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venerdì 22 dicembre 2006

ANNIVERSARI / JOE STRUMMER ( 21 Ag.1952 - 22 Dic. 2002 )

Il 22 Dicembre del 2002, quattro anni fa, moriva JOE STRUMMER.
Ho pensato di riproporvi senza cambiare una virgola il pezzo che scrissi in quei giorni per un webmagazine cui collaboravo sull'onda emotiva della notizia !
Strummer ed i CLASH sono oggi attuali più che mai e dopo la sua morte non sono mai caduti nel dimenticatoio ; per la cronaca : é in giro un cofanetto contenente tutti i loro 19 singoli + bonus tracks ed é uscito da poco in circolazione per la Image un bellissimo DVD, LET'S ROCK AGAIN, un film di Dick Rude (purtroppo senza sottotitoli in italiano) girato durante il tour di Strummer con la sua nuova band The Mescaleros per promuovere il loro secondo lavoro Global A Go-Go, proprio poco prima il suo decesso. Ve lo consiglio caldamente, la copertina é qui a fianco !
Ciao Joe...ci manchi !





GIORNI DI PASSIONE PUNK

Una vera e propria doccia fredda: la notizia della morte di JOE STRUMMER, risalente al giorno 22/12, é una vera e propria doccia fredda...proprio quando ci giungevano notizie di una frenetica attività artistica del musicista inglese, diviso tra la preparazione del nuovo album con i suoi Mescaleros, previsto per i primi mesi del 2003... esecuzioni 'live' con il vecchio compagno Mick Jones di mitici brani dei Clash...e ciliegina sulla torta, ci aveva esaltato l'anteprima di una reunion dei Clash (anche se occasionale) per il 10 Marzo 2003 in vista del loro ingresso nella Rock and Roll Hall Of Fame.
No...é banale... ma non riesco a farmene una ragione, un altro GRANDISSIMO della nostra musica ci ha lasciato!Il nuovo millennio non é proprio tenero con il mondo del rock%roll e del punk: é una bruttissima luttuosa teoria iniziata nel 2001 con le morti di Joey Ramone (15/4) e di George Harrison (29/11) e continuata nel 2002 con le scomparse di John Entwhistle (27/6) e Dee Dee Ramone (5/6)...tutti artisti fondamentali per la storia del rock!!!
Purtroppo il 2002 ci lascia in eredità proprio sul suo declinare un'altra gravissima perdita: Joe Strummer é stato un protagonista assoluto della storia del punk inglese esploso in quei giorni indimenticabili risalenti alla seconda metà degli anni '70, era un musicista generoso e passionario che sin dalla gavetta giovanile per le strade e nei pubs di Londra aveva completamente eliminato qualsiasi barriera tra vita vissuta e rock&roll ( militava allora nei 101'ers); subito dopo, con l'immedesimazione totale nel clima infuocato del punk a cominciare dal '76-'77 giù fino agli anni '80, con i dischi ed i concerti dei Clash professa senza riserve la fede in una musica che é formidabile martello 'politico' per esprimere le tensioni punk- ribellistiche di una gioventù e degli strati sociali più emarginati anglosassoni, delle numerose e disagiate minoranze (!?) etniche; anche se ad onor del vero non mancano (soprattutto negli anni '80…quando sono accusati di essersi ammorbiditi!) da parte delle frangie più estremistiche e di certa stampa pesanti attacchi alla credibilità e buona fede delle loro posizioni politiche.
Grandissima rimane in ogni caso la rivoluzionaria operazione di sintesi musicale-artistica soprattutto tra punk e cultura giamaicana operata in seno ai Clash al 90 % proprio dal talento passionario di Joe Strummer.. a cominciare dal glorioso incazzatissimo omonimo THE CLASH del 1977 e dal seguente epico GIVE'EM ENOUGH ROPE, prodotto da Sandy Pearlman: punk infuocato, virile rock&roll, blues, r&b, reggae, dub, ska, ragamuffin'confluiscono in un visionario multietnico meltin'pot soprattutto attraverso opere che rimangono pietre miliari come il doppio LONDON CALLING (1979) ed il triplo SANDINISTA (1980), che non finiremo mai di amare ed esplorare, veri 'vangeli' per le generazioni/bands rock-punk immediatamente successive e per quelle a venire di questo millennio !
Joe Strummer anche a Clash disciolti ha continuato dritto e coerente per la sua strada, non partecipando mai al circo del rock mainstream, conservando le sue convinzioni politiche antimperialiste ed anticapitalistiche, legando sempre il suo nome ad artisti non compromessi e geniali come Shane McGowan, etilico e sdentatissimo leader dei Pogues ed il regista underground americano (ex musicista, era negli anni '80 negli sperimentali Del Bizantinees) Jim Jarmush: con quest'ultimo girerà Mystery Train, lasciandoci una rilassata ed efficace interpretazione.
Ma i suoi rapporti con il cinema negli anni '80 sono abbastanza intensi: per il regista punk Alex Cox scrive alcuni brani per la colonna sonora di Sid and Nancy e fa delle apparizioni in Walker (di cui cura anche la la soundtrack) e Straight To Hell, con Robert Frank gira Candy Mountain.
Realizza un paio di album solisti e continua nei '90 la sua attività musicale e live con The Mescaleros sino a nuovo millennio iniziato.


