martedì 1 marzo 2011

JULIAN COPE: "Floored Genius" part 1: 1979 - 1995

E' con estremo piacere che pubblichiamo un primo trancio di Alfredo Sgarlato sulla vita e vicende artistiche di una sorta di genio della scena anglosassone, il grande Julian Cope: non é certo facile districarsi nel ginepraio di pubblicazioni di eclettiche ed a volte deliranti (come scrive Sgarlato stesso) pubblicazioni di Cope soprattutto dell'ultimo ventennio. Con un pò di tempo e pazienza cercheremo di farlo: nel frattempo, se volete leggere ancora di Cope in Distorsioni, questo é un mio articolo del 2007 sul suo ottimo
You Gotta Problem With Me. In calce a questo articolo troverete una discografia di Julian Cope stilata dal nostro Ricardo Martillos. (Wally)


La scena di Liverpool nella seconda metà anni '70

Sullo sfondo dei fatti che andiamo a narrare Liverpool, la città che diede i natali al più grande e famoso gruppo pop del mondo e patria nei sixties del glorioso 'merseybeat'. Al pari di Londra, Manchester, Sheffield, Liverpool a partire più o meno dal 1977 fu percorsa dai fremiti rigeneranti di una nuova onda musicale (che affondava le radici nel terremoto punk), emanata prima di tutto dai club 'underground' cittadini: Club Zoo, The Pyramid, l'Eric's di Roger Eagle. Qui si esibiscono gruppi dalle accentuate attitudini sperimentali e teatrali: Big In Japan guidati dalla 'lunare' Jayne Casey, Liverpool Scene, Deaf School, Yachts, Pink Military, alcuni dei quali destinati a perdersi tra le nebbie della città portuale e industriale, per fortuna dopo aver lasciato affascinanti e carismatiche tracce su vinile (purtroppo difficilmente reperibili). Trait d'union di queste band erano (oltre a tratti non ortodossi-dadaisti nella struttura dei brani, soprattutto nei Big In Japan) soprattutto accentuati connotati melodici e la predilezione per le tastiere: in questo l' avanguardia livepooliana fu vittima della pesante tradizione artistica locale dei sixties, venendosi a creare un notevole divario espressivo/estetico rispetto l'impatto punk della capitale Londra. Una bella antologia-epitaffio della primigenia bizzarra Liverpool-scene é "To The Shores Of Lake Placid" (1982, Zoo Four), pubblicata dalla benemerita Zoo Records di Dave Balfe e Bill Drummond, l'etichetta cittadina per eccellenza. Questo vinile contiene tracce rare di Big In Japan, Those Naughty Lumps, Turquoise Swimming Pools, Lory & The Chameleons, Dalek I Love You, Whopper e i primi episodi degli ensemble di Ian McCulloch e Julian Cope, Echo & The Bunnymen e Teardrop Explodes, le due band che avranno più fortuna negli anni successivi, divenendo il simbolo del Liverpool new wave sound. McCulloch e Cope però ancor prima di queste incisioni erano nella stessa band, The Crucial Three insieme a Pete Wylie (si chiamerà Wah! Heat la sua più compiuta ed affascinante creatura successiva).
(Wally Boffoli, testo ripreso dal n. 4 della fanzine cartacea My Own Desire, supplemento a Stampa Alternativa, 2° trimestre 1993)

The Crucial Three

The Crucial Three, i tre cruciali, un nome ambizioso per una band. Ma non così ambizioso se si pensa che uno dei fondatori era Julian Cope, gli altri due Ian McCulloch e Pete Wylie. Julian e Pete erano già insieme nei Mistery Girls insieme a Pete Burns, che poi fonderà i Dead or alive (ve li ricordate? Quelli di You spin me round). Cope e McCulloch litigano subito: Ian vuole essere il nuovo Bowie, Cope il nuovo Captain Beefheart. Diventerà qualcosa di diverso, ma pochi gli saranno pari quanto a genio e follia. Dopo i Crucial Three Julian (nato a Deri, in Galles il 21/10/1957), forma varie band, tutte della durata di pochi giorni, The Nova Mob (ispirato al romanzo di William Burroughs “Nova express”), UH?, A shallow madness, finchè alla fine del 1978 nacquero i Teardrop Explodes, nome ispirato da un episodio del fumetto Devil, in risposta alle band che prendevano nomi della letteratura colta.

