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mercoledì 16 marzo 2011

JOE JACKSON: 1981 - 2011, "Pop Rock Genius!"

A differenza dei cartacei rock specializzati nazionali, noi di Distorsioni non abbiamo bisogno di un 'best' in uscita per parlare ed approfondire gli artisti che ci piacciono da sempre, che costituiscono il nostro DNA musicale! Lo facciamo ogni volta ne abbiamo voglia, come e quanto ci pare, e se permettete questa é una libertà non da poco! Nel caso di Joe Jackson é una passionalità ed ammirazione di lunga data a motivarci: stiamo parlando di uno degli artisti più geniali e versatili in senso assoluto a livello internazionale degli ultimi trent'anni e passa; tutto o quasi lo scibile musicale é stato toccato e magnificato dal suo istinto/talento eccezionali: punk, mod-music, pop, rock & roll, blues, jazz, colonne sonore, musica classica. Cantante, compositore, scrittore, pianista, arrangiatore, non gli é rimasto molto da esplorare! Mai adagiatosi sugli allori ha sempre nutrito un'insofferenza cronica nell'essere ingabbiato in clichés ed etichette musicali, seguendo sempre ciò che la sua ricchissima vita interiore gli ha suggerito e mai ha dato ai suo fans ciò che si aspettavano da lui, finendo anche col rimanere isolato con le sue impopolari scelte artistiche. Scelte a volte purtroppo sconfinanti in una sorta di fumosa e velleitaria megalomania, che non abbiamo tralasciato di 'criticare' in questo lungo special per doverosa obiettività!
Questo non é il primo articolo di Distorsioni su quello che rimane uno degli artisti essenziali della nuova onda anglosassone delineatasi alla fine degli anni '70, e certamente non sarà l'ultimo. Vi lascio al racconto di Alfredo Sgarlato e del sottoscritto delle fasi salienti della carriera artistica di Joe Jackson, e naturalmente alle sue 'grandi' indimenticabili, indimenticate songs! (wally)


Intro
A volte è difficile rispondere alla domanda 'che musica fa'? riferita ad un particolare artista. Per esempio, 'che musica fa Frank Zappa?': difficile dirlo, è zappiano e basta. Nel caso di Joe Jackson invece la risposta è facile: tutta. Pare che Joe, (Burton upon Trent 11/8/1954), ragazzo gracile e asmatico, per non dover fare sport a scuola scelse di iscriversi al corso di musica, scoprendosi molto portato. Nel 1979 pubblica nel giro di pochi mesi ben due album, molto riusciti, “Look sharp” e “I'm the man” (che saranno trattati presto su Distorsioni in un articolo a parte): pop(d'ispirazione mod-punk) di classe virato in new wave, sulla falsariga di Elvis Costello. Nel 1980 "Beat crazy" si fa più sporco e tribale, influenzato dal dub giamaicano e dai Police.


Gli anni '80: racconti dall'età del Jazz

Jumpin' Jive (1981, A&M)
Quindi, nel 1981, una svolta imprevedibile.
“Jumpin' Jive”
è un disco di swing, di quello più ballabile, chiamato appunto jive negli anni '40. In questo disco Joe si limita a cantare covers di grandi dello swing, di Cab Calloway come la title track, Lester Young (Jumpin' with simphony Sid), Glenn Miller (Tuxedo Junction) e soprattutto Louis Jordan come Is you is or is you ain't my baby, più lenta della media o Five guys named Moe o l'ironica We are the cats, “call and response” tra Joe e la band o You run your mouth dove Joe altera la voce. Della band originale rimane solo il bassista Graham Maby, poi ci sono Larry Tolfree alla batteria, Nick Weldon al piano e ovviamente una sezione di fiati: Pete Thomas (alto), Dave Bitelli (tenore e clarinetto), Raul Oliviera (tromba). Un disco che, come colse bene il compianto Alessandro Calovolo, potrebbe sembrare semplicemente il divertissement di un artista eclettico, ma invece è qualcosa di più importante: la nuova ondata cominciava ad arretrare e i musicisti iniziavano a scoprire un passato che potevano conoscere solo tramite i dischi. Jumpin' Jive fa il paio con lo splendido esordio dei Lounge Lizards, col rockabilly degli Stray cats, coi primi singoli di Weekend e Aztec Camera, ballate acustiche e ritmi sudamericani. Ma scava ancora più in passato, in quelle musiche da ballo che quando saranno suonate con le chitarre elettriche diventeranno il rock'n'roll.

