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sabato 30 luglio 2011

RADIOHEAD: "The King of Limbs (Live From The Basement) (video 2011), di FRANCO BOLELLI

Scrivere che sono felice di pubblicare un contributo di Franco Bolelli a Distorsioni è un eufemismo: ho speso i miei 20-30 anni divorando tra l'altro i suoi manoscritti - quando la carta stampata era la nostra religione e l'edicola il nostro pusher fedele - come "Musica Creativa" (Squilibri Edizioni - 1978), i suoi articoli su "Almanacco Musica" (Edizioni Il Formichiere, 1979), progetto suo e di Riccardo Bertoncelli. So che Franco non ama che si parli di lui al passato, ma trovo insensato e criminale fare tabula rasa di siffatto seminale background di filosofo e teorico della musica.
Franco ha conservato intatta - io trovo - la potente forza speculativa che caratterizzava i suoi scritti sin da quei fondamentali anni '70: la cartina al tornasole è questo pezzo sui suoi amati Radiohead che eseguono il nuovo lavoro "King Of Limbs" Live from the Basement in video, uscito da pochissimo, direttamente dagli scantinati del loro produttore e amico di lunga data Nigel Godrich; pezzo, dicevo, di Bolelli dove passione e riflessioni esistenziali vanno di pari passo, e la musica diviene lo specchio impietoso degli anni che stiamo vivendo (wally boffoli)


Non riesco a liberarmi da Radiohead. E’ ormai diventata una splendida ossessione. Perché nessun altra musica fra quelle che mi hanno appassionato nella mia esistenza, che mi hanno aiutato a crescere, che mi hanno arricchito ed energizzato, ecco di nessuna altra musica mi è mai accaduto di avere così bisogno giorno per giorno, ormai da anni. Ho fisicamente, mentalmente, sentimentalmente bisogno di quei suoni lì. Mi corrispondono, sento che fanno scattare qualcosa nei neuroni, nei sensi, nei muscoli, nell’intero organismo. Da Jimi Hendrix in poi ho sempre sentito mia quella ricerca di sonorità che sembrano vivere ciascuna di vita propria, di dissonanze mescolate ad armonie, di quelle atmosfere fuori dall’ordinario ma niente affatto fuori da sé, anzi ancora più dentro il nostro metabolismo biologico. Quelle canzoni che puoi canticchiare, che ti entrano sotto pelle, e che poi sono attraversate ed espanse da distorsioni, ondeggiamenti, liquidità ipnotiche, spazialità vertiginose, suoni che alla centesima volta che li senti ancora non capisci come e da dove. Questa è sempre stata la “mia” musica, e quando mi sono preso vacanze in altre direzioni sono sempre ritornato lì, al mio elettivo richiamo della foresta.
Con i Radiohead questa cosa è esplosa. Ho provato ad allontanarmene quando – “Amnesiac”, un po’ anche “Hail to the Theft” - li ho sentiti troppo dolenti, troppo statici: ma poi è bastato un tocco di Jonny Greenwood, una di quelle sue entrate che aprono orizzonti, a riconquistarmi istantaneamente. Perché la musica dei Radiohead è fatta come gli esseri umani, come i fenomeni, come i progetti che mi attraggono irresistibilmente: abbraccia, modella e poi irradia spinte diverse e molteplici. La forza e insieme l’ipersensibilità, l’equilibrio più armonioso raggiunto attraverso l’assoluta instabilità, il senso di spaesamento e quello di opportunità: proprio come un organismo biologico.
Mille trame e suoni che dinamicamente pulsano, scorrono, si combinano, coevolvono. Credo sia per questa loro natura plurale, per la loro vocazione a essere al tempo stesso sperimentali e comunicativi, né avanguardia né spettacolo, che i Radiohead sono un fenomeno di larghissimo culto senza concedere niente a nulla e a nessuno, essendo totalmente se stessi. Credo sia perché nessuno quanto loro – non soltanto nella musica ma neanche in altri linguaggi - esprime il senso, l’essenza, il metabolismo stesso del mondo connesso e globale. Nessuno quanto loro usa con altrettanta naturalezza le possibilità di scelta senza precedenti che ci ritroviamo fra le mani. In un mondo dove tutte le mappe convenzionali non servono più a niente, dove siamo proiettati al di là di tutte le classificazioni binarie, i Radiohead trasformano la deriva delle identità in costruzione di identità espanse.
Se dedicate un’ora del vostro tempo al nuovo “Live From the Basement” – il video dove suonano dal vivo in studio “The King of Limbs” - credo che tutto questo si manifesti con una chiarezza folgorante. Se il disco – mai sentita una cosa che così programmaticamente non assomiglia a nessun’ altra - poteva disorientare qualcuno, qui dal vivo si evidenzia tutta la qualità vitale, la assoluta naturalezza con cui i Radiohead creano il proprio mosaico, un suono dopo l’altro e insieme all’altro. Alla fine tutto questo – questa fluidità, questa instabilità, questa attitudine ultrasensibile - i Radiohead riescono nell’impresa di proiettarlo su un orizzonte maestoso, epico. Lo so che i paragoni sono sempre sbagliati e che le classifiche sono assurde e ridicole: ma lasciatemelo dire, questa è davvero la più grande band di tutti i tempi.
Franco Bolelli

The King of Limbs (Live From The Basement)



la scaletta:
1. Bloom
2. The Daily Mail (inedito)
3. Feral
4. Little By Little
5. Codex
6. Separator
7. Lotus Flower
8. Staircase (inedito)
9. Morning Mr Magpie
10. Give Up The Ghost

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