Quarant’anni esatti dalla morte di Jimi Hendrix, oggi 18 Settembre 2010: lo apprendo solo ora e mi sento preso alla sprovvista, avrei voluto scrivere un pezzo sul mancino di Seattle ma non ne ho il tempo.
Nel tentativo di non cadere nei soliti luoghi comuni sul più grande chitarrista/musicista che la storia del rock abbia mai avuto ho pensato di ricordarlo proponendovi due passi tratti da uno stupenda biografia di Hendrix, "La stanza degli Specchi" di Charles R. Cross, pubblicata nel 2005 ma uscita in Italia solo nel 2008 per le Vite Narrate di Feltrinelli.
I due passi sono tratti dal capitolo ‘Il terremoto spaziale della nuova musica’ e mettono in relazione Hendrix con due famosi protagonisti degli anni ’60.
Il primo è un altro grande personaggio di colore: sia lui che Hendrix in quei ’60 incredibili e barricaderi avrebbero urlato al mondo l’orgoglio di essere neri in due modi totalmente diversi.
"Il 5 Aprile 1968 fu una delle poche serate veramente eccezionali di quel tour pazzesco. Erano stati fissati due concerti nella Symphony Hall di Newark, una sala da tremila posti a sedere. Mentre la band raggiungeva Newark in limousine, l’auto superò un carro armato lungo la strada, e tutti si chiesero se per caso fosse scoppiata una guerra. In un certo senso era così: Martin Luther King era stato assassinato il giorno prima, ma Jimi non lo aveva saputo sino al momento del loro arrivo a Newark, dove si temeva che si potessero verificare degli scontri.
Quando il loro autista sentì la notizia, si rifiutò di andare avanti a meno che Jimi si sedesse sul sedile anteriore insieme a lui.
Giunti alla hall, la polizia ordinò a Jimi di eseguire il primo dei due concerti e di cancellare il secondo.
All’orario previsto per l’inizio, soltanto 400 persone erano presenti. Jimi disse loro: ‘Questo pezzo è per un mio amico' e attaccò un lungo e malinconico blues strumentale. Era il modo di Jimi per onorare la perdita di King, e la sua performance fu così toccante che molti tra il pubblico si commossero fino alle lacrime. Mentre la band suonava, si sentirono risuonare degli spari all’esterno della Symphony Hall.
Dopo un’ora di improvvisazioni, Jimi mise giù la sua chitarra e lasciò il palco.
Non ci furono applausi: il pubblico aveva capito che si era trattato di una sorta di messa funebre.
L’elegia di Jimi non era però ancora finita; tornati a New York quella sera stessa, suonò insieme a Buddy Guy al Generation Club. La settimana seguente, senza alcuna pubblicità, Jimi spedì cinquemila dollari ad un fondo in memoria di King.
Il messaggio di Martin Luther King basato sull’unità razziale e sulla non violenza si era radicato profondamente in Jimi, che preferiva evitare gli scontri diretti.
'Quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere', disse una volta Jimi. 'il mondo conoscerà finalmente la pace'
Tracce di una coscienza sociale cominciarono ad apparire nelle canzoni che Jimi scrisse quella primavera, molte delle quali erano state pensate per il suo terzo album, "Electric Ladyland". In House Burning Down, esortava la gente a 'imparare invece di bruciarsi', un sentimento che echeggiava nelle parole di King."
Il secondo personaggio, mito per eccellenza dei sixties, avrebbe bruciato come Hendrix la sua esistenza sui palchi e negli eccessi alla velocità di un lampo: inevitabile che si incontrassero e che ogni volta fosse memorabile.
"Anche nei suoi periodi più sfrenati, tuttavia, Jimi non si avvicinò mai agli eccessi di Jim Morrison, con il quale ebbe due incontri ravvicinati nel corso di quel mese. La prima volta fu in un club di New York, dove Jimi stava suonando una jam insieme ai Chambers Brothers. Morrison si trovava tra il pubblico ed era talmente su di giri che prese il microfono e cominciò a vomitare oscenità ed insulti.
Durante quella jam disastrosa, che venne in seguito pubblicata come bootleg, Morrison strisciò in direzione di Jimi e gli gridò: 'Voglio succhiarti il cazzo'. Morrison pronunciò questa frase a voce talmente alta da farsi sentire da altre persone che si trovavano nel club, fra le quali Janis Joplin che, disgustata dalla serata, pose fine al clima di allegria sfasciando una bottiglia di whisky in testa al leader dei Doors, e facendosi così buttare fuori dal locale.
Un mese più tardi, durante un concerto dell’Experience a Montreal, arrivò un’altra volta Morrison e riuscì a farsi strada tra il pubblico fino a raggiungere la prima fila. Gli uomini della sicurezza continuavano a spingerlo indietro, così si mise ad urlare: 'Ehi, Jimi! Fammi salire a cantare, amico, facciamola insieme ‘sta merda'. Hendrix disse, no, grazie. Allora Morrison gridò: 'Lo sai chi sono io? Sono Jim Morrison, dei Doors'. La risposta di Hendrix fu 'Sì lo so chi sei tu. Ed io sono Jimi Hendrix'."
Quelli che seguono sono alcuni brani tratti dal capolavoro assoluto di Jimi Hendrix,
"Electric Ladyland", cui stava lavorando quando ebbero luogo gli episodi su narrati.
video
House Burning Down
Crosstown Traffic
The Jimi Hendrix Experience: 1983 (A Merman I Should Turn To Be) Part 2
Rainy Day Dream Away
Come on let the good times roll
PAGINE
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sabato 18 settembre 2010
venerdì 17 settembre 2010
David Crosby: Il baratto, by Andrea Angelini
Ho il piacere di pubblicare il primo contributo di Andrea Angelini, nuovo collaboratore romano di Music Box: é un curioso e sfizioso pezzo su David Crosby, grandissimo artista/musicista amato da noi tutti di Music Box, un piccolo spaccato della sua vita scapestrata di tanto tempo fa. (W.B.)
David Crosby, una delle figure più importanti e carismatiche della scena musicale californiana dagli anni ’60 ad oggi, prima con i Byrds poi con Crosby, Stills, Nash & Young, è notoriamente preda di passioni consumanti, siano esse sotto forma di musica, giovani donne, chitarre, sostanze poco lecite, barche, automobili.
Nel corso dei suoi tormentatissimi anni ’80 purtroppo segnati da una totale dipendenza dalla cocaina che lo stava distruggendo, uno dei suoi beni materiali più cari era la Mercedes 6300 Sedan con dotazioni interne degne di James Bond, inclusi piccoli vani a scomparsa dove occultare armi e polverine. Al culmine della costosissima dipendenza Crosby decise comunque di offrire la Mercedes ad uno spacciatore in cambio di un oncia di cocaina e 4000 dollari.
Quella notte l’auto ricomparve però davanti alla villetta di Crosby parcheggiata come sempre nel vialetto di accesso: lo spacciatore era morto di overdose e amici di David che non lo volevano implicato nella sordida vicenda l’avevano riportata indietro appena in tempo.
Il giorno seguente Crosby senza batter ciglio barattò l’auto con un altro spacciatore per 2 once di coca, per poi incredibilmente ritrovarsela la sera stessa ancora parcheggiata davanti casa: il motore era andato in panne mentre lo spacciatore la stava guidando e questo l’aveva rimandata con il carro attrezzi a Crosby perche’ provvedesse a ripararla a sue spese. Naturalmente Crosby la fece riparare per poi rivenderla subito ad un terzo spacciatore in cambio di 3 once di coca!!!
Tutto bene ciò che finisce bene, oggi David Crosby completamente disintossicato è ancora tra noi a dispensare ottima musica e simili storielle a lieto fine ridendosela sotto i baffi.
Un amabile signore di mezza età dall’aria bonaria e pacifica.
Ma voi comprereste mai un auto usata da lui???
