A solo un anno di distanza dal precedente ottimo “Ancestral Star”, i Barn Owl ci riprovano con “Lost in the Glare”. La copertina sintetizza magnificamente la sostanza sonora di questo nuovo lavoro: un deserto sabbioso avvolto dalle prime oscurità della notte ed illuminato da una fievole stella. Sono questi gli elementi naturali su cui insiste la psichedelia dilatata ed introspettiva dei Barn Owl.
Abbandonato il culto del cielo di hawkwindiana memoria, la psichedelia del nuovo millennio si presenta principalmente come una devozione rituale verso la propria terra e verso quei territori in cui la mente può facilmente entrare in armonia con il creato (si veda anche la straordinaria “The Valley Path” degli U.S. Christmas). Abbandonati i sentieri impervi e spesso nocivi dell’alterazione di coscienza attraverso le droghe, la nuova psichedelia cerca un rapporto mistico con la natura attraverso la contemplazione e l’ascesi. La musica dei Barn Owl rappresenta tutto questo: un flusso sonoro ipnotico, dilatato sino all’inverosimile che rimanda ai raga indiani e alle pratiche che legano i ritmi musicali ai cicli regolari del giorno e delle stagioni. Le influenze dei Barn Owl sono certamente riconducibili ai seminali Earth, sia nei brani più ruvidi e drone (The darkest night since 1683) sia in quelli più rarefatti e desertici (Turiya). Pale Star prosegue idealmente sulle tracce di “Ancestral Star”, alla ricerca di quella memoria ancestrale depositata nei corpi e nelle cose. Ma il cuore di “Lost in the Glare” è certamente costituito dai brani Devotion I e Devotion II, un vero e proprio percorso ascetico che trascina la mente in un mantra mistico, lasciandola poi sospesa a girovagare lungo lande sconfinate e solitarie. Un album senz'altro da scoprire per chi, come i Barn Owl, ha necessità di mantenersi distante dalla materialità del mondo moderno.
Felice Marotta
Thrill jockey/Barn Owl
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