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GIRLS, californiani di San Francisco a dispetto del poco originale nome sono composti in realtà da due maschietti, Chet White e Christopher Owens, quest'ultimo facente attivamente parte dei Children of God, comunità religiosa, da cui anche il titolo del disco
'padre figlio e spirito santo'. Allontanatosi ben presto da quel lifestyle Owens sbarca nella west coast provenendo da mezzo mondo, Portorico, Asia ed Europa:
inizia la sua avventura musicale nei territori del punk e hardcore per poi virare decisamente per un suono molto più morbido e melodico. Registra a nome Girls il disco di esordio,
“Album” (2009), altro titolo ad effetto, ottenendo clamorosi risultati di
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pubblico e di critica, con paragoni altisonanti: da alcuni sono addirittura accostati ai Beach Boys leggendari di
"Pet Sounds", solite esagerazioni tipiche di Rolling Stone, Pitchwork e Spin. Il disco, che la leggenda vuole sia stato registrato sotto l'effetto di una quantità record di pillole, pur molto gradevole all'ascolto non brilla certo per originalità, i nostri due spaziano da una psichedelia molto flower power, con Brian Wilson sugli scudi a distorsioni via Jesus and Mary Chain; su tutto la splendida voce di Owens, accostato di volta in volta a Elvis Costello, Buddy Holly e Paul Mc Cartney. Dopo questo sorprendente debutto, Owens ha pronte pare qualcosa come 70 songs: di mezzo ci mette pure un ep,
“Broken dreams club” (2010) che conferma le buone impressioni del precedente pur non brillando allo stesso modo.
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C'era quindi molto fermento per la famosa opera seconda e Chet e Christopher deludono in parte le spasmodiche attese: due anni dopo il debutto arriva questo
“Father, Son, Holy Ghost”, un disco che conferma Girls a buoni livelli ma niente di più.
Honey Bunny, probabile singolo apre in maniera alquanto easy il disco, a seguire la splendida
Alex, che va a cogliere fiori nel magico giardino dei vecchi House of Love, poi una scossa elettrica con
Die, sonorità incalzanti, con una bella chitarra distorta e un finale slow da applausi. Tre brani del disco superano i sei minuti di durata, troppo aggiungo;
Vomit,
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scelta come video apripista ha un un bel refrain ed un breve solo chitarristico,
Just a song e
Forgiveness, due malinconiche ballads, non sono invece niente di memorabile, i pezzi si si dilatano oltremisura senza arrivare da nessuna parte. Da citare a memoria pure
Magic, anche se di magico c'è ben poco,
Love life, zuccherosa oltremisura ed il finalino di
Jamie Marie che chiudono un disco da ascoltare un paio di volte e da riporre nel cassetto. Non condivido tutta questa attenzione mediatica per questo gruppo:
"Father, son, holy ghost" lo ridimensiona e non poco, del resto Girls suonano a modo loro un Brit Pop sound che aveva forse un senso in epoca new wave e post punk ma che adesso appare una mera imitazione, senza peraltro il pregio della genialità, decisamente mancante ai due californiani!
Ricardo Martillos
GIRLS on TRUE PANTHER RECORDS
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