Il 1965 è stato per Coltrane uno degli anni cruciali. La sua arte in continua evoluzione è stata sempre in grado di percorrere strade differenti e tortuose, ma proprio da quest'anno in poi la sua discografia diviene più ostica per l'audience che poco ha digerito i lavori di altri pionieri come Ornette Coleman e Eric Dolphy. Ed è proprio da quest'anno che lo storico quartetto cessa l'attività. Coltrane infatti si apre a nuovi sodalizi artistici che possano portare nuova linfa al percorso intrapreso. "Kulu Sé Mama" riascoltato oggi suona come un grande gioiello e ci restituisce un documento importante della ricerca musicale e spirituale di Trane. L'album esce postumo (in vinile) nel 1967 e raccoglie delle registrazioni effettuate nel 1965 in due momenti differenti. Il brano Kulu Sé Mama (o Juno Sé Mama), che viene registrato nell' ottobre, rappresenta un momento unico per Coltrane: la sua incessante ricerca di un suono assoluto che lo porti ad una comunione divina lo riconduce necessariamente nel grembo materno, nel mistero della creazione: in Africa. La presenza del cantante e percussionista Juno Lewis è decisiva: è lui a cantare in afro-creolo il poema rituale dedicato, non a caso, alla madre e a portare nel brano le suggestioni ricavate dall' utilizzo delle percussioni ad acqua. Pur dedicando molti anni alla ricerca e allo studio delle musiche africane (vedi "Africa" e "Afro Blue", tra gli altri), Coltrane, abbracciando il free, abbandona molti dei formalismi utilizzati in precedenza. Il risultato sembra essere una predominanza della natura primordiale all'origine dell'arte umana che, emulativa, muove i primi passi proprio imitando i suoni circostanti. Oltre a Lewis, a fare la differenza in questo senso è anche Pharoah Sanders ed il suo stile per così dire "selvaggio", che contribuisce in maniera sostanziale alla descrizione della giungla nella quale ci siamo inoltrati. Sembra essere lo stesso Coltrane ad esplorare questa giungla evocata dal brano per cercare quella comunione suprema e contemporaneamente per ritrovare il suo "io" africano ancestrale. Non sembri esagerato, in questo senso, il paragone con il capolavoro "Expression" del 1967. Rimane d'obbligo segnalare lo splendido fraseggio pianistico di McCoy Tyner, ulteriore ed essenziale tratto distintivo di Kulu Sé Mama.
Giugno 1965
Facciamo ora un passo indietro, fino al giugno dello stesso anno; la bellissima Welcome, dal carattere modale, è uno degli ultimi lavori dello storico quartetto e prosegue sulla strada tracciata da "Crescent", "A Love Supreme" e "Song of Praise", mentre Vigil, interplay serrato tra sax e batteria, è un' anticipazione di "Interstellar Space", album registrato nel 1966 assieme a Rashied Alì ma pubblicato nel 1967. Oltre alla versione in CD con la stessa tracklist del vinile, la Impulse! (che nel frattempo è stata assorbita dalla Universal) ha pubblicato nel 2000 una versione con tre tracce in più: si tratta di Selflessness e due takes diverse di Dusk Dawn. Selflessness, proveniente dalle stesse sessioni che hanno dato vita a Kulu Se Mama, si può collocare tra questa ed Ascension (giugno dello stesso anno). Personalmente la reputo una delle migliori prove free di Coltrane del 1965, assieme proprio a Kulu Se Mama e Meditations. Il brano in questione era precedentemente uscito in vinile ("Selflessness", appunto) assieme ad una formidabile My Favourite Things e I Want To Talk About You, entrambe registrate dal vivo a Newport nel 1963 dal quartetto (con Roy Haynes al posto di Elvin Jones).
Dusk Dawn è ancora opera del quartetto. Pur essendo davvero un ottimo brano, per poterne godere realmente andrebbe ascoltato separatamente dal resto del disco col quale si ha la sensazione di stridente contrasto, vuoi per l'atmosfera urbana dalla quale è permeato, vuoi per l'impressione che si ha di essere davanti al Coltrane del biennio 1961-1963, se non fosse per la lunga parte di solo contrabbasso di Jimmy Garrison situata oltre la metà del brano. Non è né la prima né l'ultima volta che al contrabbassista viene lasciato tutto questo spazio. Garrison è anche il musicista con il quale Coltrane ha suonato per più tempo, essendo l'unico "sopravvissuto" del quartetto. Dusk Dawn è stato inserito anche in un altro disco postumo che raccoglie alcune tra le ultime registrazioni del quartetto avvenute sempre nel 1965, ovvero "Living Space". A questo punto alcune domande su quale sia il criterio con il quale la Impulse! ha pubblicato il materiale di Coltrane viene da farsele. Perchè, oltre a mettere assieme registrazioni di anni diversi oppure dello stesso anno ma con differenti formazioni e differenti intenzioni, come se non bastasse, il brano Kulu Sé Mama appare anche su "The Major Works Of John Coltrane" (che non è un "meglio di" come il titolo suggerisce) assieme a Selflessness (e tre!), Om e due versioni di Ascension. Chiusa la parentesi polemica, rimane imprescindibile un dato di fatto: le opere di John Coltrane sono destinate a rimanere immortali e "supreme".
Aldo De Sanctis
Line-Up:
John Coltrane - sax tenore
Jimmy Garrison - contrabbasso
McCoy Tyner - piano
Elvin Jones - batteria
Pharoah Sanders - sax tenore e percussioni (solo su Kulu Sé Mama e Selflessness)
Donald Rafael Garrett - contrabbasso (solo su Kulu Sé Mama e Selflessness)
Frank Butler - batteria (solo su Kulu Sé Mama e Selflessness)
Juno Lewis - voce e percussioni (solo su Kulu Sé Mama e Selflessness)
Tracklist (edizione Impulse! 2000):
01 Kulu Sé Mama
02 Welcome
03 Vigil
04 Selflessness
05 Dusk Dawn
06 Dusk Dawn (alt. vers.)
Kulu Sè Mama
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