Non mi aspettavo che il panorama underground italiano potesse offrire degli emergenti che, anche se nel migliore dei casi con alle spalle una preparazione musicale di buon livello, avessero qualcosa di veramente nuovo e originale da proporre. Ma sicuramente la sorpresa più grande nell’ascoltare l’album di esordio dei Musicphobia
“T.W.S.A.” è stata quella di scoprire che tutto questo potesse essere fatto anche proponendo sonorità a tratti intrise di robusto hard rock, che addirittura in ambito internazionale non è riuscito più a dire nulla di non già detto e ridetto, storpiato e sbrindellato, da decenni. Ogni strimpellatore improvvisato vagamente amante del rock e capace di mettere insieme due accordi ha senz’altro provato a sfondare, sfondando di conseguenza le orecchie altrui, buttandosi sul suono rude e apparentemente senza pretese del metal, affossando non poco la reputazione di questo genere musicale che negli ultimi decenni, oltre a produrre una fitta schiera di cloni, si è rinnovato solo in un sottobosco capace di riaggrapparsi ad altri stili. Ma un momento, con questa premessa non voglio assolutamente additare il disco come disco metallaro, anzi tutt’altro, semplicemente felicitarmi per la digressione molto ben riuscita in groove rocciosi e graffianti, impeti heavy e grunge che nelle produzioni italiane sono banditi, paventati e diciamolo pure allontanati da sempre, o quasi! E questa è una cosa che decisamente di questo disco mi piace. La cosa che mi piace ancora di più è che suoni alternativo in modo autentico, ovvero senza forzature costruttive, e che nel suo dipanarsi proponga di volta in volta sonorità miste e ben assemblate che gli conferiscono quell’incatalogabilità che mi è tanto congeniale. La band si forma a Roma nel 2005, su iniziativa del cantante Michelangelo Lubrano e del chitarrista Giuseppe Silvestri, entreranno poi nell’organico successivamente il batterista Marco Sebastianelli e Fabio Mociatti al basso. Il lavoro è composto da dieci brani, su tutti l’omonima title track
T.W.S.A., Be yourself e
I am, spiccano per le sezioni ritmiche molto ben amalgamate e per un cantato modulato, capace di dirigere le incursioni più potenti a linee di raffinata ricerca melodica. Le atmosfere delicate condite da sprazzi di crescendo più decisi ma mai urticanti, si ritrovano in brani come
January Wind, Rain, Raven is Living. Più vicine all’influenza grunge
Undivided, Stones in the air - che forse richiama troppo apertamente in causa i Muse - pur evidenziando ottimi spunti e variazioni ritmiche interessanti.
Butterfly ha una splendida chitarra acustica e sentori jazzistici, mentre
Love in your eyes è una ballata un po’ troppo incline ad una ricerca melodica ad effetto. Insomma i presupposti per intravedere in questo esordio una proposta più che valida ci sono tutti, l’esperienza dei musicisti è evidente, gli spunti musicali ben affiatati con la linea originale di scrittura. Forse l’unica pecca è un mixaggio che poteva concedere un tantino di più a tanta generosità d’intenti. Ma anche un pizzico di coraggio in più nel tenere alte tante intuizioni capaci di mettere insieme ruvidezza e pathos - senza necessariamente lasciare spazio ad una ricerca armonica altrettanto autentica - non avrebbe guastato. Nel complesso un disco di notevole caratura più che ben accetto, di quelli che ci fanno esclamare: ci voleva!
Romina Baldoni
Raven is living
Crotalo Edizioni Musicali
1 commento:
Bè... ke dire, grazie delle tue sempre ben particolareggiate recensioni ke ci fanno conoscere anke mondi musicali non molto noti!!! Ascolterò con particolare attenzione quello ke di nuovo ci stai proponendo e sempre un GRAZIE per quello ke ci dai. Umby
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