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giovedì 7 luglio 2011

SYD BARRETT, "The Madcap Laughs" (Harvest, Jan. 3 1970/ Recording Date: May 6, 1968 - July 26th, 1969)


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RIPUBBLICHIAMO IN RICORDO DI SYD BARRET, OGGI A 5 ANNI DALLA SCOMPARSA

"I’m trying to find you, I’m living, I’m giving, To find you, To find you, I’m drowning ..."


(da Opel, registrata l'11 aprile 1969 durante le 'sessions' di "The Madcap Laughs" venne inizialmente esclusa dal disco per poi riapparire soltanto il 17 ottobre 1988 sulla compilation omonima, insieme ad altri brani precedentemente scartati, versioni alternative, outtake, etc ...)

Il racconto di un album come "The Madcap Laughs" richiede per forza di cose un approccio diverso, fuori dalla norma, obliquo, trasversale; una visione dell'universo barrettiano che non verta esclusivamente sull'analisi tecnica, psicologica e quindi biografica di Syd Barrett.
Abbiamo il sentore che ci sia dell'altro fra le tortuose pieghe di questi irripetibili 13 brani, un segreto nascosto nell'imprevedibilità del genio, nella follia dell'amore, nella vitalità di un cuore e di un'anima destinati all'eternità.
Il carattere e la personalità di Syd danno certamente un'impronta decisiva allo sviluppo dell'album, ma la forza del suo sentimento fa altrettanto; inoltre dobbiamo quantomeno accennare al significativo contributo degli amici/colleghi floydiani Roger Waters, Richard Wright e David Gilmour (quest'ultimo anche produttore assieme a Malcolm Jones, divenuto famoso per aver scoperto Marc Bolan e i Deep Purple), meritevoli d'aver saputo efficacemente incanalare l'esuberanza immaginativa del nostro.
Alle 'sessions' parteciparono anche i canterburiani Soft Machine al completo, con il 'Guru' Robert Wyatt in testa, nonché l'eclettico batterista Jerry Shirley degli Humble Pie e il bassista Willie Wilson ex Joker's Wild.
"The Madcap Laughs" vede la luce nel Gennaio del 1970 dopo una lunga e
tormentata gestazione. Molti ricordano delle 'amnesie' di Syd durante le fasi di registrazione, della sua discontinuità, dei suoi attacchi d'ira improvvisa, ma tutto questo non è altro che il riflesso del suo essere unico.
L'innata sensibilità poetica, i momenti d'illuminata ispirazione, la superiore capacità di 'sentire' richiedono un prezzo, ed egli pagò in prima persona, e più di altri, il pegno per il suo incredibile talento.

Songs
Il disco si apre con Terrapin, una trasognante serenata dal cantato soffice
come l'arrangiamento di chitarra, pronta a circoscrivere l'indolenza semplice e
ripetitiva del ritornello (I really love you and I mean you / The star above you, crystal blue / Well, oh baby, my hairs on end about you...)
Il nome del brano sarà poi ripreso dalla fanzine, creata dai suoi fans dopo
la dipartita dai Pink Floyd.

Subito dopo è la volta di No Good Trying, la prima meraviglia del disco, un cuore pulsante di psichedelia, in cui l'organo 'spaziale' disegna intarsi che fanno da perfetto contrappunto all'incisiva e predominante batteria.
L'insistenza del basso e le solitarie fughe chitarristiche fanno il resto.
Il prezioso contributo dei Soft Machine in questa sede, dona intriganti suggestioni canterburiane, evidenziate soprattutto nell'acidissimo intermezzo strumentale del brano. La bizzarria dell'arte barrettiana raggiunge qui approdi futuristici.

La traccia successiva è Love You, un'allegra ballata dal testo movimentato
e saltellante come una filastrocca (Honey love you, honey little, honey funny sunny morning / love you more funny love in the skyline baby / ice-cream 'scuse me/ I've seen you looking good the other evening...), caratteristica dello stile compositivo di Barrett. Il suono 'puntellato' della tastiera/piano contribuisce ad elargire un alone di serenità e spensieratezza ancor maggiore al contesto.

