Salvo Lazzara raggiunge la popolarità tra l’ancora numerosissimo pubblico italiano e internazionale del progressive rock a partire dai primi anni ’90, come chitarrista dei Germinale; la band, come è costume nel prog-rock, un genere che da sempre contamina linguaggi differenti tra di loro (musica, teatro, letteratura, filosofia, arti figurative), prende il nome da un’opera del francese Èmile Zola ma, a parte questa scelta stilistica affine a quella di molte altre band del genere, ben presto esce dai clichèe che troppo spesso fanno del prog-rock un genere più nostalgico che innovativo per battere percorsi stilistici fuori dagli schemi, che porteranno i Germinale anche a stringere illustri collaborazioni (una su tutte, quella con Petra Magoni). Ora i Germinale sono “in sonno” (ma ufficialmente non sciolti) e il loro chitarrista Lazzara, in questa sua seconda opera a suo nome (dopo “Di Questi e altri naufragi”, del 2007), allarga ulteriormente gli orizzonti già percorsi con la band di provenienza e ne esplora di nuovi, circondandosi di ottimi musicisti e di strumentazione variegata che attinge dal jazz, dalla world music, dall’elettronica. La formazione comprende Davide Guidoni (batteria e percussioni), Alessandro Toniolo (flauto e effetti), Luca Pietropaoli (tromba, flicorno, effetti) e Fabio Anile (tastiere e percussioni). E proprio in termini di strumentazione, salta all’orecchio dell’ascoltatore il fatto che una band guidata da un chitarrista (polistrumentista, per la verità: Lazzara suona anche il basso e l’oud) non abbia nella chitarra il perno di tutto: spesso l’elemento dominante è dato dalla tromba, richiamando così echi di artisti come Jon Hassell o Paolo Fresu. Ma la vera alchimia su cui si regge tutto il disco è data principalmente dalle sonorità eteree e rarefatte, ma al tempo stesso calde e avvolgenti, dell’abbondante strumentazione elettronica impiegata, che ben si amalgama con i timbri degli strumenti etnici, in un mix tra ambient, jazz e world music che evoca i nomi di personaggi illustri come Bill Laswell, Chuck Greenberg, Ralph Towner, fino ad arrivare, nei momenti in cui tutto si fa più impalpabile, a far trasparire tra le note lo spettro di Robert Fripp e quello di Brian Eno, sia presi ognuno per sé, sia nelle loro collaborazioni. Il tutto, però, tenendo ben presente in primo piano una forte identità “mediterranea”, quella di Salvo Lazzara, appunto, che confeziona un’opera comunque personale, originale e – particolare non trascurabile – dalla produzione sonora ineccepibile. Una resa audio molto curata che ben si abbina con il colorato packaging, di ottimo livello nella stampa e nel ricco corredo fotografico.
Alberto Sgarlato
Sample di "Materia e memoria” su Dodicilune
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