Teardrop Explodes
Con Julian, voce e basso, c'erano Mick Finkler alla chitarra, Gary Dwier alla batteria e Paul Simpson alle tastiere. Ben presto Simpson e Finkler sono licenziati e sostituiti da Alan Gill, chitarra e dal manager Dave Balfe alle tastiere. Quest'ultimo era stato in precedenza nei Big in Japan, raffinata post punk band, autrice solo di un EP From Y to Z and never again, destinata ad esser famosa per le successive carriere dei musicisti che ne fecero parte: Budgie (Siouxsie and the banshees), Jayne Casey (Pink industry), Holly Johnson (Frankie goes to Hollywood), Ian Broudie (Lightning seeds), Bill Drummond (KLF, creatore della Zoo records). Il primo LP dei Teardrop Explodes, “Kilimanjaro” (1980, Mercury) mostra una band differente dai canoni imperanti della new wave, maggiormente ispirata dalle musiche degli anni '60, psichedelia e soul. Si nota nei brani scelti come singoli, Treason o Reward, arricchiti da una sezione di fiati. Il disco nell'insieme è un po' acerbo, piuttosto monocorde nella ritmica, ma ha almeno una gemma, Poppies in the field, con un bell'arrangiamento di tastiere, una chitarra più incisiva e un'ottima interpretazione vocale di Julian Cope. Il successivo “Wilder”(1981, Fontana distr.) è un disco molto più complesso, dove Cope e soci (Troy Tate ha sostituito Alan Gill) variano continuamente ritmi e arrangiamenti. Anche i testi si fanno più enigmatici. Si comincia con Bent out of shape, una fusione di elettronica e soul da fare invidia a Paul Weller: “all my life i've been bent out of shape, don't you know is killing me?” canta Julian cominciando a spargere dubbi sul suo stile di vita. Due brani lenti come Tiny children, sole tastiere, e And the fighting takes over, in gran parte retta dalla sola chitarra creano un bel pathos. Like Leila Khaled said, dedicata a una terrorista che aveva colpito Cope per la sua bellezza, è elettrica e vibrante. Passionate friend e Pure joy omaggiano i fratelli maggiori, XTC e Jam. Nel frattempo Julian cura anche una compilation, “The Godlike genius of Scott Walker”, contribuendo a far uscire dall'isolamento quell'altro genio tormentato che è Scott Walker, in quel periodo rivisitato anche da David Bowie e Marc Almond. La critica dell'epoca si divise sui Teardrop Explodes: chi amava solo l'ala più oltranzista del post punk li trovava noiosi, chi apprezzava la riscoperta del passato li amava incondizionatamente. Durante la registrazione del terzo album i conflitti tra l'egocentrismo di Cope e Dave Balfe che voleva più spazio compositivo esplosero e il materiale rimase al lungo inedito, fino alla pubblicazione nel 1990 di “Everybody wants to shag... the Teardrop explodes”, disco piuttosto interlocutorio. Alcuni brani sono poco più che demo, quelli più finiti come Sex sono ripresi nel primo album solo di Julian con titoli e arrangiamenti diversi. L'acquisto del disco si giustifica però con la presenza di almeno due brani splendidi confinati a lati B, Strange house in the snow, con un gracchiante violino e Ouch monkeys, lentissima e struggente, dominata da un liquido organo.