THE CLASH 'LIVE' -- FIRENZE -- 23/5/1981

Io comunque lo ricorderò sempre soprattutto legato al periodo di fuoco con i Clash sino a quei primissimi '80 quando si esibirono anche in Italia: memorabile il concerto di Bologna in Piazza Maggiore del 1980 e quello del 23/5/1981 nello stadio di Firenze in occasione dell' '81 Mission Impossible Tour; io c'ero...ci furono molte polemiche per la disorganizzazione di quell'avvenimento. Vorrei concludere questo ricordo che davvero non avrei mai voluto scrivere con il tono entusiasta di quanto scrissi in quel 1981 al ritorno da Firenze su Blacks/Radio, la fanzine che realizzavo in quegli anni in collaborazione con Stampa Alternativa:

” …A Firenze, in due ore, tra concerto e bis vari i Clash hanno dato veramente tutto come se fosse la loro ultima esibizione e non quella di un gruppo ormai affermato a livello internazionale sviscerando sino in fondo la carica ed i significati di ogni brano. Come riuscire a rendere le emozioni procurateci dalla loro amalgama emozionante di rock/reggae/dub e musica nera centro-sud americana nelle interpretazioni di brani come Wrong'Em Boyo, One More Time, Charlie Don't surf, Guns Of Brixton, The Call-Up (particolarmente trascinanti ed ipnotiche queste ultime due!), tutte dilatate e reinterpretate con una potenza da mozzare il fiato. Mentre si faceva sera... Justice Tonight/Kick It Over, Armagideon Time, con le invocazioni laceranti al cielo di un grandissimo Joe Strummer...le braccia spalancate, movenze da rasta-man ad urlare con voce straziante e commovente lo sdegno incommensurabile di un bianco per le ingiustizie sofferte dai fratelli di colore giamaicani. Penso non esista nessuno in questo momento in grado di eguagliare la sua tremenda e drammatica carica interpretativa, e Strummer riusciva a provocare la risposta-eco di non so quante migliaia di ragazzi: il massimo di feeling reciproco si é verificato senz'altro durante l'esecuzione di Bankrobber...”.


Momenti assolutamente indimenticabili...storici!
Questo Natale..invece...funestato dalla morte improvvisa di Joe Strummer che ci getta in un profondo sconforto... per me e credo per tutti quelli che lo hanno sempre amato non é certo un Natale dei migliori.

PASQUALE BOFFOLI

http://www.radioclash.it/
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fhomepage.mac.com%2Fblackmarketclash%2FBands%2FClash%2Frecordings%2F1981%2F81-05-23_Florence%2F81-05-23_Florence.html&h=4fe13

www.joestrummer.com

mercoledì 20 dicembre 2006

Collaborations/ LIVE REPORT, Esteri / Saalfelden Jazz Festival, 25-26-27 Agosto 2006 by Marcello Rizza

A sorpresa Marcello Rizza mi ha inviato un suo live-report di un festival jazz molto particolare visto in Austria questa estate, esprimendo qualche dubbio acché io lo pubblicassi.
Ne approfitto per puntualizzare non solo al caro Marcello ma a tutti i lettori di questo blogspot , che in realtà é un sito musicale a tutti gli effetti, l'apertura a 360° con cui il sottoscritto ha voluto caratterizzarlo sin dalla sua nascita.
Devo essere sincero : ignoravo l'esistenza di questo festival e dei gruppi che vi si sono esibiti, il cui approccio al jazz a quanto ci riferisce Marcello é tutt'altro che ortodosso. Allora grazie Marcello per aver arricchito il nostro spettro sonoro.