Drive My Car
Monkey and the Underdog (live,1989)
Tracks in the Dust (live,1989)
David Crosby, una delle figure più importanti e carismatiche della scena musicale californiana dagli anni ’60 ad oggi, prima con i Byrds poi con Crosby, Stills, Nash & Young, è notoriamente preda di passioni consumanti, siano esse sotto forma di musica, giovani donne, chitarre, sostanze poco lecite, barche, automobili.
Nel corso dei suoi tormentatissimi anni ’80 purtroppo segnati da una totale dipendenza dalla cocaina che lo stava distruggendo, uno dei suoi beni materiali più cari era la Mercedes 6300 Sedan con dotazioni interne degne di James Bond, inclusi piccoli vani a scomparsa dove occultare armi e polverine. Al culmine della costosissima dipendenza Crosby decise comunque di offrire la Mercedes ad uno spacciatore in cambio di un oncia di cocaina e 4000 dollari.
Quella notte l’auto ricomparve però davanti alla villetta di Crosby parcheggiata come sempre nel vialetto di accesso: lo spacciatore era morto di overdose e amici di David che non lo volevano implicato nella sordida vicenda l’avevano riportata indietro appena in tempo.
Il giorno seguente Crosby senza batter ciglio barattò l’auto con un altro spacciatore per 2 once di coca, per poi incredibilmente ritrovarsela la sera stessa ancora parcheggiata davanti casa: il motore era andato in panne mentre lo spacciatore la stava guidando e questo l’aveva rimandata con il carro attrezzi a Crosby perche’ provvedesse a ripararla a sue spese. Naturalmente Crosby la fece riparare per poi rivenderla subito ad un terzo spacciatore in cambio di 3 once di coca!!!
Tutto bene ciò che finisce bene, oggi David Crosby completamente disintossicato è ancora tra noi a dispensare ottima musica e simili storielle a lieto fine ridendosela sotto i baffi.
Un amabile signore di mezza età dall’aria bonaria e pacifica.
Ma voi comprereste mai un auto usata da lui???
Andrea Angelini
video:Drive My Car
Monkey and the Underdog (live,1989)
Tracks in the Dust (live,1989)
LIVE REPORT: The POP GROUP, Torino 10 settembre 2010, Spazio211 (by Claudio Decastelli)
Alle 22.30, mezzora prima dell'inizio effettivo del concerto (e altrettanto dopo quello annunciato), le porte di sPAZIO 211 si chiudono: il club e' affollato, la capienza e' al limite e l'organizzazione, a malincuore (c'e' da immaginarsi) decide di non fare più entrare le decine di ritardatari che ancora stanno arrivando. Sarà per l'ingresso gratuito (scelta del festival MiTo Settembre Musica, nel cui ambito si svolge in collaborazione con Traffic – ma a Bologna il giorno prima il sold-out c'era stato anche se invece si pagava), sarà per la curiosità di rivedere musicisti che in varie esperienze hanno segnato momenti significativi della più innovativa scena rock inglese del dopo-punk, ma parecchia gente si presenta a scatola chiusa alla terza data della reunion del Pop Group, preceduta da Parigi e Bologna e seguita da due appuntamenti londinesi.
A scatola chiusa perche' la tournée non e' stata preceduta da nessun nuovo cd (invece annunciato per il 2011) e quindi non e' dato sapere quale sia la direzione che la band ha preso nel ripresentarsi a 30 anni di distanza o quasi dallo scioglimento. Il pubblico over 40 e 50, che al bancone del bar rispetta la coda e dall'aspetto fa comunque trasparire l'attitudine al rock come stile di vita, probabilmente immagina di risentire, dalla formazione pressoche' originale, il suono pulsante e dissonante fermato nei singoli e negli LP (tre, questi ultimi, incisi e pubblicati tra il 1979 e il 1980).
Mark Stewart, cantante e autore dei testi, ha dichiarato che il ritorno riprende le cose dal punto in cui erano state interrotte. Tuttavia per il Pop Group, band allora molto avanti e moderna, sarebbe un po' poco riprendere l'attività nelle stesse condizioni in cui era quando l'aveva terminata. Ma andare oltre e riposizionarsi agli stessi livelli di una volta non e' pero piu' tanto facile', data la quantità di novità che nella musica sono nel frattempo intervenute. E quindi puo' essere plausibile il dubbio circa il fatto che la reunion alla fine possa essere più di forma che non di sostanza musicale.
Non aiuta pero' a sciogliere questo dubbio l'introduzione al concerto, la base registrata di un pezzo in francese, che poi si trasforma nella sfuriata di Gareth Sager sulla tastiera e quindi nella denuncia urlata di Mark Stewart ripresa dagli echi digitali, quel "We are all prostitutes!" (…" ognuno ha il suo prezzo … il capitalismo e' la piu' barbara delle religioni" …) che nel 1980 la Rough Trade incideva su un singolo a 7 pollici (assieme a un rapporto di Amnesty International sulle torture dell'esercito britannico nei confronti dei prigionieri nord-irlandesi 'messo in musica' dalla band). Il funk che si avvia subito dopo sostenuto dalla batteria di Bruce Smith e dal basso di Dan Katsis, e' disegnato dai riff della chitarra aggiunta di Alexi Jones incrociata con quella, occasionale, ancora di Sager. Sager tra tastiera e chitarra non trova il tempo per le sfuriate di sax tra free e dissonanza che squassano la versione originale del pezzo, che invece, tra pieni strumentali e vuoti riempiti dalle ondate di dub provenienti dal mixer e dal rack effetti (manovrati da Adrian Sherwood, il Re Mida del dub bianco, cosi' e' annunciato) arriva alla fine in crescendo di intensita' per poi stopparsi sui colpi di fischietto di Stewart medesimo.
Il funk sparisce però, o perlomeno non si fa piu' riconoscere, nella successiva Colour blind, la canzone per definizione del Pop Group, originariamente addirittura orecchiabile, con cantato quasi melodico. E che invece diventa quasi irriconoscibile, se non fosse per il ritornello, che ne era la parte piu' dura e adesso al contrario e' quella piu' distinguibile tra gli strati di suoni che ne alterano e sconvolgono la struttura finora conosciuta. Un funk duro e carico di dub, che si condensa a tratti in botte di suono, torna invece in Thief of fire, altro standard della band, a cui segue una Trap in cui la cassa della batteria 'in quattro' (il classico 'tunz-tunz') supporta la performance vocale esasperata e ulteriori ondate di echi, reverberi, loop e dissonanze.
Kiss the book, funky gia' di suo, scorre via regolare e lascia il posto a Sense of purpose, quasi delicata ogni tanto, con arpeggi di chitarra e giri di pianoforte che pero' poi lasciano spazio a salite e discese di intensita' e dissonanze di strumenti e voce che sfociano in un finale reso ancora piu' apparentemente 'caotico' dalle solite manipolazioni da mixer.
Mark Stewart non e' piu' un giovane performer (e non fa niente per nasconderlo), come anche gli altri componenti della band (a eccezione del chitarrista aggiunto, giovane per davvero invece), ma la sua prestazione vocale non e' al risparmio : e nemmeno quella scenica, tanto da dover ridurre progressivamente l'abbigliamento e restare alla fine in maniche di camicia. Non si risparmia nessuno poi in She's beyond good and evil, altro classicissimo, dove sono concentrate e a tratti anche esasperate tutte le sonorità presenti a turno nei pezzi suonati in precedenza. Il 'tranquillo' funk iniziale della seguente Forces of oppression, nel finale invece va a pezzi grazie al furioso sax soprano di Gareth Sager, che passato attraverso un pedale lancia frasi e suoni laceranti attorno a cui gli altri strumenti (e anche la voce) si lasciano andare a ritmi e linee apparentemente disordinate e autenticamente free.
Tornata la calma parte quindi il riff chitarristico di We are time, che si altalena tra fasi di relativa tranquillità e accelerazioni collettive trainate dal tono gridato al limite dell'isteria di Stewart ("Time is within you, shine through your eyes, we'll kill the word, black letter lies - Lies lies lies lies lies") e che come ultimo pezzo porta diritto ai saluti. Il bis, ovviamente richiesto dal pubblico, arriva sotto forma di We are all prostitutes in versione dub, con ancora la cassa della batteria 'in quattro' una spanna sugli altri strumenti (assieme a basso) e fiotti di eco-riverbero-loop e altro che vanno e vengono, anche sovrapponendosi alla voce fino a inghiottirla. Poco dopo la mezzanotte il Pop Group lascia il palco.
