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Così scrivevo su un giornalino locale in occasione di un incredibile concerto tenuto dai Gun Club verso la fine del 1984 in un cinema in provincia di Bari (lo so, é difficile crederci!).
Queste parole, certamente enfatiche, erano state scritte in preda all'eccitazione per un avvenimento eccezionale: l'esibizione di un gruppo che in quegli anni idolatravo con una ristretta ma fedelissima schiera di fans e che attraversava un felicissimo momento creativo; "The Las Vegas Story", album ispiratissimo e maledettamente lirico sino all'ultimo solco era uscito appunto in quel fatidico 1984.
THE LAS VEGAS STORY
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Eccolo Kid Congo Powers, riunirsi al suo antico compagno, assolutamente funzionale, selvaggio ed istintivo nel suo stile chitarristico ai 'bad trips' di Jeffrey; il suo 'excessive feedback' é più efficace ed evocativo di qualsiasi solo tradizionale! Quindi Terry Graham alla drums e la stangona nuova arrivata Patricia Morrison al basso.
La produzione del 33 giri é magistrale, rendendolo (grazie ad una continuità notevole di atmosfere) un'epopea vera e propria di un'America decadente e profondamente inquietante: Bad America, My Dreams, Give Up The Sun, Stranger In Our Town, monumentali elegie elettriche;
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Come dimenticare My Man's Gone Now, il blues di George Gershwin che inaugura la seconda facciata, con Jeffrey che sfodera uno swing insospettabile su un piano vibrante, una cosa molto vicina al trattamento che Nick Cave riserverà al blues di lì a poco : Dark-Swing!
Ed ancora le tenebrose Moonlight Motel, Eternally Is Here, il country disperato Secret Fires, la danza indiana Walkin' With The Beast sino all'omaggio a Pharoah Sanders , The Master Plan.
Ospite Dave Alvin alla chitarra solista in Eternally Is Here e Stranger In Our Town.
GUN CLUB 'LIVE' 1984, Bari
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Ma é stato con Jack On Fire che i Gun Club hanno dimostrato quella sera la loro grandezza on stage quando riuscivano a entrare in feeling e ad amalgamarsi: a luci spente ci hanno lasciato tutti col fiato sospeso, la ritmica inesorabile a scandire il blues voodoo misterico degli inizi del gruppo ("Fire Of Love"); Kid Congo librava nell'aria ormai satura di vibrazioni malsane i glissati della sua chitarra, lamenti ancestrali di bestia ferita, mentre Jeffrey nell'oscurità
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Devo dire che mi sconvolse: lasciata la chitarra, ha rantolato sul palco, gettandosi a corpo morto più volte tra le prime file; si é arrampicato sugli amplificatori, rimanendoci accovacciato come una pantera ferita, mentre guardava il pubblico minacciosamente, in procinto di lanciarsi da un momento all'altro.
Il suo approccio on stage era completamente fisico e tragico, di pura ascendenza morrisoniana, e riusciva a creare nell'audience reazioni molto contrastanti e violente. Posso dire, per quanto mi riguarda, che si é trattata di una delle esperienze live più sconcertanti che io abbia mai vissuto, ed é rimasta scolpita nella mia memoria in modo indelebile!
Wally Boffoli
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