Julian Cope: la carriera solista
Quindi Julian Cope sparisce per un po' di tempo. Iniziano a girare voci di instabilità mentale. Julian afferma di aver passato un anno chiuso in casa a fumare canne e giocare con vecchi giocattoli per poi tornare al lavoro. Il risultato, il primo LP solista del perentorio titolo “World shut your mouth”(1984, Mercury), è un possibile disco da isola deserta, uno di quei dischi che già dal primo brano Bandy's first jump ti fa dire: come si fa a scrivere una canzone così bella? E poi si va in crescendo. Canzoni come Metranil Vavin, con echi di Donovan, Strasbourg, An elegant chaos inseguono la perfetta pop song. Kolly kibber's birthday, dal ritmo elettronico alla Suicide sconvolge i piani. Adesso Julian ha reclutato un nucleo più o meno fisso di collaboratori che lo accompagnerà a lungo: Donald Ross Skinner, chitarra e altro, Double de Harrison, tastiere, Rooster Cosby, percussioni, Chris Whitten, batteria. La novità del disco è l'uso dell'oboe di Kate St John (poi nei Love parade) come solista principale. Melodie indimenticabili (Head Hang Low) e arrangiamenti sempre azzeccati fanno pensare che Lennon e Mc Cartney hanno finalmente trovato un erede. Solo dopo sei mesi il successivo “Fried” (1984, Mercury) mostra l'altra faccia di Julian Cope. La copertina inquieta un po' mostrando il musicista vestito da tartaruga che gioca con un camioncino senza ruote (nelle interviste Cope dirà ovviamente che lui si riconosce nel camioncino, non nella tartaruga). Il disco parte forte con la veloce Reynard the fox (personaggio di una favola) che termina con un improvvisazione di tre chitarre, ma poi dominano tempi lenti e malinconici. Adesso la sensazione è che sia Syd Barrett ad aver trovato il suo erede. Concedetemi un ricordo personale. All'epoca le prime recensioni dei dischi solisti non mi avevano incuriosito. Poi ho sentito alla radio un brano da “Fried” una splendida ballata psichedelica, Laughing boy. Ho pensato che solo quel brano valeva l'acquisto del disco. Quando l'ho finalmente ascoltato mi sono reso conto che era il brano che mi piaceva di meno! Ballate come Me singing o King of chaos o sprazzi beatlesiani come Sunspots o Holy love entusiasmano.
Delusione invece per quanto mi riguarda il successivo “Saint Julian” (1987, Island), altro titolo che dà la misura del personaggio, che pure era stato preceduto dall'ottimo singolo Trampoline, vibrante ed elettrico. “Saint Julian indurisce le chitarre, le tastiere si fanno pompose, la batteria quadrata. Riascoltato oggi mi è piaciuto molto di più, ma continuo a pensare che sia il suo tentativo di successo commerciale, sempre secondo i canoni dell'epoca. Un brano come Planet ride potrebbe essere nel repertorio di Prince, A crack in the clouds attacca gotica alla Virgin Prunes e poi ha un gran finale di tastiere, Saint Julian e Shot down sono bei rock frementi. Al contrario, la critica stronca quasi unilateralmente “My nation underground, titolo che omaggia la psychofolk band Pearls before swine, che invece ho amato molto, in quel periodo scoppiava in me la passione per il soul. Si comincia con una cover, The 5'clock world dei Vogues, poi Vegetation, altro brano da far impallidire Prince e la title track, altro rhythm and blues a regola d'arte. Bello anche il singolo China doll, ballata jazzy alla John Martyn. Protagonista del videoclip è Pete de Freitas, batterista di Echo and the Bunnymen che morirà poco dopo in un incidente motociclistico. Singolari le due uscite successive. “Skellington"(1989, CopeCo Zippo) porta inciso sulla costola la dicitura “play as loud as hell” ma è un mini Lp quasi totalmente acustico, molti brani sono per sola voce e chitarra, farebbe pensare ad una raccolta di scarti e demo. Spesso emerge una vena demenziale, come in Robert Mitchum, cantata con accento francese. Comunque è ancora un'opera di buon livello. Segue un altro mini, inciso a 45 giri e senza titolo attribuito a "Droolian" (drugs + Julian) (1990, MoFoCo Zippo), con in copertina un simpatico cagnolino (Sqwubbsy): le riviste specializzate parlarono dell'opera di un nuovo Barrett sprofondato nella follia. A tratti è un disco veramente sconclusionato: c'è per esempio un brano cajun, Louis the 14, inciso su un solo canale, con una chitarra che ripete un solo accordo sull'altro. Nell'insieme però è un disco gradevole. Julian Cope è dato per perso quando nel 1991 esce “Peggy Suicide” (Island) doppio LP o CD, concept album ecologista con un quadro di Darina Roche in copertina.
Con questo disco Julian ritorna alla forma migliore. Psichedelia aspra (Double vegetation, Safesurfer), funky (East easy rider), ballate (Pristeen, Promised land), rock in piena regola (Hanging out & hung up on the line, Drive she said), Julian sa scrivere e suonare tutto. Un altro successivo concept “Jehovahkill” (1992, Island) attacca la religione e mostra l'interesse di Cope per il paganesimo. È un disco mediamente più quieto e riflessivo, più acustico del precedente. Lo stile non è vario come in passato, mancano le incursioni nella musica nera. I singoli brani, come Soul desert o Gimme back my flag sono piacevoli ma c'è troppa uniformità, nessun brano ha il colpo d'ala. All'epoca lo interpretai come l'inizio della crisi creativa e risentito oggi mi dà la stessa impressione. A questo punto seguire la carriera di Julian Cope diventa davvero problematico. Incide una miriade di dischi, anche a nome Queen Elizabeth o Brain Donor, spesso deliranti, di soli assoli di chitarra wah wah, elettronici, di musica rituale pagana, alcuni in coppia con l'ex Coil Thighpaulsandra. Scrive due libri autobiografici, 'Head On' e 'Repossessed' (2005, Lain) una storia del rock tedesco, 'KrautrockSampler' (Guida Personale alla Grande Music Cosmica, 2006, Lain) e una di quello giapponese, 'Japrocksampler' (2010, Arcana). Una serie di raccolte intitolate “Floored genius" ritrova materiale raro e versioni alternative, soprattutto del primo periodo della carriera. C'è però ancora un lampo di genio, “Twenty Mothers”(1995, Sony Music). Julian spiega così il titolo: “molti dicono che le loro canzoni sono come figlie, per me sono come madri”. Le venti canzoni contenute sono spesso ottime, come Try try try, che ricorda i Traffic, Just like pooh bear un brano pop elettronico o Girl Call, omaggio ai Can più minimali. Nel suo periodo migliore Julian Cope è stato un grandissimo autore di canzoni, al livello di Partridge/Moulding o del miglior Robert Smith tra i suoi coetanei, e con poco da invidiare a Ray Davies o a Bowie. Spesso ha dissipato il suo talento abusando di sé stesso o lanciandosi in operazioni bislacche. Ma musicisti come lui se non ci fossero bisognerebbe davvero inventarli, e non è facile.
Alfredo Sgarlato
JulianCopeHeadHeritage

