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venerdì 5 agosto 2011

PIETRO ROMANO MATARRESE: "UPHO" (2011, Casa Musicale Eco – Monza)

# Consigliato da DISTORSIONI

Pietro Romano Matarrese, pittore, scultore, video maker ormai affermato barese, docente alle Belle Arti prima a Brera, poi a Bari, con la magnifica ossessione della chitarra sin dalla fine dei ’60, quando bazzicava gli ambienti ‘alternativi’ cittadini, costellando i brani di alcune bands locali con i suoi soli veementi e visionari. Spero vorrete perdonare qualche cenno autobiografico legato a Piero: spesso mi faceva salire da lui per farmi ascoltare con frenetico desiderio le sue ‘magiche’ sovraincisioni chitarristiche da alcuni (indimenticabili) registratori a bobine giganti.
Tempi incredibili, dischi epocali che marchiarono a fuoco l’immaginario ‘strumentale’ di Piero e di tantissimi giovani d’allora, uno per tutti, “If i could only remember my name” di David Crosby: è incredibile, negli stupendi ‘morceaux’ chitarristici di “UPHO” se ne sente ancora l’anelito west-coastiano ad una musica stellare, scevra da vincoli temporali e spaziali, assolutamente combaciante con ‘love’ e ‘freedom’. Se c’è stato un disco che ha influenzato ‘pesantemente’ con i suoi infiniti, palpitanti intrecci chitarristici l’immaginario di Matarrese, io credo sia stato proprio quello, più di altri illustri referenti (Beck, McLaughlin, Frisell), una sorta di rivelazione che ha plasmato poi attraverso gli anni i suoi personali connotati di musicista: i 15 emozionanti ‘shots’ strumentali di UPHO sono un’utopistico, atemporale sequel, a 40 anni di distanza, di un’estetica dignitosissima anche negli anni degli MP3, del download, che dispiega la stessa ‘umanissima’ ansia espressiva di un pittore, di uno scultore.
Se poi proprio si vogliono rintracciare - al di là di questo opinabilissimo coté westcoastiano tirato in ballo - nel chitarrismo di Matarrese delle influenze più o meno subliminali, allora bisogna senz'altro risalire alle visionarie pennellate scandinave di un Terje Rypdal.
Piero, proprio come un pittore, in UPHO fa tutto da solo, da impagabile artigiano, con metodo certosino, oggi come ieri: incide prima le basi, sempre armoniose ed ondivaghe solo in apparenza, e poi su di esse scioglie definitivamente le briglie della sua solista corroborata da scolastici ma sempre funzionali ed efficaci effetti, guidata da un ineguagliato, metafisico amore per melodie appena abbozzate a grappoli di note e poi abbandonate, alla ricerca mai paga di nuove ‘zone’ emotive; questa meravigliosa utopia estetica si rinnova in UPHO attraverso 15 composizioni di Matarrese, 15 'sonic landscapes', 15 oggetti musicali non identificati che volano alto, nell’arco di 2-3 minuti, assumendo di volta in volta appellativi allusivi (Negli ann’, Assini, S.Ana, Sir Taki, Ioannina), sarcastici (Feltry Nelly), fantastici (Vassiliki, Kayak, Amazonian). Musica capace come poche di emozionare, commuovere nel profondo, sin dall’iniziale toccante Nora e come in autentici gioielli ispirativi, Aolla, White, Cattaro: arte controcorrente, scevra da qualsiasi logica commerciale, in assoluta libertà- bellezza melodico-armonica, a disegnare aurore boreali, curve di arcobaleni dopo una pioggia, o itinerari ‘intimi’ tra i trulli pugliesi tanto amati da Piero, tanto da scriverne due saggi.
Pasquale 'Wally' Boffoli

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