venerdì 1 luglio 2011

ANANDA: “Wardiaries” (2011, Seahorse Recordings/Audioglobe)

Dietro una splendida, emozionante e un po' inquietante copertina, che raffigura uno di quei classici manichini di legno, snodabili, retroilluminato da un violento bagliore su uno sfondo scuro, i campani Ananda (per la precisione di Scafati, vicino Napoli) ci raccontano gli orrori della guerra, in tutte le sue forme. L'album si intitola appunto “Wardiaries”, scritto proprio così, tutto attaccato, ed è un concept album ma, come spiegano gli stessi componenti della band, l'aspetto curioso è legato al fatto che si tratta di un concept inconsapevole, non pianificato.
Nessuno ha detto a tavolino: “Adesso facciamo un disco che parli di storie di guerra”. Le canzoni sono nate spontaneamente, indipendentemente, spesso anche nei momenti più strani e nelle circostanze più imprevedibili, su un lasso di tempo di due anni, tra il 2008 e il 2010. E soltanto al momento di entrare in studio di registrazione, gli Ananda si sono resi conto che un filo conduttore legava tutte le storie dei loro testi: ed era proprio quello, la guerra.
Così come tutto attaccato è il titolo, attaccati tra loro sono molti dei 12 brani che costituiscono l'opera; così, inaspettatamente, sfociano l'uno nell'altro, a sottolineare il trait-d'union che li collega nel dipanarsi delle loro vicende. Una certa curata e studiata uniformità stilistica, allo stesso modo, pervade tutto il disco: le chitarre, siano esse sature e granitiche come nel brano di apertura Chapter II (scelta curiosa, intitolare il brano di apertura come un II capitolo!), acustiche come in Major E (dove s'intrecciano elegantemente con un violino, presente di rado nel corso dei vari brani, ma vero valore aggiunto alle composizioni e non banale infiocchettamento!), elettriche pulite, come nell'inizio di Gordon Pym, seguono spesso, nelle loro cadenze, gli accenti del tempo-medio tipico di un hard rock anni '70 di sabbathiana memoria.
I brani globalmente sono sempre al di sotto dei 5 minuti (con una sola eccezione), mentre il cantato, malinconico, sofferto, di Alfredo Palomba in molti tratti ricorda curiosamente quello di Perry Farrell (Jane's Addiction/Porno for Pyros). Non ci sono esplosioni di rabbia nel narrare lungo queste 12 canzoni i drammi della guerra: si percepisce più una dolorosa ma pacata rassegnazione che, nella sua intensità, risulta decisamente più efficace di qualsiasi 'schitarrata cattiva' come magari tante altre bands, in maniera più banale e prevedibile, avrebbero fatto.
Alberto Sgarlato

Youth
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