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'Qui è il Dipartimento di Polizia di Minneapolis.
Se prendete tutta la vostra roba e vi togliete di mezzo
Nessuno si farà del male.
La festa è terminata, conclusa.
Prendete la vostra roba e andate via, così non sbatteremo dentro nessuno per stasera.'
E’ questa la registrazione in presa diretta catturata da Terry Katzman durante un improvvisato gig dei ‘Mats' nello studio dell’artista visivo Don Holzschuh che introduce al secondo disco dei Replacements, negli anni in cui Minneapolis era davvero un vascello in fiamme. Ci sono negozi di dischi come il Treehouse e fanzine come Your Flesh che versano benzina sul fuoco. E poi c’è la carne che su quelle vampe si sacrifica: quella dei Soul Asylum di Dave Pirner (per la cronaca, il ragazzo che manda
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a fare in culo i poliziotti nella registrazione di apertura,
NdLYS), dei
Final Conflict, degli
Otto's Chemical Lounge, dei
Red Meat e, soprattutto, quella di
Hüsker Dü e
Replacements. Suonano tutti veloci e arrabbiati, in quei giorni in cui l’odio ha ancora il sapore di una celebrazione. Anche gli
Hüskers e i
Mats suonano incazzati, ma in più si amano e si odiano vicendevolmente. Chi abita a Minneapolis in quei giorni lo vede coi suoi occhi. Per tutti gli altri ci pensa
Paul a rendere manifesta la cosa, dedicando ai rivali la poco tenera
Something to dü sul disco d’esordio. Ma nonostante tutto si corteggiano, perché bevono dagli stessi bicchieri sporchi dove hanno bevuto i
Beatles e dove quei vigliacchi dei punk hanno pisciato dentro.
Così, finiscono per suonare, soprattutto nei primissimi anni, molto simili. Ma a differenza degli
Hüskers i
Mats bevono tanto, bevono troppo. Tanto che
Bob Stinson ci lascerà la pelle a 36 anni. Durante l’ autopsia gli troveranno il fegato spappolato come quello di un alcolista ottantenne.
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I
Replacements dei primi dischi non conoscono altra lingua se non quella collerica dell’hardcore anche se di tanto in tanto provano a fermarsi e scrollarsi di dosso quella rabbia come cani dopo un acquazzone estivo. Succede in
White and Lazy, il blues sporcato dall’armonica che apre il secondo lato di
"Stink" che però si conclude con il solito violento attacco di cori hardcore. Ma accade soprattutto un minuto e mezzo dopo su
Go, quella power ballad un po’ raggrinzita che, seguendo la linea amara tracciata da
Johnny's gonna die sul disco di debutto li porterà fino alla
Unsatisfied di
"Let it be" abbozzando le coordinate per certo indie-rock di cui ci abbufferemo anni dopo tra i solchi dei dischi di
Dinosaur Jr., Buffalo Tom, Afghan Whigs o
Lemonheads, tanto per dire di qualcuno.
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Con
"Stink" si spegne la rabbia generazionale dei
Replacements, affogata per sempre dentro l’impeto
angst di quelle
Kids don ‘t follow, God Damn Job, Stuck in the middle, Fuck School, Dope Smokin’ Moron che fecero irruzione nel nostro mondo imperfetto con la stessa inattesa grazia della Polizia di Minneapolis nello studio di Holzschuh. Ma voi ve li immaginate i disoccupati di oggi che invece di andare al Concerto del Primo Maggio a cantare
O bella ciao tornano ad imbracciare una chitarra ricucita con lo scotch e a urlare
“I need a God damn job right now/An honest job, if I can find one” in faccia ai Sindacati? Io proprio non riesco …
Franco “Lys” Dimauro
Replacements Live 1982
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