E il dubbio sulla reale prospettiva del suo ritorno fatica a trovare conferme in un senso o nell'altro. Performance di buon livello, meno urticante ed esasperata rispetto allo stile che veniva fuori nelle incisioni di 30 anni fa: ma da allora non pochi sono stati i musicisti che hanno contribuito ad alzare il paletto del conflitto trasformato in estetica e forse le nostre orecchie si sono abituate anche ad altro e di piu'. Ma del ritorno della band piu' politicizzata e intransigente del post-punk inglese non puo' importare solo la cifra stilistica: deve pure rilevare la motivazione a cui la musica si ispira e fornisce nel contempo supporto e sostanza. A fine anni '70, dissonanze, esasperazioni, rimiche isteriche, esprimevano una critica e una reazione “feroci” al sistema economico e sociale, ai soprusi sui singoli e alle violenze sulle masse praticate dal potere per mantenere quel sistema cosi' com'era. Oggi gli eserciti, anche quello inglese, torturano ancora i prigionieri, il capitalismo è più spietato di prima, le lettere nere sui giornali continuano a mentire. Ed e' sempre ancor necessario vivere il tempo attraverso i propri occhi. I presupposti ideologici di partenza per un nuovo-vecchio Pop Group saranno quindi gli stessi o si svilupperanno altrimenti?
Il suono live del 2010 discendente da quello del 1980, è solo la base da cui poi andare oltre, anche in direzioni diverse, per essere un ancora più moderno supporto a una rinnovata e approfondita radicalità di idee? Il concerto non e' stato sufficiente per farcelo capire.
Mr. Mark Stewart in proposito potrebbe dirne di piu'. Finito il concerto e diradatasi la folla, qualcuno balla su ritmi simili a quelli suonati sul palco fino a poco prima: e lui si unisce per qualche minuto. Ma a una mail dice che risponderebbe. Trenta anni fa non sarebbe stato possibile.
(fotografie di Enrico Laguardia)
LIVE VIDEO, by Enrico Laguardia
The Pop Group "We are all prostitutes", live in Torino 10/9/2010
altri video:
Sense of Purpose Live (London, The Garage, 11/09/2010)
The Pop Group - Amnesty Report on British Army Torture
Boys From Brazil
Rob a Bank
Kiss the Book
sito ufficiale: http://thepopgroup.net
A scatola chiusa perche' la tournée non e' stata preceduta da nessun nuovo cd (invece annunciato per il 2011) e quindi non e' dato sapere quale sia la direzione che la band ha preso nel ripresentarsi a 30 anni di distanza o quasi dallo scioglimento. Il pubblico over 40 e 50, che al bancone del bar rispetta la coda e dall'aspetto fa comunque trasparire l'attitudine al rock come stile di vita, probabilmente immagina di risentire, dalla formazione pressoche' originale, il suono pulsante e dissonante fermato nei singoli e negli LP (tre, questi ultimi, incisi e pubblicati tra il 1979 e il 1980).
Mark Stewart, cantante e autore dei testi, ha dichiarato che il ritorno riprende le cose dal punto in cui erano state interrotte. Tuttavia per il Pop Group, band allora molto avanti e moderna, sarebbe un po' poco riprendere l'attività nelle stesse condizioni in cui era quando l'aveva terminata. Ma andare oltre e riposizionarsi agli stessi livelli di una volta non e' pero piu' tanto facile', data la quantità di novità che nella musica sono nel frattempo intervenute. E quindi puo' essere plausibile il dubbio circa il fatto che la reunion alla fine possa essere più di forma che non di sostanza musicale.
Non aiuta pero' a sciogliere questo dubbio l'introduzione al concerto, la base registrata di un pezzo in francese, che poi si trasforma nella sfuriata di Gareth Sager sulla tastiera e quindi nella denuncia urlata di Mark Stewart ripresa dagli echi digitali, quel "We are all prostitutes!" (…" ognuno ha il suo prezzo … il capitalismo e' la piu' barbara delle religioni" …) che nel 1980 la Rough Trade incideva su un singolo a 7 pollici (assieme a un rapporto di Amnesty International sulle torture dell'esercito britannico nei confronti dei prigionieri nord-irlandesi 'messo in musica' dalla band). Il funk che si avvia subito dopo sostenuto dalla batteria di Bruce Smith e dal basso di Dan Katsis, e' disegnato dai riff della chitarra aggiunta di Alexi Jones incrociata con quella, occasionale, ancora di Sager. Sager tra tastiera e chitarra non trova il tempo per le sfuriate di sax tra free e dissonanza che squassano la versione originale del pezzo, che invece, tra pieni strumentali e vuoti riempiti dalle ondate di dub provenienti dal mixer e dal rack effetti (manovrati da Adrian Sherwood, il Re Mida del dub bianco, cosi' e' annunciato) arriva alla fine in crescendo di intensita' per poi stopparsi sui colpi di fischietto di Stewart medesimo.
Il funk sparisce però, o perlomeno non si fa piu' riconoscere, nella successiva Colour blind, la canzone per definizione del Pop Group, originariamente addirittura orecchiabile, con cantato quasi melodico. E che invece diventa quasi irriconoscibile, se non fosse per il ritornello, che ne era la parte piu' dura e adesso al contrario e' quella piu' distinguibile tra gli strati di suoni che ne alterano e sconvolgono la struttura finora conosciuta. Un funk duro e carico di dub, che si condensa a tratti in botte di suono, torna invece in Thief of fire, altro standard della band, a cui segue una Trap in cui la cassa della batteria 'in quattro' (il classico 'tunz-tunz') supporta la performance vocale esasperata e ulteriori ondate di echi, reverberi, loop e dissonanze.
Kiss the book, funky gia' di suo, scorre via regolare e lascia il posto a Sense of purpose, quasi delicata ogni tanto, con arpeggi di chitarra e giri di pianoforte che pero' poi lasciano spazio a salite e discese di intensita' e dissonanze di strumenti e voce che sfociano in un finale reso ancora piu' apparentemente 'caotico' dalle solite manipolazioni da mixer.
Mark Stewart non e' piu' un giovane performer (e non fa niente per nasconderlo), come anche gli altri componenti della band (a eccezione del chitarrista aggiunto, giovane per davvero invece), ma la sua prestazione vocale non e' al risparmio : e nemmeno quella scenica, tanto da dover ridurre progressivamente l'abbigliamento e restare alla fine in maniche di camicia. Non si risparmia nessuno poi in She's beyond good and evil, altro classicissimo, dove sono concentrate e a tratti anche esasperate tutte le sonorità presenti a turno nei pezzi suonati in precedenza. Il 'tranquillo' funk iniziale della seguente Forces of oppression, nel finale invece va a pezzi grazie al furioso sax soprano di Gareth Sager, che passato attraverso un pedale lancia frasi e suoni laceranti attorno a cui gli altri strumenti (e anche la voce) si lasciano andare a ritmi e linee apparentemente disordinate e autenticamente free.
Tornata la calma parte quindi il riff chitarristico di We are time, che si altalena tra fasi di relativa tranquillità e accelerazioni collettive trainate dal tono gridato al limite dell'isteria di Stewart ("Time is within you, shine through your eyes, we'll kill the word, black letter lies - Lies lies lies lies lies") e che come ultimo pezzo porta diritto ai saluti. Il bis, ovviamente richiesto dal pubblico, arriva sotto forma di We are all prostitutes in versione dub, con ancora la cassa della batteria 'in quattro' una spanna sugli altri strumenti (assieme a basso) e fiotti di eco-riverbero-loop e altro che vanno e vengono, anche sovrapponendosi alla voce fino a inghiottirla. Poco dopo la mezzanotte il Pop Group lascia il palco.
