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martedì 2 ottobre 2007

LIVE REPORT / Esteri / DEEP PURPLE, 13 /03/ 2007, Palasport Andria (BA) by Francesco Tunzi

I nostri amatissimi Deep Purple saranno di nuovo in Italia 9, 10 e 12 Novembre. La seconda volta nel corso del 2007.
La prima é stata a marzo di quest'anno, e poiché ci hanno visitato anche qui in Puglia Music Box vi propone, anche se a sei mesi di distanza, sicuri di farvi cosa gradita, il live-report del concertone in questione a cura del nostro affezionato collaboratore Francesco Tunzi che non ha potuto prepararlo prima per motivi strettamente personali !
Uno show bello ed emozionante come quelli passati e sicuramente come quelli italiani del prossimo novembre !

'I must confess that ...when i was young' non seguivo la storica band in modo particolare....in vecchiaia l'ho recuperata alla grande e devo dire che questi Purple anziani possiedono una classe ed un trasporto interpretativi davvero toccanti!
Se a ciò aggiungete che il loro ultimo lavoro, RAPTURE OF THE DEEP, é un signor disco, un mix senza tempo di classic Purple-hard, episodi dannatamente progressive e slow-ballads raffinate non si può che concludere che come gli Stones anche Gillan e c. hanno venduto l'anima al diavolo ed hanno per lui molta Sympathy ! (Wally)


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Prima tappa “meridionale” del minitour “ Rapture of the deep” dei mitici Deep Purple (le successive sono state ad Acireale e Palermo, dopo la prima effettiva in quel di Parma) nell’affollatissimo Palasport di Andria, con migliaia di appassionati giunti da ogni parte della regione per vedere uno dei gruppi storici dell’hard-rock degli anni settanta insieme ai leggendari Led Zeppelin.

C’era molta attesa per questo evento vista la rarità di tali concerti dalle nostre parti. E l’attesa non è andata delusa. Dopo l’opening act dei siciliani Volver, ecco i nostri cinque salire sul palco accolti da un boato indescrivibile. L’attacco è fulminante con “Picture of home” brano tratto da uno degli album storici “Machine head” del 1972 . Seguono poi brani come “Things I never said,Strange Kind of woman” e Rapture of the deep” che dà il titolo all’ultimo lavoro. Il gruppo, nonostante l’età, si muove sul palco con una straordinaria vitalità.
Ian Gillan ha ancora una splendida voce anche se non più graffiante come un tempo con gli acuti opportunamente dosati, Ian Paice alla batteria è la solita “locomotiva”, Roger Glover al basso è in ottima forma, Steve Morse offre un saggio di eclettismo e infine Don Airey alle tastiere non fa rimpiangere il mitico Jon Lord. Il concerto prosegue con altri brani noti al grande pubblico come “Fireball” “Black night” “Space Trucking” e “Woman from Tokyo” per poi giungere ad un assolo di Steve Morse che esegue un medley comprendente “Starway to heaven” dei Led Zeppelin,Free ride” e “Purple haze” di Hendrix e l’intro di “Roundabout” degli Yes.
Tocca poi a Airey fare un assolo alle tastiere con un accenno alla “Cavalcata delle Valchirie” passando per Genesis e E.L.P e, infine, omaggiando gli spettatori pugliesi con una divertente “Abbasce alla marina”(che il diavolo li perdoni!).
Dopo questi “intermezzi” l’atmosfera del concerto riprende ad essere tesa e vibrante con l’esecuzione di “Highway star” e di una splendida “Lazy” con l’assolo di armonica di Gillan. L’entusiasmo della gente è alle stelle ed è emozionante vedere giovanissimi e quarantenni, padri e figli accumunati dalla stessa passione e con gli sguardi adoranti verso i loro miti. Il gruppo per tutte le due ore dello spettacolo ha dato un saggio di grande virtuosismo musicale che è sempre stata la cifra stilistica dei Deep Purple rendendo inconfondibile in tutti questi anni il loro suono.
Il momento clou della serata è ovviamente “Smoke on the water” le cui prime note scatenano il pubblico che , in un autentico delirio collettivo, canta a squarciagola Il colpo d’occhio del Palazzetto gremito e festante è da brividi. Il concerto si chiude con il bis di “Hush” e con il gruppo divertito e felice per tanto entusiasmo che riceve i meritati applausi.




