‘Altra storia, con la stessa velocità’, più o meno così recita (con chiaro riferimento agli
Oasis) il titolo del primo album dei
Beady Eye, la nuova band che
Liam Gallagher ha messo su nel 2009 nel momento stesso in cui gli
Oasis ufficialmente si scioglievano con l’allontanamento del perennemente amato/odiato ‘brother’
Noel.
In realtà i
Beady Eye schierano a mò di
new-Oasis tre ex di quella band,
Gem Archer alla chitarra,
Andy Bell al basso e
Chris Sharrock alla batteria: con essi
Liam ha pubblicato un primo singolo nel novembre 2010,
Bring The Light ed un secondo,
The Roller è uscito prima online e poi nei negozi tra gennaio e febbraio 2011.
L’album
“Different Gear, Still Speeding” sta per uscire proprio mentre scrivo, ed il primo tour europeo (che dovrebbe toccare anche l’Italia) e giapponese della nuova band di Liam è previsto tra marzo e luglio 2011. Questi i fatti. Passando all’album la prima cosa che colpisce è il produttore:
Steve Lillywhite, l’uomo che sta dietro a tanti capolavori della gloriosa e fondamentale new-wave anglosassone,
“Drums and Wires” e
“Black Sea” degli
XTC, il debutto e
“Talk Talk Talk” degli
Psychedelic Furs ,
“Ha!- Ha!- Ha!” degli
Ultravox,
U2, Pogues, Siouxsie & the Banshees, Eddie & the Hot Rods. Lillywhite anche questa volta non si smentisce conferendo ai brani di
“Different Gear, Still Speeding” un suono denso, compatto, nitido (qualcuno si ricorda del primo
Psychedelic Furs?), che si sprigiona prepotente dalle casse dell’impianto o del vostro p.c., a cominciare dall’iniziale potente
Four Letter Word, che forte del massiccio apporto dei fiati fà da efficacissima apripista al lavoro. Lo stesso
“wall of sound” d’ascendenza
Spector-
iana che si ritrova in
Standing On The Edge Of The Noise e nei legni dell’epica cover degli
World Of Twist Sons Of The Stage (b-side di
Bring The Light su vinile).
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Rispetto agli album degli
Oasis qui troverete un sound notevolmente più fresco e una maggiore varietà di stili, come lo sfacciato look rock & roll del singolo
Bring The Light, le sfumature blues della sintomatica
Beatles And Stones ed il mood
‘jazzy’ della deliziosa
World Outside My Room, che non compare nella tracklist ufficiale dell’album): a trionfare comunque in questi solchi è ancora una volta quel concetto di pop profondamente anglosassone , troppo ‘derivativo’ a detta dei detrattori, portato al successo planetario dagli Oasis. Radici ben piantate in un songwriting assolutamente
John Lennon : ascoltate il singolo
The Roller e
Three Ring Circus, con
Liam Gallagher in pieno
Lennon-transfert vocale e ditemi se non vi sembra di essere al cospetto di due novelle
Instant Karma.
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Il disco contiene più di un potenziale hit (a prescindere dai due singoli) come l’orecchiabilissima e leggiadra (troppo leggerina probabilmente per i detrattori)
For Anyone, un gioiellino di artigianato pop, l’esotica
Millionaire, la fascinosa ballata
Kill For A Dream, sino a piccoli capolavori di scrittura, con un ispiratissimo
Liam Gallagher sugli scudi a farci vibrare come non sospettavamo potesse ancora accaderci: la finale, lunga, evanescente
The Morning Son, dalla coda dannatamente psyche (lo so, il paragone con
A Day In The Life è irriverente!) sembra davvero voler perpetuare la stagione d’oro del pop anglosassone immortalata dai quattro di Liverpool in album come
"Sgt.Pepper",
"Revolver" e
"Rubber Soul";
Wigwam e
The Beat Goes On attingono alla lezione del pop-psyche inglese made in ‘60 più aristocratico. La vedo davvero dura per i detrattori più volte evocati in questa recensione gettare anche stavolta fango sullo sfrontato ed antipatico
Liam e sui
Beady Eye, la sua nuova splendida creatura.
Wally Boffoli
BeadyEye
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