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Slovenia primi anni Settanta: Egon è un tredicenne timido e impacciato che vive con la nonna, vecchia bigotta che crede di parlare con le anime dei defunti, e la madre, donna delle pulizie nella ferriera del paese che vive immersa nei film melodrammatici e convinta di avere un figlio stupido e che non le vuole bene; il padre non c’è, scomparso, quindi Egon non può beneficiare di quel relativo benessere di cui godono i suoi coetanei i cui genitori lavorano in Germania. La sua vita si consuma fra il cinema del paese e la lettura dei fumetti, il suo più grande desiderio, un giradischi, sembra irraggiungibile e così non può ascoltare nemmeno l’lp dei T.Rex che la cugina gli ha regalato.
E allora l’unico modo per farsi una cultura musicale, non potendo ascoltare i dischi, è quello di leggere le riviste in biblioteca o di collegarsi nottetempo con radio Lussemburgo per ascoltare un concerto degli Slade. Sarà poi l’incontro con Roman
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Il giradischi di Tito è un romanzo di formazione, c’è la scoperta del sesso e il primo innamoramento, lo scontro con un mondo adulto che sembra estraneo e distante, la solitudine e la nascita dell’amicizia, l’incontro con la morte, ma il libro ci fa anche conoscere un mondo per noi misterioso, quell’Est europeo comunista che non era del tutto impermeabile alle suggestioni e alle novità che venivano dall’Occidente;
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Miha Mazzini, che ha tratto questo romanzo da un suo film, “Sweet Dreams”, mai uscito in Italia e da cui sono tratte le foto di questo articolo, racconta la storia con piglio quasi neorealista: raffigura con vivacità e con un tocco di affettuosa ironia le picaresche disavventure del giovane Egon, compresso da una vita familiare gretta e misera e da una società conformista e paternalista nella quale la figura di Tito è il cemento intorno a cui tutto ruota e si regge. Ma il nostro protagonista fiuta attraverso la musica e il cinema l’aria nuova che anima il mondo, le sue azioni sono mosse da uno spirito sotterraneo di ribellione e libertà che da lì a qualche anno cambierà decisamente il corso della storia, ma questa è un’altra lunga storia.
Ignazio Gulotta
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