Julian Cope Discography

1984 World Shut Your Mouth (UK #40)
1984 Fried (UK #87)
1987 Saint Julian (UK #11)
1988 My Nation Underground (UK #42)
1989 Skellington
1990 Droolian
1991 Peggy Suicide (UK #23)
1991 Peggy Suicide Radio Sessions (Japan)
1992 Jehovahkill (UK #20)
1993 Rite
1993 Ye Skellington Chronicles (an expanded version of Skellington along with the sequel Skellington 2)
1994 Autogeddon (UK #16)
1995 20 Mothers (UK #20)
1996 Interpreter (UK #39)
1997 Rite 2
1999 Odin
2000 An Audience With the Cope 2000/2001
2001 Discover Odin
2002 Rite Now
2003 Rome Wasn't Burned In A Day
2004 Live Japan '91
2005 Citizen Cain'd
2005 Dark Orgasm
2006 Rite Bastard
2006 Jehovahkill: Deluxe Edition, re-released with a disc of extra material
2007 You Gotta Problem With Me
2008 Black Sheep
2009 Julian Cope Presents The Unruly Imagination

3 commenti:

aldo ha detto...

Julian Cope...era l'86 o chissá giá 87 ancora non usciva St Julian. Chi organizzava il concerto allo Slego di Rimini aveva riempito la cittá con piccoli adesivi con l'immagine di Fried.
Ricordo che quella sera quando Julian cantó "World shut your mouth" la gente faceva il coro cantando "Louie Louie"!
A grande richiesta fece un secondo concerto il giorno dopo, Domenica. ed il sabato, prima del concerto annunciato Julian stava attraversando Piazza Tre Martiri, sono corso da un tabaccaio a comprare una bic e chiedergli un'autografo...gli gridai:Julian!!! e molto gentilmente mi firmó un pezzettino di carta gialla che non so da dove lo presi!

Anonimo ha detto...

Ricardo Martillos says:
Ottimo articolo Alfredo, molto completo e competente, analizza bene il personaggio(complicato) Cope, per eccesso di pignoleria citerei anche il bel ep Sunspots , e soprattutto ci aggiungerei la Discografia, sempre importante per me e per tutti quelli che vogliono cercare i dischi, lo faccio volentieri io:
1984 World Shut Your Mouth (UK #40)
1984 Fried (UK #87)
1987 Saint Julian (UK #11)
1988 My Nation Underground (UK #42)
1989 Skellington
1990 Droolian
1991 Peggy Suicide (UK #23)
1991 Peggy Suicide Radio Sessions (Japan)
1992 Jehovahkill (UK #20)
1993 Rite
1993 Ye Skellington Chronicles (an expanded version of Skellington along with the sequel Skellington 2)
1994 Autogeddon (UK #16)
1995 20 Mothers (UK #20)
1996 Interpreter (UK #39)
1997 Rite 2
1999 Odin
2000 An Audience With the Cope 2000/2001
2001 Discover Odin
2002 Rite Now
2003 Rome Wasn't Burned In A Day
2004 Live Japan '91
2005 Citizen Cain'd
2005 Dark Orgasm
2006 Rite Bastard
2006 Jehovahkill: Deluxe Edition, re-released with a disc of extra material
2007 You Gotta Problem With Me
2008 Black Sheep
2009 Julian Cope Presents The Unruly Imagination

Anonimo ha detto...

Ricardo Martillos says:
qui una bellissima Discografia illustrata con tanto di vinili inclusi:
http://recordcollectorsoftheworldunite.com/artists/juliancope/juliancope.html