mercoledì 4 maggio 2011

FRATELLI CALAFURIA: “Musica rovinata” (2011, Massive Arts Records/Self)

Bel nome Fratelli Calafuria, mi fa pensare a regicidi ed epopee risorgimentali. Ridotti a duo dopo l'abbandono del batterista, registrano il secondo album “Musica Rovinata” con Giulio Ragno Favero dei grandi Teatro degli Orrori e Moreno Ussi dei La crisi alla batteria, a tre anni dal precedente “Senza titolo - del fregarsene di tutto e del non fregarsene di niente”. Il disco si apre con Pezzo giallo, un hardcore sparatissimo che mi riporta ai miei anni universitari e ai concerti alla Casa dello studente. Sulla stessa falsariga la seguente Fare casino, con innesto di elettronica. La title track è un po' troppo Subsonica. Disco tropical, con ospite Dargen d'Amico, parodizza certo rap alternativo coattone, ma suona troppo uguale agli originali per colpire e affondare. Di testa parte hardcore e plumbea, poi introduce dissonanze e spiazzamenti, quindi nel ritornello è persino melodica. Bello alterna hardcore a passaggi sincopati, arrivano anche armonie beatlesiane, ma di nuovo la voce è troppo simile a quella di Max Casacci. Pulsantoni, elogio demenziale dell'elettronica, ricorda certi esperimenti di Bugo, sintetizzatori e chitarre si mescolano bene, viene voglia di ballare. Torno su comincia punk, si fa beat, ha un bell'intermezzo elettronico-tribale, c'è anche l'assolone di chitarra, il testo sfodera rime prevedibili. Loretta è una ballata lenta, sognante, vagamente lounge, qui sfoderano addirittura il vocoder, ma non fatevi ingannare, il testo è demenziale. Chiude il disco Ilfattodeicdincantati, brano che prende in giro un certo filone dell'elettronica indie, ma che in sè non ha nulla da dire. Il timer indica undici minuti, ma sono solo i normali tre: e infatti ecco arrivare la ghost track, un montaggio di spezzoni musicali vari, probabilmente prove in sala. Che dire di questo disco, in conclusione? A tratti è molto divertente, piacerà senz'altro agli ascoltatori più giovani che amano pogare; alcuni brani sono invece troppo ingenui, le parodie troppo uguali agli originali che prendono di mira. Il gruppo ha delle potenzialità e quando insiste sul ritmo, che sia punk o quasi disco come in Pulsantoni, è davvero piacevole: ma soprattutto per quanto riguarda i testi si può fare di più. Immagino che i Fratelli Calafuria, che sono di Milano ed esistono da dieci anni, diano il meglio di sé dal vivo, possibilmente in un centro sociale o in un festival all'aperto, dove il pubblico ha voglia di divertirsi.
Alfredo Sgarlato

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