Night and Day (1982)
Il disco della vera svolta è però il successivo Night and Day” (1982). Joe Jackson dichiara che la musica si fa con basso batteria e qualcos'altro per riempire. Nei primi tre dischi la chitarra, nel quarto i fiati, in questo accanto al fido Graham Maby e a Lary Tolfree a batteria e percussioni c'è la percussionista e flautista Sue Hadjopoulos e Joe suona sax alto e vibrafono, oltre a piano e tastiere. Il disco è ispirato da una tournèe a New York e dai suoi ritmi di vita. Il brano iniziale Another world invita ad addentrarsi in un mondo nuovo e sconosciuto. Gli intrecci tra un piano scintillante, l'organo e le molte percussioni sono la cifra stilistica del disco. Segue Chinatown, esotica e allusiva. I brani sono legati a formare una suite. Tv age e Target hanno testi critici verso le mode e le convenzioni. Chiude la facciata A Steppin' out: ritmo pop sintetico e un pianoforte incalzante fanno un singolo perfetto che avrà buon successo. Joe ci invita a uscire, a goderci la vita e la notte. La side B, quella “day” è invece lenta, d'atmosfera, a parte la sudamericana Cancer. Breaking us in two e le conclusive Real men e Slow song sono ballate struggenti, col violinista Ed Rynesdale in aggiunta alla band. In Real men Jackson attacca gli stereotipi maschili (ascoltatela in coppia con What makes a man a man di Aznavour, magari nella versione di Marc Almond). In Slow song chiede un po' di quiete al mondo circostante, soprattutto ai DJ , sommamente colpevoli di trasformare una cosa meravigliosa come la musica in martellanti ed amorfi set.
Night and day è un disco straordinario, il più personale nella carriera di Joe Jackson ed impossibile da paragonare ad opere di altri artisti. Non è propriamente un disco jazz, ma le armonie e l'uso di strumenti in gran parte acustici vanno in quella direzione. Non è un disco di world music, ma i ritmi sono ispirati tantissimo dai caraibi, al cha cha cha e soprattutto alla salsa di Tito Puente.

Body and Soul (1984, A&M)
Due anni dopo “Body and Soul” già nel titolo e nella foto di copertina suona come un omaggio ai dischi ed agli artisti dell'etichetta jazz Blue Note: Jackson si fa ritrarre nell'identica posa di Sonny Rollins dell'album Blue Note "Sonny Rollins Vol. 2" (1957), la famosa foto scattata da Francis Wolff. Adesso le atmosfere del jazz sono ben note ai ragazzi degli anni '80, che hanno imparato ad apprezzare tanto le improvvisazioni anarchiche dei Rip Rig + Panic quanto l'eleganza degli Style Council o la più mainstream commerciale Sade. C'è di nuovo una band numerosa al servizio di Joe. Curiosamente i brani che trovo meno convincenti sono quelli iniziale e finale, The verdict ed Hearth of ice, troppo pompose e solenni. Nel mezzo invece tante cose buone. Cha cha loco, lo dice il titolo, è un cha cha cha, ma niente che sia da balera, è un brano elegantissimo con un riuscito arrangiamento di fiati. Not here not now una nuova ballata struggente con un bell'assolo di flicorno di Michael Morreale. You can't get what you want é un funky incalzante con un funambolico assolo del chitarrista Vinnie Zummo, che diventerà uno dei cavalli di battaglia dal vivo di Jackson. Vertice del disco è Loisada (storpiatura gergale per Lower east side), strumentale dai molti temi che si intrecciano, inizio di piano e xilofono, poi alternanza della tromba col sax di Tony Aiello, quindi pianoforte e basso con un intermezzo quasi prog e di nuovo i fiati con crescendo zappiano, per ritornare indietro in una struttura circolare. Happy ending è il singolo di successo, brano alla Springsteen (alla Meat Loaf dicevano all'epoca i maligni) cantato in duetto con Elaine Caswell.


