PAGINE

venerdì 17 dicembre 2010

Piermatteo Carattoni, “Pagine strappate” (2010, PMS Studio/Lunatik)

"Pagine strappate” di Piermatteo Carattoni, riscopre la nobile e affascinante arte del concept album, una formula assai in voga soprattutto negli anni '70, basata sull'idea che tutte le canzoni, anziché nascere e morire in maniera fine a se stessa, seguivano il filo conduttore di un'unica trama, proprio come capitoli di un romanzo o movimenti di un'opera lirica. Per la verità se ciò non fosse specificato nelle note che accompagnano l'album, non sarebbe particolarmente immediato ricondurre la trama del concept alla parabola, ascendente e poi discendente, di un amore.
Il sound di
Carattoni, che potremmo definire un cantautore rock, è difficilmente collocabile: la partenza hard-blues di asfalto tra chitarre gustosamente sferraglianti, armonica a bocca ed un timbro di voce giocato su sonorità medio-alte, farebbe pensare a certo hard-rock anni '70, o ancora di più a certe band che negli anni '90, in piena era grunge, andavano proprio a riscoprire le pieghe più acide e psichedeliche di quell'hard. Si pensi a Blind Melon, Katmandu o Dogs d'Amour. Eppure, al tempo stesso, quel cantato rabbioso in italiano non può fare a meno di spingerci a pensare agli esordi di un Edoardo Bennato. Esattamente come le successive, piu' intimiste e melodiche Babbo Natale esiste e Cantaurora richiamano alla mente le ballad di Neil Young, ma al tempo stesso anche Alberto Fortis e Ivan Graziani. Addirittura in quel toccante elogio/non elogio della solitudine che è il brano Da soli emerge lo spettro di quello che fu il gran dissimo Claudio Rocchi del periodo "Viaggio - Volo Magico n. 1 e 2". I percorsi musicali di questa rock-opera di Piermatteo Carattoni sono esattamente questi: intrisi di anni '70 al di qua e al di la' dell'oceano, come un ponte tra il nostro cantautorato dell'epoca e quello di tradizione inglese e statunitense, con timidi echi prog (un'influenza, quest'ultima, che emerge più prepotente nell'arpeggio iniziale e nel crescendo finale della lunga E poi mi rivivrei) e psych sussurrati con grazia.
Alberto Sgarlato

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