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Verso la prima metà degli anni ‘80, nel North Carolina girava un gruppo formato da tre ragazzotti innamorati del Rock’n’Roll e delle sue radici fifties. All’epoca il trio capitanato dal cantante chitarrista
Dexter Romweber, registrò senza troppe pretese, in maniera amatoriale, un EP di covers,
"In Stereo" (Dolphin Records - 1985) e un album che portava come titolo il nome stesso della band,
"Flat duo Jets" (Dog Gone Records - 1990), in cui per lo più rivisitavano vecchie perle dei ‘50s. Dopo la dipartita di
Griz Mayer dal ruolo di bassista e aver deciso di rimanere un duo chitarra-batteria, sono i
Cramps ad accorgersi di loro e se li porteranno dietro per un intero tour negli Stati Uniti. Questa esperienza influenzerà lo stile del successivo album che allargherà lo spettro dei riferimenti rispetto alle registrazioni precedenti pur mantenendo un’appartenenza marcatamente rockabilly.
"Go Go Harlem baby" (Sky Records-1991) il titolo di questo terzo lavoro prodotto da
Jim Dickinson che in questi ultimi anni, prima della sua recente scomparsa, si era fatto conoscere con un gruppo, gli
Snake Eyes, insieme alla sezione ritmica dei
Reigning Sound.
In questo lavoro emergono le capacità non solo esecutive di Romweber, che accompagnato da
Chris Smith alla batteria,
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sviluppa uno stile più personale che lo porta oltre i confronti con i classici del genere da
Eddie Cochran, a
Jerry Lee Lewis,
Elvis, Buddy Holly. Qui si concederanno anche una divagazione jazz reinterpretando
Harlem Nocturne come già fecero
The Viscounts negli anni ‘50, e un tributo al musical nel remake voce e pianoforte di
Apple Blossom Time delle
Andrew Sisters.
Due anni più tardi, siamo nel ’93 esce
"White Trees" (Sky Records-1993) con il quale esplorano, rivisitano e rivoltano lo spirito dell’american music, nella sua accezione più pericolosa e non necessariamente bianca o nera, dove riesce a trovare spazio anche una
Where are you now intrisa di psichedelia sixties, oltre a varie escursioni tra i confini del ragtime di
Old Soul, le oscure country ballads di
Cool Boys e
Husband of a country singing star, il voodoo-billy di
Daughter of the Jungle, gli psicotici cambi di tempo di
Tura Satana, il punk’n’roll di
Radioactive man.
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Il gruppo pare aver ormai acquisito una sua padronanza espressiva che sembra però sdoppiarsi in una duplice identità come dimostra l’uscita sempre nello stesso anno di
"Safari (Norton 1993)" la prima pubblicazione da parte della
Norton Records, che consiste in una retrospettiva di brani inediti. La qualità delle registrazioni discontinua a seconda dei vari episodi passa da un suono grezzo e minimale, dovuto anche all’esiguità degli elementi in gioco, come nella voodoo-hypnotica
Fuzzy and wild, ad un altro relativamente elaborato come nell’iniziale
Dexter’s lament dove compaiono anche tastiere e basso sempre suonate da Dexter, ma nell’insieme la proposta si mantiene su livelli sorprendenti. Comincia a farsi strada in maniera prepotente una certa reminescenza bluesy e un’attitudine punk che a tratti li rende più selvaggi e meno stilosi rispetto a quanto ci avevano abituati.
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Nel quarto album della band che dal titolo suona come un debutto,
"Introducing the Flat Duo Jets" (Norton-1996) si rendono probabilmente conto che il loro punto di forza sta più nell’essenzialità: che è preferibile togliere piuttosto che aggiungere. Questo senza andare a scapito della validità delle intenzioni riguardo cui il leader è sempre più estroso. Anche il lavoro di mixaggio piuttosto 'chiuso' è volto a rendere la sensazione di avere una band che suona proprio lì, nella stanza dove li stai ascoltando e, anche se in assenza di pubblico, il singer occasionalmente si diverte a presentare alcuni dei venti pezzi contenuti tra cui una concessione al soul di
Otis Redding di
I’ve been loving you too long. Per ripagarsi dai limiti autoimposti dalla circostanza, l’eclettico Romweber in questo stesso anno registra un album solista
"Folk Songs Solo Collection": che sarà solo il primo di una lunga serie di progetti paralleli in cui concentrerà le sue ispirazioni più ambiziose e che lo porteranno a collaborare anche con la sorella
Sara nel
Dexter Romweber Duo, e con
Cat Power.