Big World (1985), Blaze of Glory (1989), 
Live 1980/1986, (1988) e le colonne sonore
In mezzo a questi due capi d'opera Jackson incide un disco minore, “Mike's murder”, colonna sonora dell'omonimo film inedito in Italia, solo in parte utilizzata dal regista. Un disco in gran parte strumentale, con qualche brano gradevole, come Cosmopolitan e Memphis. Passa inosservato e rimane fuori catalogo fino a pochi anni fa. Nei dischi seguenti, l'ottimo “Big World” (1985) e “Blaze of Glory”(1989) Jackson si dedica al più totale eclettismo: ascoltate un brano come Acropolis Now per credere; la pepata e pimpante Down to London (con un'armonica 'S.Wonder'iana da antologia!), oppure Sentimental Thing, dove ispirazione ed arrangiamento jacksoniani soccombono a suggestioni 'classiche'(George Gershwin, Leonard Bernstein). Tutte songs da Blaze Of Glory. Da Big World invece d'obbligo estrapolare un pugno di grandi composizioni, ennesime riprove dell'ormai acquisita, altissima e squisita classe ispirativa ed interpretativa del nostro: la stupenda ballata Hometown, nella quale Jackson torna sui luoghi della sua infanzia ed adolescenza; la (nuovamente) 'politica' Right and Wrong; la morriconiana Wild West dalla prodigiosa progressione; la sopraffina e cangiante Fifty Dollar Love Affair. Se c'é un album degli anni '80 che riesce a compendiare e conciliare nelle sue varie componenti (jazz, rock, pop, cultura sudamericana) l'ormai maturo, lussureggiante eclettismo di Jackson e della sua favolosa band quello é Big World. Non mancano però le dolenti note in questa decade, cui appartengono anche tre tentativi di Joe Jackson come compositore di colonne sonore: oltre la già citata Mike's Murder, la tronfia Will Power (1987), lunghe, noiose composizioni orchestrali (il riferimento rimane sempre Gershwin ma anche parametri 'classici') in cui l'artista inglese purtroppo sconfina in accentuate tendenze 'megalomani' ed il più riuscito Tucker (1988), ricco di suggestioni ragtime, jazz, jive e blues di matrice americana(Shape In a Drape).
Per fortuna a riscattare questi passi falsi ci pensa un monumentale splendido doppio vinile dal vivo "Live 1980/1986" registrato ad Utrecht, Tokyo, Melbourne, Manchester, Sidney, Vancouver durante 4 diversi tour mondiali con quattro diverse formazioni: il Beat Crazy Tour del 1980 con il new wave trio originale, il Night and Day tour del 1982/1983 con il quintetto dominato dalle tastiere, il Body and Soul tour del 1984 con una formazione ricca di fiati, ed infine il Big World tour del 1986 con il ritorno ad un quartetto dedito ad un essenziale rock & roll. Ascoltiamo in tutte le formazioni Joe Jackson impegnatissimo ai keyboards, la sua nuova grandissima passione nata negli eighties e poi approfondita negli anni successivi; Graham Maby, il fedelissimo bassista sin dai primissimi giorni, testimone di tutte le diverse fasi musicali di Joe, prodursi in soli stratosferici e ricchi di grandissima inventiva; versioni lunghe e memorabili, ricche di nuovi arrangiamenti e novità strumentali di Steppin' Out, Got The Time, You Can't Get What You Want (Till You Know What You Want), Look Sharp!, Is she really going out with Him, Fools in Love, Beat Crazy e tantissimi altri brani 'storici' della Joe Jackson band. Lo stato di grazia generale di questo doppio live fu ben documentato anche in una videocassetta "Live In Tokyo" della durata di un'ora e quaranta, interamente realizzata in Giappone uscita nello stesso anno, caldamente consigliata: vi si può godere tutto il magnetismo delle performances dell''uomo con l'impermeabile'.