A seguire No Man's Land, altra perla: con semplicità e sicurezza si tesse una trama epica su di uno sfondo urbano. Lo sporco scenario è illuminato dalla concretezza della voce di Syd, limpida e certa come in pochi altri episodi dell'album. Le distorsioni melodiche mettono in risalto, con forza e vigore, l'intensa base ipnotica della composizione, che sarà poi considerata da molti, come uno dei più fulgidi precursori di quelle sonorità che nel decennio successivo prenderanno il nome di "wave" e "shoegaze".
Il finale 'parlato', è un tocco di classe.
("Just searching you even try / I can make you smile / if it's there will you go there too? / When I live I die!...")

Come una folgore d'ispirazione Dark Globe (Would'nt You Miss Me) s'incunea insidiosa nelle pieghe della mente.
L'attacco ripreso da A Hard Rain Is A Gonna Fall, è un omaggio dell'ammirazione di Syd nei confronti di Bob Dylan.
Il movente è una dichiarazione d'aiuto alla ragazza amata, ("Oh, Dove sarai adesso salice piangente, che sorridevi tra queste foglie? / Quando ero solo mi hai promesso il tuo cuore di pietra ...") spoglia e fragile, come l'anima acustica che la percorre, un amore caotico e anarchico, come un angelo che urla nel precipitare all'inferno.

Con simpatia e tranquillità Here I Go ci riporta verso lidi più soleggiati. L'intima passione di Syd per i ritmi boogie si delinea con innocenza; la bizzarra e innocua andatura ci tende la mano, per stamparsi come un marchio sulla nostra pelle. L'amore si esalta nella vittoria.

Nel custodire il suo tesoro, la caleidoscopica Octopus è incastonata come un diamante al centro dell'album. I versi si accavallano impazienti, rincorrendosi felici; sentiamo l'eco della gioia straripante di un bambino su una giostra di colori. Lo stile diretto e deciso nella certezza del passato, sostiene e dirige con gioia disinvolta la speranza nel futuro.
("The madcap laughed at the man on the border ...").
Il brano fu estratto come singolo nel Novembre 1969, raggiungendo la
posizione nr. 40 nelle charts del Regno Unito.

E' giunto ora il momento di entrare nel regno del sogno. Golden Hair, il cui testo è tratto dalla lirica nr. 5 delle "Chamber Music" (1907) di James Joyce è, a mio avviso, il capolavoro di Syd: una scheggia di poesia onirica, un frammento d'assoluto fuori dal tempo. Come una carezza d'angelo, penetra nel cuore per scolpirsi nell'anima. Un brivido dolce, suadente, ammaliante, pervade il brano di una perenne tensione estatica, mentre la chitarra, come un soffio solenne, si esalta nella calma del tutto. Con sapienza magistrale, l'organo stende la sua nebbia impalpabile e costante, dove sporadiche ma intense vibrazioni ne squarciano a tratti il respiro; bagliori di luce improvvisi aprono un varco alla speranza. Inattesa termina la notte, per far spazio ad un'alba nuova ("Vieni dalla finestra capelli d'oro / ti ho sentito cantare nell'aria della notte...")

A questo punto, per chi scrive, il disco potrebbe idealmente terminare; con il
binomio Octopus/Golden Hair s'intravede la vetta al quale gli eroi sono destinati. In realtà, la creatività barrettiana ha ancora qualcosa da dire, e lo fa sapientemente, con una splendida ballata acustica intitolata Long Gone.
Il cantato, inizialmente cupo, si apre come in un coro entrando in simbiosi con l'organo. La consapevole attesa della fatalità sfuma così nel ritornello, alla
ricerca d'un appiglio distante ma presente. Non è ancora giunto il momento di
soccombere.

Scarna nella sua struttura si delinea She Took A Long Cold Look, un folk acustico ed esangue, ma dallo spirito limpido e sprezzante, un intermezzo disincantato, smemorato come il suo autore. Il suono terso e genuino della chitarra acustica viene brevemente importunato dal rumorio dei fogli, che Syd utilizza per non dimenticare il testo del brano. Si evince qui, chiaramente, il suo gusto superiore per l'ironia.