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Anticipato dall’uscita di due 7”
"Dexmas" (Permanent Records 1996) e
"Jet Set" (Norton-1996) è la volta di
"Red Tango"(Norton-1996) che prende in un certo senso le distanze dal precedente lavoro, pur trattandosi sempre di un ennesimo tributo alla pura essenza dell’american music.
Le registrazioni condivise con musicisti aggiuntivi, nei ruoli di chitarra, violoncello, basso acustico ci lasciano un album di 16 tracce, su cui aleggia uno spirito più folk proponendo qualche ballad in più rispetto al passato, su tutte la finale
I Wish I was 18 again un classico del country reso popolare da
George Burns. In bilico tra la genialità di
Alex Chilton, l’irriverenza di
Reverend Horton Heat e la follia di
Hasil Adkins questa prova dimostra l’autentico talento creativo di questo gruppo.
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A mio parere la dimensione che meglio rende giustizia ai
Flat duo Jets è quella dal vivo come testimoniata dal successivo
"Wild Blue Yonder" (Norton Records -1998) che privo di orpelli, sovraincisioni e seppur raffinati arrangiamenti, ce li restituisce in tutta la loro immediatezza, sporchi e incazzati come non ci avevano mai lasciato intendere. Sicuramente l’album che preferisco insieme a
“Introducing …" dovendo presentare questo gruppo a chi non lo ha mai sentito. Il suono raucofonico della sua quasi inseparabile vecchia
Silvertone, cheap-guitar antenata della
Danelectro, il cantato che è più spesso un grido disperato e i feroci controtempo cassa-rullante, riempiono il silenzio senza lasciare tregua. Il loro putrido miscuglio, stantìo di garage, punk, rockabilly, è ormai stagionato al punto giusto. Qui il tributo al passato è versato in onore dei
Ventures nella 2000 pound bee, la
Rock House di
Roy Orbison,
This Train di
Woody Guthrie,
Sing Sing Sing di
Benny Goodman, la
TV Mama di
Big Joe Turner ed il classico
Shapes of thing to come raddoppiato in
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velocità. Curioso il fatto che solo un anno dopo, sia stato rivolto un interesse spropositato ad un altro gruppo con gli stessi connotati e meriti come i
White Stripes che esordivano con il loro primo album, tralasciando nell’oblìo questa band che aveva già una sua storia, e di cui
Jack White stesso non ha mai fatto segreto citandola come un’importante influenza e con cui non mancherà di collaborare in futuro.
Nono ed ultimo lavoro,
"Lucky Eye" (Outpost Records - 1998) oltre al cambio di etichetta, vede affidare la produzione a
Scott Litt che già aveva lavorato con
R.E.M., Replacements, Nirvana, e non può che uscirne un prodotto qualitativamente impeccabile ma che secondo me si perde, potendoselo permettere, in pretenziosità che
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non eguagliano il genio dei precedenti lavori
Il disco celebra magistralmente Rock, Punk, Country & Western, Surf con competenza indiscutibile, ma senza lasciar intravvedere null‘altro, senza nessuno spiraglio. Quello che probabilmente sarebbe dovuto essere il loro trampolino verso una maggiore notorietà, diventa invece il loro sipario. La versatilità di Romweber cede all’autocompiacimento, quasi spettacolarizzata in maniera fine a se stessa un po’ come era stato per
Brian Setzer in termini di paragoni. A molti questo album piacerà più di altri ed è sicuramente godibile ma di certo meno rappresentativo del mito di questa band che vale la pena di scoprire. Dexter continua tuttora la sua attività artistica dedicandosi a vari progetti alcuni dei quali sconfinati nella musica jazz e sperimentale come con
The New Romans.
Nel 2006 il regista
Tony Gayton dedica un film documentario alla leggenda di questo gruppo dal quale verrà poi estratta anche una colonna sonora dal titolo
Two Headed Cow (Chicken Ranch Records-2008) e Romweber apparirà anche nel film
It Might Get Loud con
Jack White, Jimmy Page, The Edge.
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Federico Porta
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