Gli anni '90: Laughter & Lust (1991)
La smania della musica classica
Dopo, un poco riuscito album pop (dal punto di vista delle vendite), "Laughters and Lust"(1991): nondimeno un'opera ricca di songs brillanti come Stranger Than Fiction, Hit Single, nelle cui liriche bersagli del proverbiale sarcasmo di Joe sono questa volta i travagli l'amore e la smania delle case discografiche di raggiungere a tutti i costi il top delle classifiche di vendita. Come tralasciare poi la travolgente Obvious Song nella quale ad essere condannate sono 'ovviamente' le super-potenze e le guerre messe su solo per venedere armi, ma non manca la zampata polemica: 'non c'é bisogno di essere hippie per credere nell'amore e nella pace!'. L'evanescente, forse troppo ambiziosa Trying To Cry sino all'ottima, grintosa cover dei Fletwood Mac/Peter Green Oh Well. Anche questo disco fu celebrato in un bellissimo VHS, 'Laughter & Lust Live'', con una formazione allargata a Ed Roynesdal (keyboards, violin), Mindy Jostyn (violin, harmonica, vocals, guitar) oltre a Tom Teeley (guitars, piano, piano) ed i fidi Sue Hadjopoulos (percussion) e Graham Maby.
Joe incide quindi tre album quasi completamente strumentali ispirati alla musica classica e 'seria' continuando in modo alquanto più felice gli esperimenti di Will Power e Tucker, Joe Jackson: Night Music (1994), Heaven and Hell (1997) Jackson: Symphony 1> (1999), improntate ad un sincretismo compositivo denso di moltissime intuizioni felici e suggestive (The Man Who Wrote Danny Boy, Nocturne n.4) (con la partecipazione di Suzanne Vega e Jane Siberry) che confermano in modo lapalissiano la ambivalente tendenza di Jackson a spaziare nello sconfinato scibile musicale, e la sua insofferenza a rimanere confinato nei clichès del musicista rock. Si tratta di opere che necessitano di predisposizione e dedizione all'ascolto non indifferenti, troppo lontane dalla primaria identità rock e dalla sensibilità 'mainstream' per cui Jackson é diventato un artista-culto in tutto il mondo, opere che deludono anche i fans accaniti: tre album (diciamo noi) che, col senno di poi, varrebbe decisamente la pena di riscoprire e rivalutare.


