venerdì 9 aprile 2010

FLOWER FLESH: LIVE AT THE ENCOUNTER POINT (demotape) by Pupi Bracali


Perché recensire su un web magazine così importante come Music Box il demo dal vivo di un oscuro e sconosciuto gruppo prog italiano? Prima di tutto per becero nepotismo perché il tastierista dei Flower Flesh è, appunto, mio nipote, poi perché anche il bassista è un caro amico con il quale ho condiviso qualche cosa, ma soprattutto perché il dischetto che sta suonando da ore nel mio lettore (ho fatto la rima) è il preludio alla fiammeggiante pubblicazione di un “vero” prossimo CD che sto aspettando con ansia (anche perché spero che me lo regalino).
Quindi, abbandonando il fatto personale con la sua prima persona singolare, passiamo a un plurale più giornalistico e vediamo che succede tra i solchi di questo prodottino musicale.
Rock progressivo, l’abbiamo già detto, e già il titolo un po’ Marillonesco ci conduce su quella strada aperta alla fine degli anni sessanta da gente come Moody Blues, Procol Harum, King Crimson, Genesis, e non ancora giunta alla sua fine, anzi arricchitasi di una miriade di diramazioni e sfaccettature.
Il brano che apre il cd è rivelatore del suono del gruppo: un prog con sfumature vagamente AOR che si potrebbe ricondurre, non si sa quanto consapevolmente, a una band come i Magnum, e con diversi cambi di tempo nel giro dei pochi minuti di ogni “canzone”.
Le tastiere elettroniche spruzzano soffi Hawkwindiani nella prima parte del primo pezzo che contiene un bellissimo solo di chitarra wah-wah, registro inusuale nel mondo progressive ma che ci piace tanto, mentre il successivo “Scream and die” si fa notare per una bella apertura tastieristica eterea e sognante verso la metà del brano subito ripresa dal cantato in inglese del vocalist del quintetto e per un finale con solo di chitarra supportato dalle tastiere che però si limitano a fare “tappeto” quando le vedremmo meglio più movimentate e fantasiose magari in un assolo incrociato con la chitarra.
Il terzo brano ha, stranamente per un gruppo prog, un grosso debito coi Doors nella sua prima parte anche se la tastierina simil-Farfisa doorsiana che introduce il pezzo ha più somiglianze col riff iniziale di “Giant Hogweed” dei Genesis. Nonostante la breve durata (5:19) ci pare il brano più eclettico e composito del cd.
Il quarto brano denota purtroppo (e non me se ne voglia) una certa incertezza vocale del cantante (non dimentichiamoci che siamo dal vivo) ed è caratterizzato da un altro solo di chitarra wah-wah piuttosto ficcante, mentre il pezzo che chiude il cd contiene in pochi secondi ( anche qui non si sa quanto consapevolmente) un’autentica citazione dei Van Der Graaf Generator.
L’esecuzione dal vivo contempla, tranne che in un brano, dei finali piuttosto bruschi che preferiremmo addolciti da “code” strumentali più armoniose e sinuose come si addice a questo tipo di musica. Su basso e batteria, che ci pare svolgano egregiamente il loro lavoro, non vi è nulla da eccepire e come abbiamo già detto il sound a là Magnum la fa da padrone. Anche in questo caso come accade in molte bands di rock progressivo di oggi, (a volte persino anche in quelle più famose) il sapore prog è dato più dal sound che dai temi dei brani o dalle melodie e senza fare paragoni blasfemi il progressive dei settanta pur nelle sue strutture elefantiache aveva anche una “forma canzone” che restava impressa e incollata alla mente dopo pochi ascolti. Qui non accade, anche se durante l’ascolto la piacevolezza regna sovrana in un’atmosfera di “fresca antichità” e di un neo-barocchismo incline a un soft-hard americaneggiante.
Li aspettiamo al varco sulla lunga durata del prossimo cd.

Maurizio Pupi Bracali

www.myspace.com/flowerflesh
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