“En plein air” è la tecnica pittorica degli impressionisti che, rompendo con la tradizione, dipingevano all’aria aperta, in presa diretta, per cogliere con la luce naturale tutte le sfumature di quel mondo che volevano rappresentare. Il paesaggio muta con la luce, poiché al variare dell’angolo di incidenza e del contenuto armonico, varia completamente la percezione di quella visione che si proietta nella nostra mente. E’ questa la sensazione che si prova ascoltando l’album di debutto dei romani En Plein Air. L’album è caratterizzato dalla leggerezza della luce e dalle sue variazioni di intensità, che consentono da un lato di cogliere appieno le gradazioni di tono di questi paesaggi e dall’altro di illuminare le zone più buie e malinconiche del nostro animo. Un affresco delle emozioni umane, insomma, evocate perfettamente dal suono del violino, vero “fil rouge” di queste narrazioni. Sebbene la musica degli En Plein Air sia spesso catalogata come post-rock e sebbene molte delle loro sonorità rimandino a band quali Godspeed you! Black Emperor, Explosions in the Sky, Sigur Rós e Mùm, tuttavia è la fusione peculiare di rock strumentale, musica classica e melodia a caratterizzare e rendere unico il suono degli En Plein Air. Un suono particolarmente apprezzato all’estero come testimoniano le recensioni molto positive dell’autorevole “The Silent Ballet”. E non è un caso che l’etichetta americana Fluttery Records abbia creduto fermamente nel progetto “En Plein Air”, consentendo alla band romana di produrre e distribuire la loro musica in tutto il mondo. L’album è costituito da sette tracce, contraddistinte da un perfetto equilibrio di tutti gli strumenti: due chitarre (Eric Caldironi e Giovanni Federici), synth e piano (Aron Carlocchia), basso (Ludovico Lamarra), batteria (Adriano Proietti), violino (Marzia Ricciardi), a cui va aggiunta in alcuni brani la presenza del violoncello (Federica Vecchio). Le bellissime Oltre la pioggia e Il diario dei lampi disegnano le trame di una nostalgia malinconica molto seducente, mentre Thai è un affascinante affresco di luce e colori che riscalda l’anima ed evoca ricordi sempre intensi. Sul confine esplode in un finale rabbioso, mentre Frammenti di una vittoria chiude idealmente il lavoro iniziato con Waterloo quasi a sottolineare che l’esistenza di ognuno è sempre caratterizzata da un susseguirsi di eventi che, nel bene e nel male, segnano indelebilmente la nostra vita. Un bel lavoro, un album consigliato.
Felice Marotta
Fluttery Records
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