Il nuovo millennio: il ritorno al rock
Summer In The City - Live in New York (2000),  Night and Day II (2000),
Two Rainy Nights (2002), Joe Jackson Band: Volume 4 (2003),
Afterlife (live, 2004), Rain (2008), Joe Jackson At The BBC (2008)
Sembrerebbe un artista destinato all'oblio, quando nel 2000, a terzo millennio appena iniziato esce un altro formidabile live registrato nel 1999 ad imporlo nuovamente a fedelissimi fans spartis in tutto il globo: "Summer in the City: Live in New York" che, come per il "Live 1980/1986" che aveva siglato gli eighties, lo riporta prepotentemente sulla strada maestra del rock, anche se strano a dirsi le chitarre qui mancano del tutto. E' una reinterpretazione 'cameristica' del rock, filtrato dalle recenti esperienze 'classiche', attraverso nuovi smaglianti arrangiamenti in trio, col nostro impegnato serialmente alle tastiere e l'ottimo Gary Burke alla batteria oltre naturalmente a Graham Maby al basso. Sembra un'esplorazione del dna musicale di Jackson e del suo immaginario 'americano' con stupende covers di Summer In The City dei Lovin' Spoonful, For Your Love (Yardbirds) in medley con la gloriosa Fools In Love, Eleanor Rigby dei 4 di Liverpool in medley con Hometown, It's Different For Girls, Be My Number Two. Quindi King Of The World dei grandi Steely Dan (vecchia passione di Joe, dall'epoca di Night and Day - Any Major Dude Will Tell You), Mood Indigo di Duke Ellington, The In Crowd (Billy Page/ Ramsey Lewis Trio) in medley con Down To London. Un album da fare assolutamente vostro.
In ottobre 2000 a sorpresa esce “Night and day 2”. Sin dal titolo Joe Jackson propone un ritorno alle atmosfere del suo disco migliore, come in Hell Of A Town tanto che in due brani, tra cui l'ottima Glamour and pain con la brava violinista Allison Cornell ai vocals viene citato l'attacco di pianoforte di Steppin' out. Di nuovo musica senza chitarre o fiati, il piano domina, tastiere non invadenti e molte percussioni,. In Love got lost Joe lascia il microfono a sua maestà Marianne Faithful ed è magia. Bella anche l'arabeggiante Why cantata da Sussan Deihym, Dear Mom potrebbe essere un outtake di Andy Partridge. La qualità di scrittura dei brani è molto buona ma il suono è più pulitino e sintetico. Certo, dove c'era l'avanguardia oggi emerge la maniera, la nostalgia aleggia, ma è lo stesso effetto che si prova ascoltando molti gruppi nuovi di quegli anni. Tanto vale quindi ritrovare il vecchio leone Joe. Nel 2002 esce il live "Two Rainy Nights" (Live In The Northwest - The Official Bootleg) registrato nel 2001 a Seattle e Portland. Ma ecco il vero ritorno delle chitarre: Joe Jackson torna a sorpresa nel 2003 ad incidere con la stessa band dei primi tre magici, 'seminali' dischi incisi in piena epoca punk-new wave: oltre Maby al basso Dave Houghton alla batteria e vocals e Gary Sanford, grandissimo ed anfetaminico chitarrista, impegnato anche ai vocals. Il disco é significativamente intitolato "Volume 4" e ritrova esattamente lo stile di quei primi tre album, fortificato da una nuova maturità compositiva ed espressiva: e non mancano tra gli 11 brani in studio nuove gemme di illuminatissimo pop-rock contemporaneo, nei quali il quartetto riesce miracolosamente a rifocalizzare quella alchimia magica dei primi tre albums ed a riproporre moduli ritmicamente snelli ed agili, armonicamente sofisticati che si rivelano ancora vincenti: Chrome é particolarmente ispirata, e poi Dirty Martini, Take It Like A Man, Awkward Age, non c'è davvero che l'imbarazzo della scelta. In una Limited Edition poi del cd é incluso un dischetto registrato dal vivo nel 2002 allo storico Marquee di Londra dove la band ripropone con rinnovata energia 6 vecchi cavalli di battaglia come One More Time, On Your Radio,Got The Time ed é un davvero un bel sentire! Ma Volume 4 é un disco-meteora perché dopo un altro ottimo live, "Afterlife" del 2004 (Steppin' Out), 5 anni dopo nel 2008 esce il nuovo lavoro in studio, "Rain", altro disco eclettico: Jackson torna nuovamente sui suoi passi e bandisce ancora una volta le chitarre dall'organico della band a favore del suo pianoforte. Un artista ritrovato. Vi rimandiamo all'articolo di Distorsioni qualche riga più su linkato per saperne di più su Rain, per la trattazione dell'imperdibile doppio cd "Joe Jackson At The BBC", uscito nel 2009, e per tutte le ultime news riguardanti l'artista, in attesa del suo nuovo lavoro in studio che speriamo vivamente possa essere imminente.


Alfredo Sgarlato e Wally Boffoli

 Joe Jackson sito ufficiale

Joe Jackson discography:
Look Sharp! (1979, A&M)
I'm the Man (1979, A&M)
Beat Crazy (1980, A&M)
"The Harder They Come" (EP - 1980)
Jumpin' Jive (1981, A&M)
Night and Day (1982, A&M)
Mike's Murder Movie Soundtrack (1983, A&M)
Body and Soul (1984, A&M)
Big World (1986, A&M)
Will Power (1987, A&M)
Tucker Original Soundtrack (1988, A&M)
Live 1980/86 (1988, A&M)
Blaze of Glory (1989, A&M)
Laughter & Lust (1991, Virgin)
Night Music (1994, Virgin)
Heaven & Hell (1997, Sony)
Symphony No. 1 (1999, Sony)
Summer in the City: Live in New York (2000, Sony)
Night and Day II (2000, Sony)
Two Rainy Nights (2002, Great Big Island)
Volume 4 (2003, Rykodisc)
AfterLife (2004, Rykodisc)
Rain (2008, Rykodisc)
Live at the BBC (2009, Spectrum)

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