Retromania. Il nostro Luca Verrelli ha spiegato bene cos'è. I suoi effetti si vedono costantemente nel mondo della musica. Non sempre con risultati negativi: prendiamo i napoletani Atari (Alfredo Maddaluno e Riccardo Abru). In questo secondo disco dal divertente titolo propongono un pop elettronico sofisticato, molto anni '80
(più Momus che Pet Shop Boys o Depeche Mode) venato da un cantato sottovoce che rimanda all'avant pop di fine millennio (Notwist, Sea and Cake). Il disco è molto piacevole e più credibile di certi personaggi che solo perché americani entusiasmano le fanzine di tutto il mondo. Molti brani catturano l'ascolto: l'iniziale Take me to Venus (il gruppo sceglie la lingua inglese), il singolo If my brain was a program, la conclusiva Casually, accordi jazzati vintage e cori femminili in stile Studio Uno (di quelli a cui un grande gruppo anglofrancese ha attinto a piene mani), Black Ink, ritmo spezzato tendente alla jungle e giro di tastierina irresistibile. Altri brani hanno un tono più introspettivo e oscuro, come Orbital station o City lights, che pure ha un ritmo più pronunciato. Al primo ascolto il disco può sembrare un po' monocorde, specie nell'uso della voce, ma è un impressione che passa con i successivi ascolti. Un buon disco che conferma la vitalità del sottobosco italiano.
Alfredo Sgarlato
Atari
Nessun commento:
Posta un commento