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Il 15 novembre 2011
Graham Parker compirà 61 anni, un sopravvissuto obietterà qualcuno senza avere tutti i torti, che è tornato però puntualmente ad allietare i nostri giorni con le sue ballate agrodolci, come fa da 35 anni a questa parte. Il suo ultimo lavoro s’intitola
“Imaginary Television” ed è uscito nel marzo del 2010, una decina di songs che come suo solito non hanno pretese intellettuali né fanno la corte a trends imperanti; solo passione compositiva ed interpretativa:
Passion is no ordinary word, aveva cantato proprio Graham in uno dei suoi grandi album fine anni ’70,
“Squeezing out the sparks”.
Ed è proprio in quegli anni che maturano le sue opere più entusiasmanti, come altri
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illustri e geniali outsiders che si chiamano
Elvis Costello e
Joe Jackson, in pieno marasma punk, in un brodo di cottura eterogeneo che ha ingredienti piccanti nel
pub-rock, il rock and roll inglese più classico (
R.Stones), il rhythm and blues ed il reggae. I musicisti cui l’ex benzinaio londinese ha l’abitudine d’accompagnarsi in quegli anni gloriosi ed inquieti sono (oltre grandi pop –writers come
Nick Lowe) il chitarrista
Brinsley Schwarz, il bassista
Andrew Bodnar, il tastierista
Bob Andrews, il batterista
Steve Goulding, in una parola
The Rumour,
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eccellenti strumentisti , pub-rockers (esattamente come i
Dr.Feelgood di
Wilko Johnson e
Lee Brilleaux) provenienti da formazioni seminali pre-punk
Brinsley Schwarz, Ducks Deluxe, Bontemps Roulez, con all’attivo una dura gavetta in clubs e localacci della provincia inglese operaia e mineraria. Del resto lo stesso
Parker si era svezzato musicalmente in bands del genere già dal 1975: a farlo uscire dal limbo ci pensò l’etichetta
Mercury con cui l’artista incise (come dicevo all’inizio) i suoi dischi più appassionanti:
“Howlin’ Wind” ed
“Heat Treatment” nel 1976,
“Stick To Me” nel 1977,
“The Parkerilla” (dal vivo, 1978),
“Squeezing Out Sparks” (1979). Sono questi i titoli
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che dovete assolutamente recuperare per assaggiare la miglior cruda vena compositiva di Parker:
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coinvolgenti inni rock (
Back to Schooldays, New York Shuffle, Stick To Me, Heat in Harlem, Discovering Japan, Local Girls), sapide ed epiche ballate iper-romantiche (
Watch The Moon Comes Down, You can’t be too strong, Fool’s Gold, Black Honey, Hotel Chambermaid, I’m Gonna Tear Your Playhouse Down, Gypsy Blood), reggae a serramanico (
Don’t Ask Me Questions, Howlin’ Wind) ma anche cavalcate mid-tempo d’ispirazione tipicamente americana (
Lady Doctor, Silly Thing, Heat Treatment).
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Gli anni ’80 e ’90 vedono
Parker mai seduto sugli allori, fertilissimo ed eclettico compositore attraverso opere notevoli come
"The Up Escalator" (1980, American Beat, ospite
Bruce Springsteen),
"Another Grey Area" (1982, A.Beat),
"Mona Lisa’s Little Sister" (1988, Buddha),
"Human Soul" (1990, Diablo),
"Struck By Lightning" (1991, Diablo),
"12 Haunted Episodes" (1995, Razor & &Tie Music),
"Acid Bubblegum" (1996, R.&Tie M.), nelle quali continuano a convivere felicemente fiati ,
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ammiccanti ‘groove’ soul e rhythm and blues con la semplicità commovente di seducenti serenate chiaroscurali. E Graham, instancabile, vi instilla il soffio vitale della sua arte pulsante, mai
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doma. Grandi ‘live’ album poi nei ‘90:
“Live From New York, NY” (1996, Razor & Tie Music),
"The Last Rock & Roll tour" (1997, R.&Tie M.), con formazioni come
The Figgs.
Il primo decennio del nuovo millennio purtroppo per Parker va via attraverso un pesante anonimato , nonostante la sua ispirazione non si sia mai prosciugata, altri 5 album dal vivo e 7 in studio incisi con arte certosina , ma mai saliti agli onori delle cronache, solo piccole segnalazioni sulla stampa rock specializzata.
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Tornando al nuovo
“Imaginary Television”: ancora piccole eleganti gemme senza tempo che attanagliano l’anima come l’iniziale
Weather Report, Always Greener, 1st Responder, il
Parker che preferiamo di gran lunga da sempre; i furori giovanili si sono placati ormai da tempo, lasciando il posto a composizioni fluide e rasserenanti, intrise di blues e jazz afterhours (
Head On Straight, Bring Me A Heart Again) ed a calde ballate,
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‘raffinate’ come vini doc (
Broken Skin, You’re not Where You Think You Are). L' antica fascinazione per il reggae resiste discretamente in
See Things My Way e
More Questions Than Answer di
Johnny Nash.
Un disco che potrà piacervi solo se siete abituati a ragionar di rock per massimi sistemi e non in termini di nuovi ‘pretenziosi’ appeal.
Wally Boffoli
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