Nonostante lo sforzo congiunto e la maturità sonica tanto agognata dalla band emiliana dei Tilt, in questo loro esordio “L’evoluzione delle ombre”, la fortuna di ascoltare una ventata d’ossigeno nuovo è rimandata a più in là, non si trova quella mutazione in avanti che ogni band per non rimanere fotocopia di quella vicino debba avere per non passare inosservata e senza un briciolo di considerazione; undici tracce di pop-rock senza nervi, melodie che scontano lo scontato, che non suscitano nemmeno quella simpatia delle canzoncine orecchiabili e senza pretese, e sì che poi l’organico sonoro d’insieme della band potrebbe permettersi ben altro, ma si tratta di scelte e di coraggi personali, poi però non lamentiamoci se la propria musica cala – o non riesce ad alzarsi – ai minimi storici dell’interessamento di qualcuno. Detto ciò il disco si muove lentamente, nebbie lontanissime di un post-wave che si mischiano con un pop d’annata, che parla d’amori, conflitti, domande, e vive di una classicità stordente, che sa di revival festivaliero anni ottanta, dove la strumentazione non osa nulla in più che il semplice accompagnamento e la voce rimane incollata a quel timbro rendendo tutto solennemente piatto tra gli Zero Assoluto e il non indefinito; unico brivido a pelle risulta Pallida che apre il lotto come a tirare via il lenzuolo all’improvviso, il risveglio brusco rock Scie chimiche, il contatto con la realtà Come se, il resto è acqua che scorre senza fermarsi ad abbeverare nessuno. Tuttavia gradevole per chi non cerca nulla nella musica, se non intrattenimento in sottofondo per i propri da fare, ma rimane sempre quel cruccio del perché tante band avendo mestiere tra le note, si fermano per poi non suonare un niente, non cercare quello stimolo che li faccia uscire allo scoperto veramente per quello che sono invece che stare a fare i musicisti retrò di un pop con i muscoli recisi, impotenti davanti alla mole d’alternativo che hanno davanti al muso. Per andare in tilt con la musica dei Tilt c’è ancora una vita davanti, e l’evoluzione delle ombre non pervenuta.
Max Sannella
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