E il dubbio sulla reale prospettiva del suo ritorno fatica a trovare conferme in un senso o nell'altro. Performance di buon livello, meno urticante ed esasperata rispetto allo stile che veniva fuori nelle incisioni di 30 anni fa: ma da allora non pochi sono stati i musicisti che hanno contribuito ad alzare il paletto del conflitto trasformato in estetica e forse le nostre orecchie si sono abituate anche ad altro e di piu'. Ma del ritorno della band piu' politicizzata e intransigente del post-punk inglese non puo' importare solo la cifra stilistica: deve pure rilevare la motivazione a cui la musica si ispira e fornisce nel contempo supporto e sostanza. A fine anni '70, dissonanze, esasperazioni, rimiche isteriche, esprimevano una critica e una reazione “feroci” al sistema economico e sociale, ai soprusi sui singoli e alle violenze sulle masse praticate dal potere per mantenere quel sistema cosi' com'era. Oggi gli eserciti, anche quello inglese, torturano ancora i prigionieri, il capitalismo è più spietato di prima, le lettere nere sui giornali continuano a mentire. Ed e' sempre ancor necessario vivere il tempo attraverso i propri occhi. I presupposti ideologici di partenza per un nuovo-vecchio Pop Group saranno quindi gli stessi o si svilupperanno altrimenti?
Il suono live del 2010 discendente da quello del 1980, è solo la base da cui poi andare oltre, anche in direzioni diverse, per essere un ancora più moderno supporto a una rinnovata e approfondita radicalità di idee? Il concerto non e' stato sufficiente per farcelo capire.
Mr. Mark Stewart in proposito potrebbe dirne di piu'. Finito il concerto e diradatasi la folla, qualcuno balla su ritmi simili a quelli suonati sul palco fino a poco prima: e lui si unisce per qualche minuto. Ma a una mail dice che risponderebbe. Trenta anni fa non sarebbe stato possibile.
Claudio Decastelli
(fotografie di Enrico Laguardia)
LIVE VIDEO, by Enrico Laguardia
The Pop Group "We are all prostitutes", live in Torino 10/9/2010
altri video:
Sense of Purpose Live (London, The Garage, 11/09/2010)
The Pop Group - Amnesty Report on British Army Torture
Boys From Brazil
Rob a Bank
Kiss the Book
sito ufficiale: http://thepopgroup.net
giovedì 16 settembre 2010
AMAZING BLONDEL: Ritorno a corte by Roberto Fuiano
INTRO: I TEMPI
Tra il 1969 e il 1970, periodo post psichedelico della musica giovanile di quegli anni, molti gruppi erano alla ricerca di nuove frontiere che allargassero l’ambito musicale ad altri generi, che sino ad allora erano stati per lo più di nicchia, quali il Blues, il Jazz, la Classica, il Folk, il Country, mentre altri sperimentavano nuove sonorità utilizzando strumenti elettronici (Pink Floyd, Tangerine Dream, Klaus Schulze), spesso caratterizzate da forti componenti orientaleggianti (Popol Vuh, Ash Ra Tempel), altri potenziavano in maniera hard il sound del rock (Deep Purple, Led Zeppelin, Grand Funk).
Incontrami questa notte al ruscello del mugnaio
sotto il muscoso bosco di salici.
Ti porterò del vino e una rosa nera di velluto
Mentre i boschi dormono
nessuno sta guardando furtivamente
e mostra la viaverso una terra di amore e abbondanza,
e un cuscino per poggiare la mia testa
.Oh Signore, questo fardello è faticoso e la debolezza mi fa allontanare
oh guida questa anima solitaria, ti prego, nella speranza di te.
perché essa è sempre appena in vista.
E quando i tempi sono difficili e il germe della paura seminato, il mondo sembra franare, e i sogni sono volti a scagliare pietre,
Il mercato dei tessitori (Weavers Market)
Vieni e ti porterò in città con me ragazzo
a vedere i bravi tessitori di parole. Vieni a passeggiare con me
Vieni e ti porterò in città con me se ti aggrada la compagnia.
Discografia:
• The Amazing Blondel (1970)
• Evensong (1970)
• Fantasia Lindum (1971)
• England (1972)
• Blondel (1973)
• Mulgrave Street (1974)
• Inspiration (1975)
• Bad Dreams (1976)
• Live in Tokyo (1977)
• A Foreign Field That Is Forever England (live 1972–1973) (1996)
• Restoration (1997)
Video
Celestial Light(from Fantasia Lindum album)
Amazing Blondel - Cawdor - Austria 2000
Willowood (from Evensong album/1970)
Pavan (from Evensong)
Saxon Lady
Tra il 1969 e il 1970, periodo post psichedelico della musica giovanile di quegli anni, molti gruppi erano alla ricerca di nuove frontiere che allargassero l’ambito musicale ad altri generi, che sino ad allora erano stati per lo più di nicchia, quali il Blues, il Jazz, la Classica, il Folk, il Country, mentre altri sperimentavano nuove sonorità utilizzando strumenti elettronici (Pink Floyd, Tangerine Dream, Klaus Schulze), spesso caratterizzate da forti componenti orientaleggianti (Popol Vuh, Ash Ra Tempel), altri potenziavano in maniera hard il sound del rock (Deep Purple, Led Zeppelin, Grand Funk).
AMAZING BLONDEL: LA STORIA LE OPERE
In campo folk, sono diversi i gruppi che si affacciano alla scena musicale del periodo, ognuno caratterizzato da proprie tendenze e da una forte personalità: i Pentangle, rappresentanti di un’ottima fusione con il Blues e il Jazz; i Fairport Convention, legati alla tradizione folk e country americana (spesso con brani rivisitati di Dylan); gli Steeleye Span, più puristi come ispirazione, legata strettamente alle ballate e alla danze
tradizionali anglosassoni, ma con un maggiore legame col rock, mediante l’inserimento di strumenti elettrici. Tra questi compaiono (in Italia solo nel 1972, a seguito di un tour che li vede anche a Napoli, dove vengono ripuliti di buona parte della strumentazione, e a Bari) gli Amazing Blondel.Questa band, che si ispira alla musica delle corti elisabettiane, o alle ballate dei menestrelli, utilizzando soltanto strumenti d’epoca come liuti, flauti dolci, cromorni, clavicembali e spinette, pubblica un primo disco nel 1970 ''Amazing Blondel'' per la Bell Records, che viene distribuito soltanto in Inghilterra e Germania. In questo lavoro le direzioni non sono ancora ben precisate, infatti a pezzi di chiara
atmosfera cortigiana si affiancano alcuni brani più pop ed elettrici, ma col successivo ''Evensong'', dello stesso anno, ma prodotto dalla prestigiosa casa discografica Island, John David Gladwin, Edward Baird e Terence Alan Wincott, questi i componenti del gruppo, abbandonano ogni rapporto con la modernità e sviluppano in pieno il suono che poi li distinguerà da ogni altra formazione folk.
Le atmosfere sembrano nascere direttamente dai Racconti di Canterbury, e le ballate sono di chiaro stampo bucolico o ecclesiale con prevalenza di flauti dolci e preziosi impasti vocali capaci di rievocare in pieno lo spirito immaginario dei tempi. Ma è con il loro terzo album del 1971 che gli Amazing raggiungono un successo e una fama internazionale. Il titolo è ''Fantasia Lindum'', e in copertina c’è una loro raffigurazione in abiti dei tempi, con tanto di cane da caccia e cappelli a tronco di cono. I loro volti appaiono davvero come quelli dei cortigiani dell’Inghilterra elisabettiana.
Fantasia Lindum è anche il titolo della suite che nel vinile prendeva un’intera facciata, con ballate collegate fra loro da brevi gioielli strumentali, i cui titoli riportano alle suites dell’epoca: prelude, duet, pavane, galliard, chorale, ecc.
