lunedì 1 agosto 2011

MELVINS: “Sugar Daddy Live” (2011, Ipecac Recordings)

Fiumi di inchiostro sono stati spesi per descrivere l'opera dei Melvins e la loro influenza sulla musica ”tosta” degli ultimi vent'anni, magari anche a causa (o per merito) della loro indiscutibile prolificità, il che mi rende difficile dire a che numero siamo arrivati nella loro produzione. Per fortuna, nostra e loro, i ragazzi non sono affetti dal calo di creatività che quasi sempre contagia gruppi in giro da così tanto tempo, al punto che ci possiamo tranquillamente permettere di mettere questo album nella categoria dei “must have”.
Perchè è un gran disco, potente, rumoroso, lento ma senza tregua, come sanno essere i migliori prodotti degli inventori dello “sludge”. Perchè ci permette di sentire all'opera, dalle nostre camerette, la formazione a quattro, con doppia batteria, degli ultimi album in studio (“A Senile Animal” e “Nude With Boots”), alle prese con un set di inaudita violenza, registrato nel 2008 in California, e ci lascia immaginare, in attesa di vedere di persona, cosa i Melvins rovescino addosso ai fortunati che si rechino in un locale dove si esibiscono. Il disco pesca a piene mani nella produzione recente del gruppo, in particolare nei due albums sopra citati, senza dimenticare alcuni classici della band (Tipping The Lion, da “Stag”, 1986, Eye Flies, da “Gluey Porch Treatment”, 1987 e Boris, da “Bullhead”, 1991), ma quello che colpisce in questo disco è l'impatto devastante del gruppo, la potenza spaventosa dei riffs di King Buzzo, lo sferragliare incessante del basso “fuzz” di Jared Warren, l'aggressione continua perpetrata ai danni delle nostre orecchie da parte delle due pesantissime batterie di Dale Crover e Coady Willis.
Non c'è spazio per annunci o siparietti con il pubblico: i Melvins eruttano la lava incandescente del loro punk/sludge/crust/noise rock senza interruzioni per tutta l'ora abbondante del disco, riversando sul pubblico una colata di pezzi sui tre/quattro minuti, fatta eccezione per le già citate Eye Flies, lenta e dilatata cantilena, seminale esempio di sludge ante litteram, e Boris, monumentale come la marcia di un'orda di brontosauri in una notte giurassica. Volendo cercare il pelo nell'uovo, potevamo fare a meno dell'inno statunitense a cappella (penultimo pezzo della scaletta), ma sono assolutamente disposto a perdonare i nostri patrioti, che hanno suscitato il mio entusiasmo con questo possente live.
Luca Sanna

You've never been right
The Hawk
The Kicking Machine

Ipecac Recordings

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