Siamo in dirittura d'arrivo, e Syd è di nuovo solo. L'unica compagna fedele è
la sua amata chitarra, che lo accudisce e lo coccola, lo sostiene e lo scorta,
come in Feel, senza chiedere nulla in cambio se non il piacere di poter ascoltare, di poter condividere il dolore e l'angoscia per una donna che non c'è più, per un amore che persiste nel tempo ma non può essere ricambiato. In lontananza una campana risuona a morto. Non è una richiesta d'aiuto, ma la preghiera di non essere abbondonato... ancora una volta. ("A gasp shringing / A bad bell's ringing / The angel, the daughter / You feel me...")

Tutta la stanchezza del "Diamante Pazzo" nella falsa partenza di If It's In You si esorcizza nel desiderio di giungere nuovamente al nocciolo dell'emozione. Il desiderio di rivalsa diviene l'urlo sguaiato d'un cuore malato. Nelle astrazioni melanconiche d'una mente solitaria, arde ancora una scintilla prodigiosa e appassionata. Anche nella sconfitta c'è onore, quando si continua a lottare.

La notte avanza e il ricordo si confonde col sogno Late Night è la fine d'un ciclo, il bilancio di ciò che sarebbe potuto essere, la memoria d'una scintilla d'amor perduto. Non v'è lezione dal passato, non uno sguardo sul futuro, solo la consapevolezza d'un desiderio inappagato. Le 'slide' di chitarra incorniciano dolcemente una melodia tenue e vellutata, mentre la voce di Syd mantiene toni sobri e pacati per tutta la durata del brano. Non un sussulto in questa ninna nanna soave, incantata, stralunata, che ci culla nelle profondità d'una notte alienante dove ogni pensiero è ombra e catena. Solo guardando in alto la nebbia si dirada; stelle fredde e fatiscenti come fantasmi
si rivelano per indicare la via, ma non siamo ancora pronti, e restiamo lì, immobili, come una luna sospesa a mezz'aria. Il sonno è catarsi, il sogno redenzione.
("Inside me I feel alone and unreal ...")


Come già accennato in precedenza, la gestazione dell'album non fu nè semplice nè lineare e per forza di cose diversi brani rimasero incompiuti, semplici 'embrioni' di ciò che sarebbero potuti essere; fortunatamente nel tempo, molti di loro saranno recuperati e pubblicati in varie antologie, bootleg, etc. A tal proposito vorrei quantomeno accennare, seppur brevemente e parzialmente, all'ultimo ritrovato in casa Barrett: un brano strumentale di circa 20 minuti, privo di melodia e struttura ben definite dal titolo Rhamadan, la cui prima registrazione risale alla 'session' del 14 Maggio 1968 e l'ultima, dopo una lunga parentesi di stasi, al 23 Aprile 1969. La traccia è composta da varie sovraincisioni di suoni/rumori casalinghi (come ad esempio il frastuono di un motore o lo scampanellio di una bicicletta), su una base percussivo/tribale per sole congas. Secondo alcuni, ad aiutare Syd nel progetto, intervenne Steve Peregrin Took percussionista dei Tyrannosaurus Rex di Marc Bolan. Per 'onestà intellettuale' non posso descrivere le sensazioni che il brano mi ha trasmesso, avendone ascoltato solo uno scorcio, e seppur poco aggiunge a ciò che conosciamo della personalità di Syd, sembra quasi che egli emani uno strano tipo di gioia, un piacere segreto in quel modo di suonare libero, primitivo, puro.
La sola voce udibile, è quella di un tecnico che urla: "Rhamadan, Take One!".


Eccoci finalmente giunti al termine di questo viaggio nell'immaginifico e
iperbolico mondo barrettiano. So bene che nello scrivere una recensione ci si
dovrebbe attenere il più possibile a criteri d'imparzialità ed obiettività, ma se è vero che al cuore non si comanda, comprenderete il motivo per cui non sempre sono riuscito ad attenermi a tale principio.
Sono profondamente convinto che dove ci sia una passione sincera, un'empatia emozionale, ed ancor di più un amore viscerale, non ci possa essere male.
Ho voluto scrivere di Syd Barrett, e in particolare del suo primo disco da solista, non soltanto per elogiarne le indubbie doti artistiche, ma soprattutto e principalmente per ricordarlo. Celebrare il genio è un dovere, poiché non si può permettere al tempo di divorare sentimenti ed emozioni che, seppur lontani e sfocati nella memoria e nel ricordo, sono ancora vivi e ruggenti nei nostri cuori.
L'insegnamento più grande che il 'pifferaio' di Cambridge ci ha lasciato e che
dovremmo cercare di apprendere intimamente è la sua naturalezza, il suo aver vissuto esattamente per ciò che egli è. Questa è la sua Bellezza, l'essere stato pienamente se stesso: senza schermi, senza maschere, senza travestimenti.