Del 1972 è un altro loro disco importante ''England'', dove le atmosfere diventano più ariose, c’è qualche inserimento orchestrale, e i testi sono per lo più basati su descrizioni paesaggistiche, che si accompagnano perfettamente alla musica. Dopo questo quarto disco, sempre per la Island, Gladwin abbandona il gruppo, sia per noia di uno stile di vita che da grande emozione era diventato routine (soprattutto per tutte le faccende manageriali, le relazioni col pubblico, i continui spostamenti), ma anche per spinte della casa discografica a rendere il suono più commerciale.
Esce quindi un nuovo disco ''Blondel'', conosciuto anche come “album viola” dal colore della copertina, dove sono presenti soltanto Baird e Wincott, ai quali vengono affiancati dalla stessa Island strumentisti vari, tra cui un bassista e un batterista. Il disco, nonostante l’allontanamento dallo stile che aveva portato il gruppo ad essere così tanto apprezzato dal vasto pubblico, risulta ancora di ottimo livello. Vi sono presenti ballate intimistiche, strumentali di ampio respiro e brani folk a cavallo tra passato e moderno.
I due Blondel continueranno (cambiando casa discografica) a produrre ancora qualche lavoro, che rimarrà comunque nel dimenticatoio come musica gradevole, con qualche lieve impennata (Mulgrave Street), ma niente di più.
Dopo ventidue anni di silenzio, quindi nel 1997, con graditissima sorpresa dei vecchi fan, esce ''Restoration'' un nuovo disco dei ricostituiti Amazing Blondel, che presenta un chiaro ritorno alle sonorità di Fantasia Lindum.
Gladwin, Baird e Wincott, nuovamente insieme riprendono a fare tour, molti anche in Italia, dove pare ci sia ancora un folto gruppo di appassionati per quella loro musica sognante ed evocatrice. Un lavoro senza sbavature, maturo e pregnante al tempo, da non perdere.
LE ATMOSFERE
Una cosa importante da sottolineare è che, nonostante quanto detto a riguardo delle atmosfere “antiche”, gli Amazing riescono ad evocare immagini, paesaggi e misticismi anglicani attraverso composizioni proprie, intrise senz’altro di uno spirito moderno (difficilmente spiegabile se non col termine feeling) senza il quale detta musica non avrebbe potuto raggiungere e appassionare un pubblico così ampio; ma a tutto questo ha contribuito il fatto che le loro ballate arcaiche contengono una forte tensione lirica, poetica e richiamano un immaginario fantastico in cui è piacevolissimo immergersi. A conferma di ciò va evidenziato che non esistono, nell’ambito della
musica classica medievale, rinascimentale, barocca o anche folk, altri che in qualche modo si avvicinano al loro stile.
Si potranno ritrovare notevoli punti di contatto, nell’uso dei flauti, dei liuti, dei cromorni, dei clavicembali, ascoltando arrangiamenti delle composizioni di John Payford, di Pierre Attaignant, di John Dowland, eseguiti da orchestre o gruppi specializzati in Musica Antica, ma questi risulteranno sempre lontani dalla singolare espressività degli Amazing Blondel, anche se non per questo potranno essere meno graditi.
LE LIRICHE
LE LIRICHE
I testi, come già accennato, sono strettamente legati alle narrazioni e alle fantasticherie sulla vita nei castelli, nelle corti, nei villaggi, o al piacere di quella pastorale, tanto che a volte vengono usati arcaismi difficilmente traducibili per chi non ha anche un po’ di confidenza con l’Inglese antico. Inoltre, gli Amazing sono stati sempre molto attenti alla cantabilità dei versi, spesso rimati, per cui nei testi qui proposti non va apprezzato tanto l’aspetto letterario (sia per il rincorrere scherzosamente un linguaggio “antichizzato”, sia per la non fedeltà della traduzione letteraria allo spirito dei brani) quanto il richiamo al mondo ideale e lontano dei menestrelli, in cui si canta di amor cortese, di natura, di anelito
religioso e mai di combattimenti o di guerre.
Willowood è una ballata d’amore tratta dal disco Evensong, mentre Safety In God Alone (Fantasia Lindum) è un pregnante canto spirituale e religioso.
Entrambi i brani sono scritti da John David Gladwin.
Weavers Market di Edward Baird, dall’album Blondel, è invece il quadretto di un mercato popolare in cui sono protagonisti diversi personaggi e vede l’inserimento di voci femminili.
Bosco di salici (Willowood)
Bosco di salici (Willowood)
Ogni giorno tu passi davanti al verde villaggio
ma è raro che guardi dalla mia parte.Ogni giorno resto seduto esattamente
ma è raro che guardi dalla mia parte.Ogni giorno resto seduto esattamente
tra le parole che voglio dire.
Amore mio, ti corteggiai da lontano
vorrei chiedere la tua mano se potessi.Incontrami questa notte al ruscello del mugnaio
sotto il muscoso bosco di salici.
Ti porterò del vino e una rosa nera di velluto
per adornarti i capelli arruffati
noi berremo e non appena farà sera
dimenticheremo ogni preoccupazione.
Amore mio, ti corteggiai da lontano
vorrei chiedere la tua mano se potessi.
Incontrami questa notte al ruscello del mugnaio
sotto il muscoso bosco di salici.
Ti porterei fazzoletti di seta d’oriente
Ti porterei fazzoletti di seta d’oriente
e vesti con lacci d’oro
per onorare la tua pelle bianca come latte
e proteggerla dal freddo.
Amore mio, ti corteggiai da lontano
vorrei chiedere la tua mano se potessi.
Incontrami questa notte al ruscello del mugnaio
sotto il muscoso bosco di salici.Mentre i boschi dormono
nessuno sta guardando furtivamente
solo rimbalzano i raggi della luna questa notte.
Così indossa le tue vesti di fine seta
e sciogli i tuoi capelli
la foglia, verde ninfa, a un incantesimo ti legherà
per non lasciarti più andare.
Amore mio, ti corteggiai da lontano
Vorrei chiedere la tua mano se potessi
Incontrami questa notte al ruscello del mugnaio
Sotto il muscoso bosco di salici.
Solo in Dio la salvezza (Safety in God Alone)
Rischiara la nostra tenebra,e mostra la viaverso una terra di amore e abbondanza,
e un cuscino per poggiare la mia testa
.Oh Signore, questo fardello è faticoso e la debolezza mi fa allontanare
oh guida questa anima solitaria, ti prego, nella speranza di te.
Accendi tutte le tue candele
vigila questa notte
pregando per la salvezza
perché essa è sempre appena in vista.
Quantunque la vita è piena di stenti e la carne mortale è debole,
la lotta per la perfezione sembra sempre destinata a fallire.
I vigliacchi non disperano, sollevano i tuoi veli di lutto
e tirano avanti senza paura, cercando fuori quello Spirito Santo.
Accendi tutte le tue candele
vigila questa notte
pregando per la salvezzaperché essa è sempre appena in vista.
E quando i tempi sono difficili e il germe della paura seminato, il mondo sembra franare, e i sogni sono volti a scagliare pietre,
state attenti malfattori a espiare tutti i vostri peccati
e badate al grido dei pellegrini “solo in Dio la salvezza”.
Accendi tutte le tue candele
vigila questa notte
pregando per la salvezza
perché essa è sempre appena in vista.
Il mercato dei tessitori (Weavers Market)
Vieni e ti porterò in città con me ragazzo
a vedere i bravi tessitori di parole. Vieni a passeggiare con me
a vedere tutte le cose di cui hai sentito parlare.
Oh, la strada è breve ma dura
e la mattina è calda e giovane.Vieni e ti porterò in città con me se ti aggrada la compagnia.
Contadine e contadini
verranno a passare la giornata.
Una massa di ciondoli che balla
in allegria a proprio modo.
Compra, compra le mie arance venditrice
compra da me amico.
Non vuoi comprare da una gentile signora
se hai soldi da spendere?
Caro pescatore tu sei ragazza
il migliore di tutti, lo sai.
Chi è la tua favorita oggi?
Che preda mi fai vedere?
