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Mr. Rencore, progetto capitanato dal chitarrista Gabrio Baldacci che vede Daniele Paoletti alla batteria e Beppe Scardino al sax baritono, giunge al suo esordio discografico con il notevole "Intollerant". I tre livornesi azionano la centrifuga sui loro retroterra, impregnati tanto di free-jazz che di noise e si avvalgono per l'occasione della collaborazione del sassofonista Tim Berne, esponente
tra i più brillanti della scena avant-jazz statunitense ed esperto in ibridazioni tra generi musicali differenti. Il risultato è che "Intollerant" sfugge ad un semplice tentativo di classificazione da scaffale. Jazz-core? Forse, ma come riferimento torna utile solo brevemente e a chi legge per capire quantomeno su quali mari stiamo navigando. E ancora, personalmente mi vengono in mente Last Exit di Peter Brotzmann e Denison-Kimball Trio come porti di attracco equidistanti dal punto in cui ci troviamo. Al centro c'è sempre e comunque l'improvvisazione collettiva, una continua composizione
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Ed è proprio questa la chiave di volta dell'album e il motivo per il quale i 16 minuti abbondanti di Intollercaos (altro pezzo tra i più interessanti) si dispiegano cinematicamente come in una pellicola dai piani temporali intrecciati in cui l'attenzione dell'ascoltatore viene dirottata continuamente verso nuovi approdi, fino a giungere a quella che suona come una coda naturale del brano. Le dolci note introduttive della successiva Book B, infatti, si pongono come contraltare all'irruenza di Intollercaos e suonando sciolgono la tensione dapprima accumulata, per poi condurci in un crescendo emotivo con un lirismo degno delle migliori ballate.
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Per chi scrive, "Intollerant" è uno dei migliori esempi di contaminazione tra post-core e jazz degli ultimi anni. Un album denso che sicuramente necessita di più ascolti ma che sin da subito suscita curiosità sia per le possibilità espresse che per quelle esprimibili, compreso il senso di incompiutezza che naturalmente ne deriva. Punto di forza dell'intero lavoro è sicuramente l'ottimo bagaglio tecnico del quartetto, efficace ma mai prolisso o autoreferenziale, nonchè un' accurata produzione in termini di suono, risultato ottenuto necessariamente dalle fruttuose scelte, spesso non convenzionali, effettuate tanto nella registrazione che nel missaggio. Menzione a parte merita la perseveranza con cui l'etichetta pugliese Auand prosegue nella sua opera di documentazione di molte realtà sia italiane che internazionali che orbitano attorno alla sfera jazzistica. Buona navigazione. Passo e chiudo.
Aldo De Sanctis
Mr.Rencore su Auand
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