giovedì 12 maggio 2011

BABY DEE : “Regifted Light” (2011, Drag City)

Baby Dee è una artista di Cleveland di quelle che potremmo definire “arrivate tardi”. Ha infatti inciso il suo primo lavoro “Little window” a quarantasette anni dopo una vita fatta di esperienze musicali e di vita tra le più disparate, quali suonare l’arpa (il suo primo amore dall’età di quattro anni) in una chiesa oppure mascherata da orso in Central Park o esibendosi come gatto fisarmonicista nel circo Bindlestiff e nel Kamikaze Freak Show. Arriva a collaborare con Antony and the Johnsons, Current 93, Marc Almond e Dresden Dolls, artisti con i quali condivide sicuramente un gusto per le atmosfere malinconicamente cabarettistiche e burlesque. E infatti, questo nuovo lavoro “Regifted light”, che segue l’ultimo “A Book of Songs for Anne Marie” dello scorso anno, è un tuffo di poco più di mezz’ora in atmosfere autunnali, dai colori volutamente in bianco e nero, con inserti color mogano e melodie cinematiche di altri temp,i che ben si accosta alle ambientazioni degli artisti sopra citati. A questo contribuisce sicuramente il fatto che solamente quattro dei dodici brani sono cantati, mentre il resto dell’album è strumentale, con al centro il pianoforte Stainway D della nostra che imperversa sin dal primo brano, Cowboys with Cowboy hat Hair, che la Dee esegue live già da diverso tempo e che, seppur con un tono “marziale”, ci fa comprendere subito l’armonia del disco,  conducendoci più all’interno di un cerchio emotivo che di un elenco di canzoni. Proprio il pianoforte che è al centro di questo disco ha una storia, che nasce dell’incontro di Dee con Andrew W.K. (anche produttore dell’opera) il quale aveva regalato il suo Steinway D concert grand piano alla Dee in occasione di un strasloco in un altro appartamento nel quale però lo strumento non avrebbe potuto essere portato. Strumento che la Dee aveva avuto occasione di suonare a  casa di Andrew tirandone fuori un suono celestiale e che portò W.K. a vedere in lei la degna nuova proprietaria dello stesso. Ritorniamo al disco e alla successiva Yapapipi, più delicata, che i fiati contribuiscono a colorare con una certa esoticità, mentre in Regifted light iniziamo a sentire la voce di Dee che ci accompagna in un zona d’ombra tra il senso di felicità e tristezza, grazie anche all’aiuto di un violoncello (che ritroviamo anche in Deep peaceful), seguita da una commovente e viscerale On The Day I DiedThe Pie Song è una cavalcata vocale di poco più di due minuti che ben fotografa le atmosfere da cabaret della Germania anni ’30, con evoluzioni tonali di assoluto rilevo: ed è forse l’unico esempio che un po’ si distacca dal mood generale del disco. The move conclude l’opera con uno stop eccezionale, che blocca di colpo l’atmosfera quasi a congelare l'attimo e dirci che l’ispirazione che ha pervaso il tempo trascorso come è arrivata se ne è andata Se proprio volete trovare dei riferimenti, siamo sicuramente dalle parti dei suddetti Antony and the Johnsons, con tono magari meno imponente ma dalla stessa forza commovente, con virate tra il passionale e il melodico o il razionale e l’assurdo, perfetta fotografia del personaggio. "Regifted light" non è un disco fatto per stupire ma, piuttosto, unire le persone portandole in atmosfere di altri tempi, luoghi della mente dove rilassarsi e distaccarsi da tutto e tutti.
Ubaldo Tarantino

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