Ti darò la preda più grossa, amica mia pescatore
che abbia mai esposto
dato che il tuo viso è il più bello
che io abbia mai visto.
articolo e traduzioni di Roberto Fuiano
• The Amazing Blondel (1970)
• Evensong (1970)
• Fantasia Lindum (1971)
• England (1972)
• Blondel (1973)
• Mulgrave Street (1974)
• Inspiration (1975)
• Bad Dreams (1976)
• Live in Tokyo (1977)
• A Foreign Field That Is Forever England (live 1972–1973) (1996)
• Restoration (1997)
Video
Celestial Light(from Fantasia Lindum album)
Amazing Blondel - Cawdor - Austria 2000
Willowood (from Evensong album/1970)
Pavan (from Evensong)
Saxon Lady
mercoledì 15 settembre 2010
The Ramones: The endless legend!, di Paquale "Wally" Boffoli
VISITA ILNUOVO SITO DI DISTORSIONI:
Perché parlare dei Ramones in questo momento? Qual'é l'attualità che mi induce a farlo? Nessuna in particolare. Dei magnifici quattro é sempre il caso di parlare, perché sono ormai diventati col tempo un'icona del rock&roll e del punk così potente che esercita il suo fascino immortale ed imperituro continuamente e con una costanza davvero unica sia sulle nuove generazioni che su quelle già investite da tanto carisma.
Lo spunto può venire da qualsiasi cosa; questa volta da un mio contatto con Mirco Marin, artefice e da sempre guida del gruppo-sito italiano EndOftheCenturyRamones
http://it.groups.yahoo.com/group/endofthecenturyramones/ , il più notevole e duraturo dedicato ai grandi Ramones: l'occasione é stato la pubblicazione da parte del sito di un bellissimo pezzo sulla storia e sulle gesta dei quattro, che avremmo voluto pubblicare anche noi, ma motivi tecnici per il momento non risolvibili non lo rendono fattibile. Sperando in una soluzione non lontana vi propongo, integrandolo con nuove segnalazioni, un pezzo mai pubblicato che scrissi il 17/05/2001 poco dopo la morte del front-man dei Ramones, Joey Ramone, sperando possa momentaneamente sconfiggere la mia e (eventualmente) vostra crisi d'astinenza da Ramones.
REMEMBERING J O E Y
(JOEY RAMONE: May 19 1951, Forest Hills, N.Y./Apr 15 2OO1, N.Y.)
La morte di Joey Ramone a 49 anni (per un linfoma) mi induce ad una riflessione, naïf quanto volete: ti sembra impossibile che i tuoi eroi giovanili se ne vadano, sembrano indistruttibili nel tuo immaginario!
Quando ebbi la fortuna di vedere i RAMONES live nel 1980 a Roma, nel fossato di Castel Sant’ Angelo facevo parte di una piccola spedizione partita da Bari, ma non ero più tanto adolescente: andavo sui 28, così come non lo ero quando esplosero a livello mondiale nel 1976 o giù di lì con il loro primo album che tantissimi (fans ed addetti ai lavori) considerano la miccia accesa che ha provocato la deflagrazione punk degli anni a venire!!!
L'album omonimo uscito per la Sire nel 1976, 28:53, cinque stelle in AllMusic per Stephen Thomas Erlewine e cinque stelle anche per me, rimane per me il documento più significativo della loro concezione rivoluzionaria (in quel momento) di rock&roll 'marcio', fedele espressione delle nevrosi quotidiane dei kids newyorkesi che sniffano colla per andar su di giri, il 'punk' appunto!
Il fatto è che quel ‘suono’ nuovo che comprimeva in due minuti o poco meno rabbia e ribellione come mai si era udito prima, proveniente dai marciapiedi alcoolici della Bowery e dalle pareti umide del CBGB’s di New York sembrava spazzare via come un tornado tutto il rock precedente, ed era un potente antidoto fisico contro turbamenti e frustrazioni adolescenziali.
Potenza sublimante del punk: Havana Affair, Blitzkrieg Bop, Loudmouth mi facevano sentire come se avessi sconfitto le lancette inesorabili del tempo, un diciassettenne incazzato nero con il mondo e pieno di adrenalina anche senza assumere anfetamine!
Ma torniamo al concerto romano: per la cronaca 27 minuti sarebbero stati immortalati nei Bonus Features di ''Ramones Raw'', dvd del 2004 definitivo (recitano i credits) dei Ramones, oltre 5 ore di materiale filmato.
Lo show dei Ramones a Roma rimarrà scolpito in eterno nei miei ricordi, un torrido sabba consumato senza interruzione alcuna con Joey immobile al centro della scena,
caschetto spiovente, occhiali scuri, giaccone di pelle, come un’icona intoccabile perso tra fumi bluastri e rossastri, a sputare sul pubblico secondo un copione già ben collaudato ma sempre assassino storie quotidiane di emarginazione suburbana.
Ed è così che continuerò a ricordarlo, indolente, al suo posto di battaglia, mentre incita i ragazzi con pochi gesti carismatici al pogo ed alla ribellione, quella ribellione di cui ‘a qualsiasi età’ dovremmo conservare almeno una fiammella nel nostro cuore.
Dee Dee Ramone sarebbe stato trovato morto nella sua casa a Los Angeles il 5 Giugno 2002,
Johnny Ramone ci avrebbe lasciati due anni dopo, il 15 Settembre 2004 , dopo una lunga battaglia con il cancro.
DVD dei Ramones consigliati:
--- WE’RE OUTTA HERE! dvd+cd
L’ultima performance dei Ramones del 6/08/1996 al Palace di Los Angeles
(1997 Radioactive Rec./ 2004 Eagle Rock Record & Vision)
--- RAMONES RAW (2004 Image Entert. & Ramones Prod.)
--- THE STORY OF THE RAMONES
A Film by Michael Gramaglia and Jim Fields
(2005 W.M. V./Rhino/Sire)
Wally Boffoli
Video:
Now i wanna sniff some glue
Havana Affair
Loudmouth
http://www.youtube.com/watch?v=21FvWDRelhA&feature=related
Blitzkrieg Bop
http://www.youtube.com/watch?v=U5yEpGo4mv0&feature=related
53rd & 3rd
http://www.youtube.com/watch?v=qllJOwLURNc&feature=related
Commando
http://www.youtube.com/watch?v=9xmRt_2Aia0&feature=related
http://www.ramonestory.it/
http://www.ramonesworld.com/
http://www.joeyramone.com
http://www.myspace.com/joeyramone
EDITORIALE quasi doveroso ... by Wally
A tutti coloro che ci leggono, assiduamente o no; a tutti coloro che ci hanno appena conosciuti: MUSIC BOX é un rock-magazine (preferiamo a blog ... ) molto aperto musicalmente; esiste dall' ottobre 2006, mentre la M.B. Fan Club page in Facebook che ne é anteprima, vetrina
e piazza per incontrarsi e discutere, é giovanissima (é nata il 19 agosto).
Chi avesse la pazienza di spulciarlo nei suoi quasi 4 anni di vita si accorgerebbe che non ha (non ho) mai avuto remore nei confronti di nessuna branca del rock.
Ne é prova recente (ad esempio) la coesistenza di articoli su Morlocks e Brian Wilson, che agli occhi dei più ortodossi potrebbe sembrare una palese contraddizione: noi, Wally, Claudio, Crizia ... ortodossi non lo siamo per niente.
Anche se di recente abbiamo scritto molto di garage-punk vecchio e nuovo (e ne parleremo ancora), Lyres, Chesterfield Kings, Morlocks, Baby Woodrose, Miracle Workers, non siamo un magazine di garage o di punk tout-court: il punk é stato importantissimo (e lo tratteremo ampiamente) dai '70 in poi, segnando uno spartiacque musicale, estetico e culturale, ma noi non possiamo ignorare tutto quello che c'é stato prima ... e dagli anni '50 in poi c'é stato davvero moltissimo!
Per fortuna i collaboratori di Music Box rappresentano tendenze rock variegate, anche molto distanti tra loro: c'é Franco Lys Dimauro profondo conoscitore del punk e del garage-punk, ma anche Roberto Fuiano puntuale cronista di progressive (vecchio e nuovo) e folk-rock anglosassoni. Suo é il bell'articolo su Jethro Tull corredato da testi proposto da Music Box poco tempo fa: Roberto ha in serbo per noi delle gustose proposte che pubblicheremo presto.