Vorrei infine approfittare di questa sede per ringraziare il grande Pasquale "Wally" Boffoli, sia per l'opportunità che mi ha dato, ma soprattuto, per la sua infinita pazienza nei confronti della mia 'folle' discontinuità. Inoltre un ringraziamento particolare va anche alla mia cara amica Dora Clash, la quale con piccoli gesti e parole sempre appropriate, ha saputo sostenere e incoraggiare la conclusione di questo lavoro, che dedico a tutti voi amici miei, augurandovi nel contempo un sereno e felice Natale assieme alle persone a voi più care.


Ciao Syd, alla prossima...
Spero che il mio augurio possa volare fino a te, lassù, per donarti un'ultima folle risata.



Syd Barrett's Trip Summer '66

«Il corpo freme, al placarsi della mente.»




Alessio Pascale


Tracklist:


01. Terrapin
02. No Good Trying
03. Love You
04. No Man's Land
05. Dark Globe (Would'nt You Miss Me)
06. Here I Go
07. Octopus
08. Golden Hair
09. Long Gone
10. She Took a Long Cold Look
11. Feel
12. If It's In You
13. Late Night


Personnel:

* Syd Barrett: Chitarra, Voce, Produzione il 20 Luglio 1968 e il 26
Giugno 1969;
* David Gilmour: Basso, Chitarra, Produzione dal 12 Giugno 1969 al 26 Luglio
1969;
* Roger Waters: Basso, Produzione dal 12 Giugno 1969 al 26 Luglio 1969;
* Richard Wright: Tastiere, Clavicembalo sui brani "Golden Hair" e "Long Gone";
* Robert Wyatt: Batteria sui brani "No Good Trying" e ''Love You'';
* Hugh Hopper: Basso sui brani "No Good Trying" e ''Love You'' ;
* Mike Ratledge: Tastiere sui brani "No Good Trying" e ''Love You';'
* Vic Seywell: Tromba;
* Jerry Shirley: Batteria;
* John 'Willie' Wilson: Basso;
* Peter Jenner: Produzione dal 6 Maggio 1968 al 20 Giugno 1968;
* Malcolm Jones: Produzione dal 10 Aprile 1969 al 4 Maggio 1969.

* "The Madcap Laughs" fu registrato dal 6 Maggio 1968 al 26 Luglio 1969 negli Emi Studios di Abbey Road a Londra e venne assemblato in un'unica 'session' da Syd Barrett e David Gilmour il 6 Ottobre 1969.


SydBarrettOfficialWebsite

2 commenti:

aldo ha detto...

Bellissimo pezzo, peccato non ci siano commenti...
Quando ancora non avevo 15 anni il mio primo disco é stato il doppio album che raccoglieva i due album di Syd, quello che poi aveva la stessa copertina di Madcap...un'edizione direi economica della EMI italiana, come curiositá, fin dall'inizio notai che nella "spine" (come si chiama in italiano?)diceva TOE MADCAP LAUGHS!

Gabriele ha detto...

Ho quel doppio disco della EMI italiana, credo ormai inaudibile..forse insieme a Nebraska, il vinile più ascoltato in tutta la mia vita.
L'ho Adorato..semplicemente.Adorato.
Al tempo, all'incirca durante la metá degli anni 80..credo di aver perso amici e ragazze per colpa della mia sfrenata passione per Barrett..le persone tendono a non comprendere le cose vere da adolescenti..anyway..dopo anni e qualche biografia mi sono reso conto dell'importanza smisurata di questi due capolavori nel contesto della pop music..del punk, del dark e di ogni forma di musica alternativa..
'Le persone spesso sono distratte..' Confessò seraficamente Barrett in una lontana intervista piena di Mandrax e visioni..penso che niente di più semplice e geniale sia MSI stato asserito!

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