sabato 25 giugno 2011

MOVIES: "2001, Odissea nello spazio" (1968, Stanley Kubrick, 141 min.)

Eccolo dunque l'articolo cadeau di Matteo Guarnaccia a Distorsioni: una serie di sorprendenti speculazioni su '2001, Odissea dello spazio', film girato da Stanley Kubrick nel 1968. Matteo riesce a calare l'intera estetica del film nell'humus sociale e creativo giovanile di rottura di quel fatidico anno. Ci auguriamo naturalmente sia solo il primo di una sequela di contributi dell'artista al nostro magazine, e soprattutto che si trovi a suo agio in nostra compagnia. Grazie Matteo! (wally boffoli)


Nel 1968 Stanley Kubrick, dopo aver affrontato il genere poliziesco (‘Rapina a Mano armata’), il peplum storico (‘Spartacus’) e la trasposizione di una discussa opera letteraria (‘Lolita’), reduce dal brillante film antimilitarista ‘Dr. Strangelove’, affronta la fantascienza. Il regista newyorkese riesce ad estorcere alla major MGM il più grosso budget della sua intera storia e dopo tre anni di lavorazione presenta agli attoniti investitori uno sconcertante ossimoro: un film di fantascienza senza azione. Niente eroi in luccicanti tutine attillate, stile Flash Gordon, e nemmeno omini verdi o aracnidi pelosi che rapiscono sexy femmine terrestri. Le astronavi hanno un design troppo raffinato e si muovono con una lentezza esasperante La colonna sonora non comprende chiassate con cannoni fotonici o raggi della morte, è persino bandito il clichè del terhamin. Domina la musica classica, i valzer di Strauss, un poderoso “Also sprach Zarathustra” e suites per balletto di Aram Khachaturian. Per completare il quadro disarmante, gli attori non hanno appeal, recitano vestiti da scimmioni e i dialoghi sono insulsi. La voce umana è praticamente assente per quasi tutta la durata (non indifferente) del film. La sceneggiatura incomprensibile- vagamente basata sul racconto ‘The Sentinel’ dello scrittore Arthur C. Clarke - non contempla nessun finale. Alla prima, l’attore Rock Hudson si alza dalla poltrona del cinema e sbraita: ‘C’è qualcuno che mi può spiegare cosa ho visto?’. La sua reazione è ampiamente condivisa, eppure quello che per le platee normali è un film senza senso, un drammone metafisico, viene salutato come una meditazione poetica sul senso della vita dall’irrequieta gioventù dell’epoca. Come era già successo l’anno prima con la musica dell’album “Sgt. Pepper” dei Beatles, quel film era singolarmente sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda della loro psiche. ‘2001’ è un fantastico diorama acido sull’evoluzione umana, un trip psichedelico disturbante.
Per il pubblico giovanile, ipotesi come viaggio nel tempo e nello spazio, reincarnazione, contatto con intelligenze extraterrestri, sono perfettamente plausibili. Chi aveva già affrontato il viaggio chimico nello Spazio Interiore non si spaventava davanti a sollecitazioni visive, effetti ottici mirabolanti, eccentricità narrative, surrealtà. Certo l’impianto del film non predisponeva necessariamente verso un Viaggio tranquillo, bisognava superare il freddo pessimismo kubrickiano, le sue paranoie sul destino bloccato dell’umanità. Nel 1968 la cultura antagonista era già impregnata di tecnofobia, di validi timori per il rapporto tra conoscenza e scienza, era quindi disponibile alla fiammeggiante parabola del regista. Ma c’erano ovviamente altri elementi, non legati ai contenuti psicoattivi e filosofici, che ne mantenevano alto il gradimento, quelli relativi al look pop dell’opera. Costumi, oggettistica e arredamento erano un raffinato paradigma del design modernista.
Dalle posate di Arne Jacobsen alle Djin Chair di Olivier Morgue, ‘2001' profetizza la colonizzazione dello spazio quotidiano con oggetti freddi e distanti. Non a caso sono gli oggetti a riscuotere più successo rispetto agli attori in carne ed ossa. La divinità che si fa macchina e la macchina che si fa uomo, il computer HAL devoto come un cane, prossimo alla demenza. Il classico funereo monolite nero – pare ispirato alle tavolette di cioccolato Hershey - che tiene sotto controllo e influenza l’attività umana. Oggi è considerato uno dei dieci migliori film di tutti i tempi, anche se non ci sono due persone che si trovino d’accordo sul suo significato. Circola insistente l’ipotesi cospirazionista che sia stato sponsorizzato dalla NASA, con la disponibilità di apparecchiature sofisticate e top secret, in cambio della disponibilità del regista a filmare il finto allunaggio dell’Apollo in uno studio cinematografico segreto. L’organismo spaziale americano si era reso conto di non essere ancora pronto all’impresa che avrebbe segnato la vittoria nella gara con l’Unione Sovietica. Qualcuno ha detto che ‘2001 Odissea nello Spazio’ è come una macchia di Roscharch, ognuno ci vede quello che vuole.

Matteo Guarnaccia

Matteo Guarnaccia Official Officinalia

1 commento:

ANTONIO ha detto...

un film freudiano che lascia ad ogni spettatore l'interpretazione che la propria psiche arriva a dare