Non quindi un magazine di hype o trend, quanto di nuove valide proposte da un lato, di ricognizione storica, riproposta e rivalutazione del dna rock dall'altro.
Ogni vostra replica e appunto a questo editoriale saranno i benvenuti, anche (se lo vorrete) al nostro indirizzo di posta elettronica: mb.musicbox@yahoo.it
MB MusicBox Fan Club page su Facebook
e piazza per incontrarsi e discutere, é giovanissima (é nata il 19 agosto).
Chi avesse la pazienza di spulciarlo nei suoi quasi 4 anni di vita si accorgerebbe che non ha (non ho) mai avuto remore nei confronti di nessuna branca del rock.
Ne é prova recente (ad esempio) la coesistenza di articoli su Morlocks e Brian Wilson, che agli occhi dei più ortodossi potrebbe sembrare una palese contraddizione: noi, Wally, Claudio, Crizia ... ortodossi non lo siamo per niente.
Anche se di recente abbiamo scritto molto di garage-punk vecchio e nuovo (e ne parleremo ancora), Lyres, Chesterfield Kings, Morlocks, Baby Woodrose, Miracle Workers, non siamo un magazine di garage o di punk tout-court: il punk é stato importantissimo (e lo tratteremo ampiamente) dai '70 in poi, segnando uno spartiacque musicale, estetico e culturale, ma noi non possiamo ignorare tutto quello che c'é stato prima ... e dagli anni '50 in poi c'é stato davvero moltissimo!
Per fortuna i collaboratori di Music Box rappresentano tendenze rock variegate, anche molto distanti tra loro: c'é Franco Lys Dimauro profondo conoscitore del punk e del garage-punk, ma anche Roberto Fuiano puntuale cronista di progressive (vecchio e nuovo) e folk-rock anglosassoni. Suo é il bell'articolo su Jethro Tull corredato da testi proposto da Music Box poco tempo fa: Roberto ha in serbo per noi delle gustose proposte che pubblicheremo presto.
Non quindi un magazine di hype o trend, quanto di nuove valide proposte da un lato, di ricognizione storica, riproposta e rivalutazione del dna rock dall'altro.
Ogni vostra replica e appunto a questo editoriale saranno i benvenuti, anche (se lo vorrete) al nostro indirizzo di posta elettronica: mb.musicbox@yahoo.it
Wally
MB MusicBox Fan Club page su Facebook
lunedì 13 settembre 2010
MIRACLE WORKERS – Inside Out (1985 - Voxx) by Franco Lys Dimauro
Portland è, nei primi anni Ottanta, una periferia dell’ Impero Americano.
Chi suona musica dal taglio “sixties” lo fa sotto l’influenza di Fred Cole e del suo negozio di dischi. Lui ha avuto il suo momento di gloria nazionale durante gli anni Sessanta con i suoi Lollipop Shoppe e la sua You must be a witch e ora ha un negozio di vecchia strumentazione d’epoca dove Gerry Mohr e Matt Rogers vanno costantemente a rifornirsi di vecchie e obsolescenti macchine da guerra. E’ con quella roba che Fred vende loro a buon mercato assieme a qualche 45 giri della sua collezione che iniziano a familiarizzare con i suoni del beat-punk e che mettono su il loro primo disco. Ma nel 1984, all’ epoca di ''1000 Micrograms'', i Miracle Workers sono una band tra le tante che cominciano a giocare con piccoli classici perduti del garage punk. Dilettanti e sporchi. Niente di più.
Buoni per passare una mezz'oretta prima di tornare a liquefarsi il cervello con i dischi di Unclaimed, Fuzztones e Chesterfield Kings.
Poi nel 1985 arriva ''Inside Out''. E i Miracle Workers diventano un band irrinunciabile.
Non una band da cantina alle prese con i Sonics e la Chocolate Watchband, voglio dire. Ma un gruppo che ti prende con tutta la tua merdosa poltrona e ti scaraventa fuori dalla finestra, con un candelotto di dinamite infilato tra le emorroidi.
Una band enorme, come più tardi ammetterà lo stesso Rudi Protrudi dei Fuzztones, finito a suonare per un brevissimo periodo con loro l’anno seguente, dopo la defezione di Joel Barnett e prima dell’ingresso di Robert Butler.
I Workers in quel periodo stanno di nuovo cambiando, fulminati dall’ascolto degli Stooges e dei Flamin’ Groovies. Gerry Mohr ha già impattato la musica degli Stooges nel 1984, sbattendo il muso sul riff lercio di Loose ma non ha ancora assimilato la lezione, non ha ancora trovato quale sia la valvola che permetta a quel mulinare rovinoso di infilarsi dentro la sua devozione per i Rolling Stones. Ma comincia già a provarci, proprio in apertura di "Inside Out": Go Now è un brano velocissimo e apparentemente incompiuto che dura due minuti scarsi e che si chiude con un classico assolo stoogesiano. Un esperimento, un tentativo, un test. Per adesso può bastare e si può tornare a fare quello che la sua band, in quel preciso momento, riesce a fare come nessun altro: suonare potentissime garage song con un grande appeal melodico.
"Inside Out" lo puoi cantare dall’ inizio alla fine e poi daccapo.
Non è ''Tyrants of teen trash'' o ''Something Weird'' e neppure ''All black ‘n hairy''.
Non devi necessariamente cacciar fuori la lingua e autoindurti il vomito per provare a cantare. Devi semplicemente lasciarti andare in questo flusso di punk rock sborrato da bassi fuzz (clamoroso quello di Hey Little Bird, unica cover del disco), organetti (Love has no time e la spirale optical di One step closer to you tra i classici di tutto il neogarage di quegli anni) e a volte carico di suggestioni folk-rock che sembrano saccheggiate di peso a band come Golliwogs o What‘s New (Tears e You‘ll know why sono roba da pelle d’oca che fa inzuppare le mutande alle groupies di quegli anni).
Chi ascolta rock‘n roll in quegli anni non può tenere ''Inside Out'' lontano dal proprio piatto per più di un giorno o due. Chi c’era se lo ricorda bene. Chi finge di essersene dimenticato o è in malafede o era stracotto per gli Spandau Ballet.
Go Now
http://www.youtube.com/watch?v=Y_o9cZ4r0tk&feature=related
Love Has no Time
http://www.youtube.com/watch?v=5lnyJoaTQ60
Tears
http://www.youtube.com/watch?v=tBML9h3E7OQ
One Step Closer to You
http://www.youtube.com/watch?v=vAV3_EzYD8o
Already Gone
http://www.youtube.com/watch?v=9AIPuHunWX4&feature=related
http://www.caio.it/musica/lettera_i/miracle.htm
http://www.myspace.com/miracleworkers1
Chi suona musica dal taglio “sixties” lo fa sotto l’influenza di Fred Cole e del suo negozio di dischi. Lui ha avuto il suo momento di gloria nazionale durante gli anni Sessanta con i suoi Lollipop Shoppe e la sua You must be a witch e ora ha un negozio di vecchia strumentazione d’epoca dove Gerry Mohr e Matt Rogers vanno costantemente a rifornirsi di vecchie e obsolescenti macchine da guerra. E’ con quella roba che Fred vende loro a buon mercato assieme a qualche 45 giri della sua collezione che iniziano a familiarizzare con i suoni del beat-punk e che mettono su il loro primo disco. Ma nel 1984, all’ epoca di ''1000 Micrograms'', i Miracle Workers sono una band tra le tante che cominciano a giocare con piccoli classici perduti del garage punk. Dilettanti e sporchi. Niente di più.
Buoni per passare una mezz'oretta prima di tornare a liquefarsi il cervello con i dischi di Unclaimed, Fuzztones e Chesterfield Kings.
Poi nel 1985 arriva ''Inside Out''. E i Miracle Workers diventano un band irrinunciabile.
