Dick Heckstall Smith è stato senz’altro uno dei massimi protagonisti del british jazz/blues, dagli albori nei primissimi anni 60 sino alla sua scomparsa avvenuta nel 2004. DHS ha suonato,con un ruolo da protagonista, in tutte le esperienze blues inglesi più importanti di quel periodo e poi del presente: dai Blues Incorporated di Alexis Korner ai Bluesbreakers di John Mayall, dalla Graham Bond Organisation ai Colosseum sino ai Mainsqueeze, ai The Famous Bluesblasters e la Hamburg Blues Band negli anni '90 e 2000. Cominciò a studiare il sassofono a 15 anni e nel 1953 suonò con la jazz band del Sidney Sussex College di cui diventò il leader, le sue prime fonti di ispirazione furono grandi miti del jazz come Sidney Bechet e Lester Young. I suoi sassofoni (soprano, alto e tenore), con il loro sound ispirato dal rivoluzionario musicista jazz afro americano Rashaan Roland Kirk (da cui ereditò l’abitudine di suonare due sax contemporaneamente!), hanno dato lustro ad alcuni dei momenti migliori del jazz/blues inglese. DHS è stato tra i protagonisti di dischi leggendari, che hanno fatto la storia del rock inglese e del british blues: da "R & B from The Marquee" con Alexis Korner a "Valentyne Suite" con i Colosseum, da "Bare Wires", "Diary Of A Band Vol.1-2" con John Mayall’s Bluesbreakers a "The Sound Of 65" con la Graham Bond Organisation. La sua produzione discografica come solista si è soprattutto sviluppata negli anni 80 e 90, ma iniziò con la registrazione nel 1972 dell’lp "A Story Ended" (Bronze 72), un disco relativamente poco conosciuto ma di grandissima qualità, che ebbe la produzione di Jon Hiseman e vide collaborare con DHS alcuni dei principali solisti britannici del momento: Chris Spedding (chitarra), Graham Bond (keyboards), Paul Williams (voce), Chris Farlowe (voce), Caleb Quaye (chitarra), John Hiseman, Mark Clark e Dave Greenslade (batteria, basso e tastiere e tutti e tre ex Colosseum), Gordon Beck (keyboards) e Rob Tait (batteria). Il disco, ispirato e originale, che venne registrato subito dopo lo scioglimento dei Colosseum, contiene alcuni brani formidabili, originariamente scritti da DHS con il chitarrista Clem Clempson per un nuovo lavoro dei Colosseum, che però non vide mai la luce. La tracklist del disco comincia con Future Song, complesso brano caratterizzato da un riff intricato, dove il sax di DHS gareggia nella ricerca di complicati fraseggi con la chitarra dell’ex Hookfoot, Caleb Quaye, continua poi con Crabs e Moses At The Bullrushorses, due brani trascinanti, impregnati di sonorità funky con un Graham Bond scatenato all’organo Hammond e Paul Williams alle lead vocals, a seguire What The Morning Was After e la lunga Pirate's Dream, brano dall’inizio trasognato che poi si trasforma in una cascata scintillante di suoni, con delle dinamiche fantastiche: il lirico solismo del sax tenore di Smith e la potente voce di Chris Farlowe in tutta la sua incredibile estensione, Bond impegnato nel creare sonorità impossibili con il suo solo di Moog Synthetizer. In chiusura Same Old Thing, slow blues creativo carico di feeling con protagonista la splendida voce black di Paul Williams e la chitarra nervosa di Chris Spedding. Un disco bellissimo, dove blues, jazz e rock si incontrano al meglio delle possibilità espressive dei musicisti impegnati. Più volte ristampato in cd, anche con bonus tracks, versioni live di alcuni brani e due interessanti inediti, un classico degli anni 70. Un disco, per certi versi, simile fu "Sweet Pain", registrato qualche anno prima, nel 1969 e pubblicato in GB dall’etichetta Mercury. Non fu un vero disco solista di DHS, ma una sorta di jam a cui parteciparono alcuni dei protagonisti del blues revival inglese anni 60. Victor Brox aka Sam Crozier, ex lead vocalist