disco-manifesto No New York, ma anche trovando la rivelazione nell’avanguardia jazz storica di John Coltrane e dell’Art Ensemble Of Chicago.
Nasce qui il futuro eclettismo della discografia dei C.C..
Qui, dall’incontro, verso la fine degli ‘80 di Peter con il genio versatile del chitarrista 
William G.Weber nacque il primo nucleo dei 
Chrome Cranks, con una visione già chiara di ciò che volevano: blandire il punk con il blues e con le mille sollecitazioni di una vita consumata sulla strada!
Una volta tornati a New York, Aaron e Weber, entrambi dal poliedrico background rock e musicale, si uniscono al bassista 
Jerry Teel, potente e cavernoso bassista che aveva fondato e si era fatto le ossa nei seminali Honeymoon Killers (già campioni di crossover garage-blues) ed al batterista 
Dan Willis; inizia una frenetica attività segnata da incessanti tours in Europa, Canada ed Usa e da molteplici incisioni,  singoli, EP, partecipazioni a tributi, compilations e tranci di colonne sonore.

Cinque albums ed un video nella primigenia MTV: grande riscontro di critica, ma pochi soldi, dice un amareggiato (?) Peter Aaron, sino allo scioglimento nel 1998.
Con Dan Willis incidono solo il primo album, 
Chrome Cranks, per la PCP, nel 1994; che contiene alcuni tra i loro crudi classici maggiori, schizzati come forse mai più dopo, 
Dark Room, Drag House, Stuck In A Cave, Bakdoor Maniac, Driving Bad, nei quali il blues è ancora troppo sottopelle ma con influenze molto nitide: Stooges, Mc5, Jesus Lizard.
E’ con l’arrivo di 
Bob Bert, batterista dall’energia primitiva che aveva condiviso gli epici inizi dei Sonic Youth e le contorte geometrie noise-garage dei Pussy Galore di Jon Spencer (il meglio del rock ‘altro’ a stelle e strisce tra gli ‘80 ed i ‘90, quello che raccolse attraverso una mirabile e lucida visione contemporanea l’eredità del rock dell’oltraggio di Mc5 e Stooges) che prende forma la  line-up definitiva.
Con 
Bob Bert i Chrome Cranks incidono nel 1994 per la Crypt il loro secondo album epocale, Dead Cool, molto più introverso e criptico, Cramps e Suicide sugli scudi.  
Incubi oscuri e sotterranei, come 
Dead Cool, Nightmare In Pink, Down So Low, Way Out Lover paiono la soundtrack ideale per crimini efferati in fetidi vicoli suburbani, la superba  
 Desperate Friend
Desperate Friend (forse Aaron non raggiungerà mai più tale tragica intensità!) ed una coraggiosa sussultante cover di 
Lost woman degli Yardbirds, giocata sul filo del rasoio.

Netto è il calo del tasso di emotività  in 
Love In Exile, dalla produzione incomprensibilmente  asettica e ‘seduta’ (PCP/1996), ma che meglio delinea la linea compositiva di Aaron e dei Cranks. Contiene altri classici eseguiti in seguito live dalla band con ben altra energia: 
Lost Time Blues, Hit The Sand, Hot Blonde Cocktail, Down For The Hit il traditional 
See That My Grave Is Kept Clean, We’re Going Down.
E 
Live In Exile, uscito nel 1997 (Konkurrel / Au-go-go), dopo l’antologia Oily Cranks di cui parliamo sopra è il manifesto di questo assioma.Uno dei dischi più ‘forti’ usciti nel corso degli anni ’90 dello scorso millennio.
Un sordido ‘capolavoro’ registrato in alcuni malfamati clubs olandesi come il Vera di Groningen, sigillando a fuoco il loro marchio di fabbrica che stravolgeva blues, rock e tradizione sfigurandoli in una fumigante e disperata lava noise! 
E’ in dischi come questo che i 
Chrome Cranks stigmatizzano violentemente il brusco stacco e la distanza abissale dal revivalismo di gruppi anteriori come Long Ryders, Green On Red, Dream Syndicate imponendo un vangelo noise e garage/punk intriso di crudezza suburbana .
Se non vantate una certa dose di masochismo auricolare è difficile reggere per intero il disperato attacco sonico dell’angosciato vocalismo e delle urla straziate di 
Peter Aaron, uno che sembra perennemente sull’orlo del suicidio, un incrocio tra l’indimenticato Darby Crash e il sordido Lux Interior, delle chitarre assassine di 
William G.Weber ed 
Aaron, vere e proprie rasoiate spaccatimpani, supportate dalla drums inossidabile di 
Bob Bert e dal basso minaccioso di 
Jerry Teel.

Oltre ai loro classici 
Lost Time Blues, Hit The Sand, Way-Out Lover, Hot Blonde Cocktail, rese dal vivo con cattiveria da serial killers vi segnalo una devastante, assatanata 
Dead Cool e le covers del traditional blues 
See that my grave is kept clean (violentato a dovere!) , di 
The Slider (T.Rex), 
Fire Escape (Scientists) e addirittura 
The Pusher (dei mitici Steppenwolf) che da loro è velocizzata e stravolta da far paura.
Prendere o lasciare !
A questo disco ho dedicato un pezzo a parte che potrete leggere poco più sotto in questo magazine.
CHROME CRANKS LIVE !Il 18/04/1998, l’anno del loro scioglimento, i Chrome Cranks fecero un tour anche in Italia : li vidi 
all’Hype Pub di Trani (Bari); fu un’esibizione devastante,  senza dubbio una delle performances più esaltanti cui abbia assistito in vita mia.  
Per tutto il concerto uno stravolto  Peter Aaron  galvanizzò un’audience nutritissima (mi è dispiaciuto leggere in altra sede che ad  esempio la data del 24 al Mamamia di Senigallia (An)  fu disertata alla grande, provocando una stizzita reazione della band che dopo tre quarti d’ora abbandonò il palco!) stregata dalle sue minacciose e carismatiche movenze sul palco:  maltrattò la sua chitarra sino a distruggerne le corde, incitava lascivo la gente come un ossesso, sino a lanciarsi dal palco tra le prime file creando il caos!  
Quelle immagini, a distanza di quasi dieci anni, sono ancora bene impresse nella mia testa e nelle mie pupille : in quei momenti (ed ancora oggi)  ho pensato fosse il legittimo ed assatanato erede della sacra asse Iggy Pop-Lux Interior-Jeffrey Lee Pierce-Darby Crash.
Ma tutta la band dimostrò in quel concerto una coesione ed una potenza esecutive straordinarie !
Ho contattato 
Peter Aaron per saperne di più di tutto……
http://www.grunnenrocks.nl/bands/c/chromecr.htm http://www.myspace.com/chromecranks                          PASQUALE BOFFOLI