Non una band da cantina alle prese con i Sonics e la Chocolate Watchband, voglio dire. Ma un gruppo che ti prende con tutta la tua merdosa poltrona e ti scaraventa fuori dalla finestra, con un candelotto di dinamite infilato tra le emorroidi.
Una band enorme, come più tardi ammetterà lo stesso Rudi Protrudi dei Fuzztones, finito a suonare per un brevissimo periodo con loro l’anno seguente, dopo la defezione di Joel Barnett e prima dell’ingresso di Robert Butler.
I Workers in quel periodo stanno di nuovo cambiando, fulminati dall’ascolto degli Stooges e dei Flamin’ Groovies. Gerry Mohr ha già impattato la musica degli Stooges nel 1984, sbattendo il muso sul riff lercio di Loose ma non ha ancora assimilato la lezione, non ha ancora trovato quale sia la valvola che permetta a quel mulinare rovinoso di infilarsi dentro la sua devozione per i Rolling Stones. Ma comincia già a provarci, proprio in apertura di "Inside Out": Go Now è un brano velocissimo e apparentemente incompiuto che dura due minuti scarsi e che si chiude con un classico assolo stoogesiano. Un esperimento, un tentativo, un test. Per adesso può bastare e si può tornare a fare quello che la sua band, in quel preciso momento, riesce a fare come nessun altro: suonare potentissime garage song con un grande appeal melodico.
"Inside Out" lo puoi cantare dall’ inizio alla fine e poi daccapo.
Non è ''Tyrants of teen trash'' o ''Something Weird'' e neppure ''All black ‘n hairy''.
Non devi necessariamente cacciar fuori la lingua e autoindurti il vomito per provare a cantare. Devi semplicemente lasciarti andare in questo flusso di punk rock sborrato da bassi fuzz (clamoroso quello di Hey Little Bird, unica cover del disco), organetti (Love has no time e la spirale optical di One step closer to you tra i classici di tutto il neogarage di quegli anni) e a volte carico di suggestioni folk-rock che sembrano saccheggiate di peso a band come Golliwogs o What‘s New (Tears e You‘ll know why sono roba da pelle d’oca che fa inzuppare le mutande alle groupies di quegli anni).
Chi ascolta rock‘n roll in quegli anni non può tenere ''Inside Out'' lontano dal proprio piatto per più di un giorno o due. Chi c’era se lo ricorda bene. Chi finge di essersene dimenticato o è in malafede o era stracotto per gli Spandau Ballet.
Franco “Lys” Dimauro
Go Now
http://www.youtube.com/watch?v=Y_o9cZ4r0tk&feature=related
Love Has no Time
http://www.youtube.com/watch?v=5lnyJoaTQ60
Tears
http://www.youtube.com/watch?v=tBML9h3E7OQ
One Step Closer to You
http://www.youtube.com/watch?v=vAV3_EzYD8o
Already Gone
http://www.youtube.com/watch?v=9AIPuHunWX4&feature=related
http://www.caio.it/musica/lettera_i/miracle.htm
http://www.myspace.com/miracleworkers1
domenica 12 settembre 2010
BABY WOODROSE: Early connection ... and ... live show in Bonn earlier this year, by Wally Boff
La danese BAD AFRO RECORDS, capitanata da Lars Krogh é dal 1996 una delle più importanti etichette garage europee: ha messo sotto contratto e pubblicato dischi di Baby Woodrose, Dragontears, Flaming Sideburns, On Trial, Defectors, Sweatmaster, Royal Beat Conspiracy, Chronics, Festermen, Burnouts, Silver, Slideshaker.
Della Bad Afro mi sono occupato molte volte su Music Box: giusto anche nel 2007 in occasione del primo decennale di vita dell'etichetta: Ten Years of Bad Afro Records - Dieci anni e più di garage-punk bollente dalla Scandinavia / 2007: DRAGONTEARS, DEFECTORS, THE SETTING SON
I Baby Woodrose di Lorenzo Woodrose, con il loro mix incendiario di hard-garage e i suoi Dragontears, psichedelici e lisergici sono a mio parere le punte di diamante della Bad Afro: li ho intervistati qualche anno fa e ne ho recensito molti dischi.
L'ultimo omonimo disco dei Baby Woodrose risale esattamente ad un anno fa e ve ne riferiremo prestissimo.
A novembre invece uscirà il terzo lavoro dei Dragontears, Turn On Tune In Fuck Off!! e naturalmente ne scriverò su M.B.
Intanto mr. Lars Krogh & Bad Afro Rec. mi hanno inviato a fine agosto un eccezionale documento: il link di un concerto dei Baby Woodrose tenutosi per la serie Rockpalast alla German TV station WDR il 20 Marzo 2010: 14 brani tratti dai loro grandissimi album, Blows Your Minds, Money For Soul, Chasing Rainblows per 57:49, quasi un'ora di straordinario rock-garage al calor bianco che ora Music Box vi dà in pasto 'generosamente' ma con piacere perverso, sperando possiate e sappiate penetrare a dovere "the raw and dirty feeling of Lorenzo and his Baby Woodrose!" (W.B.)
Baby Woodrose at Rockpalast 20/03/2010 (57:47)
http://www.wdr.de/tv/rockpalast/extra/videos/2010/0320/baby_woodrose.jsp
Baby Woodrose: Volcano
http://www.youtube.com/watch?v=2jZu6_fwCMw
Baby Woodrose: Countdown To Breakdown
http://www.youtube.com/watch?v=xFdsCqoJaHE&feature=related
Bad Afro Records
http://www.myspace.com/badafrorecords
http://www.badafro.dk/ Under Construction
Della Bad Afro mi sono occupato molte volte su Music Box: giusto anche nel 2007 in occasione del primo decennale di vita dell'etichetta: Ten Years of Bad Afro Records - Dieci anni e più di garage-punk bollente dalla Scandinavia / 2007: DRAGONTEARS, DEFECTORS, THE SETTING SON
I Baby Woodrose di Lorenzo Woodrose, con il loro mix incendiario di hard-garage e i suoi Dragontears, psichedelici e lisergici sono a mio parere le punte di diamante della Bad Afro: li ho intervistati qualche anno fa e ne ho recensito molti dischi.
L'ultimo omonimo disco dei Baby Woodrose risale esattamente ad un anno fa e ve ne riferiremo prestissimo.
A novembre invece uscirà il terzo lavoro dei Dragontears, Turn On Tune In Fuck Off!! e naturalmente ne scriverò su M.B.
Intanto mr. Lars Krogh & Bad Afro Rec. mi hanno inviato a fine agosto un eccezionale documento: il link di un concerto dei Baby Woodrose tenutosi per la serie Rockpalast alla German TV station WDR il 20 Marzo 2010: 14 brani tratti dai loro grandissimi album, Blows Your Minds, Money For Soul, Chasing Rainblows per 57:49, quasi un'ora di straordinario rock-garage al calor bianco che ora Music Box vi dà in pasto 'generosamente' ma con piacere perverso, sperando possiate e sappiate penetrare a dovere "the raw and dirty feeling of Lorenzo and his Baby Woodrose!" (W.B.)
Baby Woodrose at Rockpalast 20/03/2010 (57:47)
http://www.wdr.de/tv/rockpalast/extra/videos/2010/0320/baby_woodrose.jsp
Baby Woodrose: Volcano
http://www.youtube.com/watch?v=2jZu6_fwCMw
Baby Woodrose: Countdown To Breakdown
http://www.youtube.com/watch?v=xFdsCqoJaHE&feature=related
Bad Afro Records
http://www.myspace.com/badafrorecords
http://www.badafro.dk/ Under Construction
Music Box Restyling
Selene, Claudio e Wally sono lieti di annunciarvi il restyling di MUSIC BOX.
Selene Greco, la nostra webmaster ha fatto davvero un ottimo lavoro.
Un'altra novità: ad assisterci spiritualmente nei nostri sproloqui non sarà più Neil Young (ha fatto più che il suo dovere) ma un dissennato e politicamente poco corretto Lester Bangs; perciò siete avvisati: questo non é un blog per signorine!
Wally