Nessuno ha detto a tavolino: “Adesso facciamo un disco che parli di storie di guerra”. Le canzoni sono nate spontaneamente, indipendentemente, spesso anche nei momenti più strani e nelle circostanze più imprevedibili, su un lasso di tempo di due anni, tra il 2008 e il 2010. E soltanto al momento di entrare in studio di registrazione, gli Ananda si sono resi conto che un filo conduttore legava tutte le storie dei loro testi: ed era proprio quello, la guerra.
Così come tutto attaccato è il titolo, attaccati tra loro sono molti dei 12 brani che costituiscono l'opera; così, inaspettatamente, sfociano l'uno nell'altro, a sottolineare il trait-d'union che li collega nel dipanarsi delle loro vicende. Una certa curata e studiata uniformità stilistica, allo stesso modo, pervade tutto il disco: le chitarre, siano esse sature e granitiche come nel brano di apertura Chapter II (scelta curiosa, intitolare il brano di apertura come un II capitolo!), acustiche come in Major E (dove s'intrecciano elegantemente con un violino, presente di rado nel corso dei vari brani, ma vero valore aggiunto alle composizioni e non banale infiocchettamento!), elettriche pulite, come nell'inizio di Gordon Pym, seguono spesso, nelle loro cadenze, gli accenti del tempo-medio tipico di un hard rock anni '70 di sabbathiana memoria.
I brani globalmente sono sempre al di sotto dei 5 minuti (con una sola eccezione), mentre il cantato, malinconico, sofferto, di Alfredo Palomba in molti tratti ricorda curiosamente quello di Perry Farrell (Jane's Addiction/Porno for Pyros). Non ci sono esplosioni di rabbia nel narrare lungo queste 12 canzoni i drammi della guerra: si percepisce più una dolorosa ma pacata rassegnazione che, nella sua intensità, risulta decisamente più efficace di qualsiasi 'schitarrata cattiva' come magari tante altre bands, in maniera più banale e prevedibile, avrebbero fatto.
Alberto Sgarlato
Youth
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Massacre
Seahorse recordings
Ananda
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