un' autocelebrazione da parte dell’artista del lavoro fin qui svolto. Certo, siamo lontani dalle orchestrazioni Sixties di “Two way monologe” o da quelle semi jazz di “Duper sessions” o dal sogwriting di “Phantom punch”(Muhammed Alì docet!)
ma questo disco, realizzato con la collaborazione del batterista dei Midlake McKenzie Smith, il produttore Kato Ådland e con la co-produzione e mixaggio di Verhnes Nicolas (già con Spoon ed Animal Collective) - la cui mano però qui si vede davvero poco - si configura come un ritorno alle origini di quel “Faces Down” che ce lo fece conoscere, ormai quasi un decennio fa, con le tipiche atmosfere di malinconia da cameretta a sfondo universale e forse, dopo una innumerevole serie di cambiamenti, non ci si poteva aspettare nulla di diverso.
Come per gruppi quali i Belle & Sebastian anche per Sondre le tematiche principali sono a sfondo sentimentale rappresentate sempre con l’occhio dell’ironia: ci vengono inoculate lentamente e con dolcezza come nell’indie pop di Nevermid the Typos e Go Right Ahead dal ritmo incalzante, o come nella serenata di Red flags o la ballata dal sapore cinematografico di Coliseum Town arrivando alla punta massima della struggente Domino.
In generale il cantato dal tono confidenziale segna tutto il disco e ci accompagna lungo una quarantina di minuti. Non stiamo parlando di un brutto disco, ma manca la sensazione di qualcosa che si lasci davvero ricordare piuttosto che scorrerti attraverso senza segnarti più di tanto: nonostante la sua pressoché perfetta costruzione armonica, che si intuisce sin dalle prime battute dell’opening di Ricochet o della sinuosa Living dangerously.
Neppure lo slancio guitar pop di Tied up to the tide e la conclusiva When the river nella sua coralità riescono a far dissolvere questa sensazione, pur facendo intravvedere interessanti aperture per un futuro che però, nonostante la giovane età del nostro, sembra iniziare ad allontanarsi in maniera inesorabile: un po’ come un effetto bomba ad orologeria che non si sa se e quando esploderà, con il rischio di restare in attesa di un qualcosa, di un salto di qualità, che forse non avverrà mai.
Ubaldo Tarantino
Tellé
Sondre Lerche
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