dell’Ainsley Dumbar Retaliation, tastierista e trombettista, a mio parere, una delle voci più belle e coinvolgenti del british blues (lo sostenevano anche Hendrix e Tina Turner), sua moglie Annette Brox anch’essa cantante, il cantante Alan Greed ex Running Man, l’armonicista John O’Leary ex Savoy Brown, il bassista Keith Tillman ex Bluesbreakers, il batterista Junior Dunn e il chitarrista Stuart Cowell poi ex Titus Groan e con i Paul Brett’s Sage; a completare la line-up di questa band dalla vita brevissima, i sassofoni e il flauto di Dick Heckstall Smith, ovviamente, con un ruolo da protagonista. Sweet Pain, fu pubblicato negli USA con il titolo: "England’s Heavy Blues Super Session", fu decisamente un disco orientato al blues con le inevitabili influenze rock psichedeliche tipiche del periodo. Alcuni titoli: The Steamer, Sick and Tired, la lunga General Smith, la classica Trouble In Mind e la conclusiva Song Of The Medusa; il mood del disco fu caratterizzato da suoni crudi e primitivi, che lo resero un classico per gli appassionati del genere, ma non gli fecero ottenere i riscontri di vendite sperati. Un epoca quella dove i musicisti si potevano ancora muovere autonomamente dalle logiche del business e in questo caso lo fecero senza porsi alcun problema, semplicemente suonarono quello che piaceva a loro, come volevano, in assoluta libertà. Del disco in questione, piuttosto raro nella sua veste originale, esiste una cd-r. Dalle profondità più oscure della miniera d’oro del rock anni 60/70, due piccole gemme da riascoltare con attenzione.
Guido Sfondrini
Dick Heckstall Smith
Elegy (from "Valentyne Suite", Colosseum)
Look In The Mirror (from "Bare Wires", John Mayall)
Dick Heckstall Smith discography
1969 Sweet Pain (Mercury)
1972 A Story Ended (Bronze/Sequel)
1991 Live 1990 (Bellaphon Records)
1991 Where One Is (Mainstream)
1995 Celtic Steppes (Thirtythreerecords)
1995 This That (Atonal)
1996 Bird in Widnes (Konnex)
1998 Obsession Fees (R & M Records (Germany)
1998 On the Corner/Mingus in Newcastle (33Jazz Records)
2001 Blues and Beyond (Spitfire Records)
2 commenti:
Che musicista, e che persona squisita! Ho avuto il piacere e la fortuna di conoscerlo brevemente (e la sfortuna che dirò in seguito) in RAI, durante la registrazione di una delle puntate di DOC in cui sono stato ospite nel 1989. Lui suonava con il compianto bluesman nostrano Guido Toffoletti, assieme all'altro storico ospite Paul Jones (voce con Manfred Mann, Blues Band etc.). Me li vidi presentarsi dopo la fine del nostro secondo brano (un'arrangiamento di MONEY) per complimentarsi dell'originalità della mia versione, e per invitarmi a una jam con loro, che suonavano per due sere al Big Mama. Al bar della RAI scherzammo a lungo, specialmente Dick con cui condividevo un certo "stile" di pettinatura... Mi disse che avremmo dovuto formare insieme una band, scegliendo gli altri elementi tutti accuratamente CALVI!! Io gli risposi che già negli anni '60 c'era un complesso beat italiano accuratamente rasato a zero, che si chiamava "I PELATI". Lui fece un gran sorriso e disse... "Yeah, I PELARDI, that would be a great name!!". Non l'ho mai più rivisto perchè quella sera avevo già impegni, e la sera dopo quando mi presentai al locale mi disse che purtroppo dovevano partire immediatamente per un imprevisto impegno in patria. Mi è rimasto il rimpianto di non aver diviso il palco con questi due grandi (specialmente per Dick, ero impazzito per i Colosseum nel loro PENULTIMO concerto, Palermo 1971), e il piacere di aver constatato quanta umanità e timida simpatia nascondesse quel mio eroe giovanile.
grazie mille Sandro per aver tradotto in parole i tuoi PREZIOSI ricordi...grazie davvero!
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