Testo e foto di FRANCESCO TUNZI

lunedì 1 ottobre 2007

Recensioni / Esteri : BABY WOODROSE : Chasing Rainbows, Bad Afro Records - Ottobre 2007 by Pasquale 'Wally' Boffoli

I Baby Woodrose di Chasing Rainbows hanno lo stesso sound sfavillante ed inconfondibile di Money for soul, Blows your mind, Dropout! e Love Comes Down, ma il recente side-project Dragontears del leader Lorenzo Woodrose li ha marchiati a fuoco!
La psichedelia liquida ed ossessiva che lì strabordava dai limiti angusti della song tradizionale, in Chasing Rainbows è splendidamente imbrigliata ed organizzata in 11 brani intrisi di misticismo e chiaroscuri crepuscolari, nei quali l’aggressività hard è sacrificata a favore di una vena acida più riflessiva, a volte onirica nella sua lentezza accentuata: insomma i 13th Floor Elevators (band seminale cui mi riesce più naturale accostare i B.W.) ed il Roky Erickson mistico-acidi di We sell soul piuttosto che quelli disperati di You’re gonna miss me! .
Che i Baby Woodrose siano cambiati è chiaro anche dalla ricerca palese di valori di vita più positivi ed introspettivi che traspare già dai titoli dei brani: la ricerca dell’amore di Someone to love, I’m gonna make you mine, la ricerca della luce interiore di No more darkness, la liberazione psichica e sensuale di Let yourself go, In your life, ma anche l’anelito alla bellezza cosmica di Chasing Rainbows, l’estasi lisergica di Twilight princess, Madness of your own making e delle oscure Dark twin, Renegade soul, i due brani più complessi e ‘drogati’ di Chasing Rainbows, dove i tre B.W. riescono a scavare con mesmerica intensità gli anfratti più angusti del nostro inconscio.
Ecco, il fascino incomparabile di Chasing Rainbows è la coesistenza perfetta tra i suddetti episodi ‘profondi’ e brani smaccatamente poppish come Someone to love, I’m gonna make you mine, Let Yourself go, Lilith, No more darkness, sottolineati da ricorrenti riffs all’80 % tastieristici di Lorenzo, a volte maestosi, altre mistici.
La prevalenza dell’organo negli arrangiamenti non impedisce sue fugaci ed energiche sortite chitarristiche come quella aggressiva tutta wah-wah di Let yourself go.
Affascinante la fusione chitarre elettriche/acustiche-keyboards messa in atto; geniali le numerosi intuizioni strumentali: la steel guitar delicata che permea interamente la fascinosa Lilith, sitar in grande evidenza, tambura e glockenspiel nell’orientaleggiante In your life, dalla fascinosa lunga coda strumentale.
La morbida ed omogenea successione di brani tutti mid-tempo pare rivelare l’intenzione di una concept-opera di planante psichedelia nella prima parte, più incisiva a partire dalla vitale Chasing Rainbows, sempre più introspettiva, dark ed acida giù giù attraverso Dark twin, Renegade soul sino alla conclusiva Madness of your own making, tre episodi impagabili, tre preghiere sospese tra inferno e paradiso.
Lorenzo le interpreta con intensità quasi religiosa, dilatando sorprendentemente il suo mood vocale soprattutto in Dark Twin .
Renegade soul é ricca di un flauto fatato e si dipana sulla tenebrosa seziona ritmica di Fuzz Daddy (drums) e Moody Guru (bass), tra antiche tentazioni pinkfloydiane ed abbacinanti rifrazioni 13th Floor Elevators.
Madness of your own making conclude con ispiratissima pacatezza atmosferica e conturbanti riflessioni esistenziali un’opera pressoché perfetta, che lascia presagire ulteriori mature sorprese artistiche per il futuro della band danese e della psichedelia scandinava.