punk che caratterizzavano gli esordi
con il suo primo gruppo a fine anni '70, i Tubeway Army, producendo piccoli capolavori come Down in the park, Are 'friends' electric?. Da allora Numan ha continuato ininterrottamente la sua carriera e la sua sperimentazione con l'elettronica, avvicinandosi e allontanandosi di volta in volta a soluzioni più dance e commerciali, ma producendo anche pezzi che sono rimasti delle pietre miliari, come Cars. Esce per la Mortal Records il suo album “Dead Son Rising”, a cinque anni dal precedente lavoro in studio “Jagged” e in attesa del già annunciato prossimo lavoro “Splinter”, la cui pubblicazione è prevista per il 2012. “Dead Son Rising” nasce dalla rielaborazione sperimentale di una serie di demo e questo è piuttosto evidente dalla disomogeneità delle tracce contenute nell'album, che spaziano dai suoni cupi e crepuscolari di pezzi come Dead Sun Rising, il brano migliore del disco, oppure della bella, e a sprazzi quasi psichedelica, When the Sky Bleeds,
che si riagganciano in qualche modo a certe sonorità dark-wave, a brani come We Are Lost, decisamente più deboli dal punto di vista della struttura musicale, cui l'aggiunta dell'elettronica non fa che evidenziare la poca consistenza. Altri pezzi strizzano l'occhio a certe ambientazioni new-wave ma a volte eccedono nell'uso dell'elettronica fine a se stessa, portando il risultato al limite della dance, come in The Fall. Ecco, forse la differenza sta anche nel modo in cui l'elettronica viene utilizzata: quando è un mezzo come un altro per raggiungere un'idea musicale ben precisa e definita, che starebbe in piedi comunque, la sua introduzione può anche diventare interessante, quando invece la sperimentazione elettronica sembra essere il fine ultimo, l'effetto è decisamente poco convincente, come in generale in tutta la seconda parte del disco di Numan. I suoni artificiosi prodotti dell'elettronica sono per loro natura anonimi, spersonalizzati e spersonalizzanti ed è molto difficile ottenere dei capolavori duraturi. La conseguenza è che “Dead Son Rising” è un lavoro a tratti piacevole ma anonimo, certo ascoltabile, magari di sottofondo, ma non un album di quelli che lasciano il segno. Dischi così sono meteore che non lasciano scie nel firmamento musicale.
Rossana Morriello
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