Il Duka è ovviamente il grande Duke Ellington e in Sicilia c’è stato veramente, la sera del 17 luglio 1970, a suonare e far sognare con la sua orchestra il pubblico del Palermo Pop, il primo festival musicale italiano che l’impresario italoamericano Joe Napoli aveva voluto nella terra dei suoi genitori portando ad esibirsi alcuni grandi nomi del jazz e del rock. A trenta chilometri da Palermo, il piccolo paese di Jato, quattro case arroccate sul monte, quello stesso 17 luglio celebra il festino di San Calò, il santo negro, solo che questo rischia di essere l’ultimo, infatti la curia ha deciso di chiudere la piccola chiesa e trasferire il parroco, solo un miracolo può salvare San Calò.Il miracolo si materializza nella promessa fatta dall’improbabile manager Ottavio Miranda, colui che si dice abbia prestato la pistola del suicidio a Luigi Tenco, di far passare da Jato, sia pure per una breve apparizione
il Duka, subito dopo la sua esibizione palermitana; ecco allora che si mette in moto un inarrestabile meccanismo che coinvolgerà tutto il paese, dal sindaco Sciortino, preoccupato per la sua rielezione, a Don Rocchè, prete che conosce le cose del mondo, al barbiere Mimì, la gola profonda del paese, ai due fratelli Scotti, in lite mortale fra loro, uno, Pino impegnato nella scommessa di ingentilire il vino siciliano con tecniche e vitigni nuovi, l’altro, Rosario, musicista giramondo giunto in paese per la morte del padre, tenta l’impresa disperata di rimettere in piedi una banda che possa essere degna di accogliere il
La storia si sviluppa in un susseguirsi di colpi di scena e di alti e bassi nei quali verranno coinvolti i numerosi personaggi di questo romanzo corale con un ritmo narrativo che Vittorio Bongiorno saprà tenere sempre brioso e trascinante, con costanti riferimenti musicali, dal beat italiano al rock psichedelico ad ovviamente i brani di Duke Ellington a formare una vera colonna sonora per chi legge il libro.
Il romanzo del resto nasce da un soggetto
Parafrasando la prosa di Vittorio Bongiorno dice che “Il Duka in Sicilia” è innanzitutto una bella storia raccontata con vivacità, ritmo e ironia, che ti restituisce il senso di un’epoca e di una musica che ancora oggi a distanza di più di quaranta anni ci fa battere il cuore: "Mio padre era un appassionato di lirica, e diceva che la musica si divide in due: lirica e jazz. Nella musica moderna, tutto ciò che non è lirica, è jazz. Questo secondo lui. E in qualche modo è vero. Perciò, forza, attacchiamo. Amuni’…".
Ignazio Gulotta
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