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Quest'anno ho fatto le ferie a Saalfelden. Non è stato un caso. La ridente cittadina austriaca da anni ospita un Jazz-festival notissimo agli amanti del jazz sperimentale. Ma che ci fa un appassionato di sixties e di rock in una rassegna del genere? Leggete…leggete! C'è jazz e jazz! Questo è Jazz con gli attributi!
La qualità dei 15 gruppi intervenuti era altissima, inoltre è qualcosa di più che un Umbria Jazz, dove ormai puoi vederci suonare anche Santana, bensì è un festival di gran qualità e assolutamente rigoroso per quanto riguarda la qualità musicale. E' un festival che predilige il free jazz e il jazz più sperimentale, inquinato dai vari generi rock, blues, classico, ambient, industrial, elettronica e chi più ne ha più ne metta. Alcuni gruppi mi hanno letteralmente fatto impazzire, mentre altri li ho ammirati per le loro grandi capacità espressive ed artisitiche.
Il prezzo pagato, 105 Euro, ne valeva la pena.
Partendo dal Venerdì 25 agosto, giorno del mio arrivo, dei gruppi visti, quelli che mi hanno sinceramente colpito sono stati i seguenti, in ordine di apparizione: alle 22,00 i finnici RINNERADIO, assolutamente favolosi e i miei preferiti in tutto il corso della manifestazione: spaziali, ampi ed analogici, con Tapani Rinne che suona un clarinetto ispirato, Juuso Hannukainen che ipnotizza con le sue percussioni eleganti, Iro Haarla che suona arpa e pianoforte e che inserisce l'elemento glaciale che "disturba" le lunghe suite e finendo con Verneri Lumi che interviene solamente nella fase finale dei lunghimomenti musicali e che funge da dj che miscela suoni elettronici alla Kraftwerk.
E ad un incrocio tra i tedschi Kraftwerk, i Porcupine Tree e i Soft Machine riesco a leggere una chiave di lettura per questo gruppo, che di Jazz ha offerto veramente poco e di emozioni vere ha offerto moltissimo. Ho cercato informazioni in net su questo gruppo e ho scoperto che nell'ambito della sperimentazione jazz ha un grandissimo seguito. Consiglio peraltro il loro ultimo CD, “Plus”, etichetta Rockadillo (2006) che, oltre ai brani musicali offre un loro concerto in DVD.
Alle 23,30, poi, è seguito uno spettacolo della statunitense Christian McBride Band. Questo "cristiano" c'ha le palle, ragazzi! Ha due mani che sembrano due pizze margherite mentre inizia con un contrabbasso dalle corde certamente rinforzate. Questo è un jazz duro ma certamente jazz. Il tocco statunitense da sempre a ogni spettacolo un elemento dominante duro, sferzante. Anche questo non si discosta. Un gran bel jazz suonato come si suona il rock. Ma ancora più potente diventa il suono quando dal maltrattato contrabbasso Christian passa a suonare il basso elettrico. Che potenza, figlioli! E come diventa difficile capire quanto di jazz resti e quanto di blues e rock sia ormai entrato nel tessuto ritmico!

Sabato 26 agosto il programma iniziava alle 16.00. Il primo artista, Klaus Gesing, l’ho perso perché ero andato a visitare dal mattino la vicina Salisburgo. Alle 17,30 c’è stato quell’artista “malato” di sperimentazione che si chiama MARC RIBOT (USA).
Il “tipo” è famoso per spettacoli d’avanguardia dove, per esempio, suona la chitarra da solo mentre coi piedi scoppia palloncini! Stavolta lascia la sperimentazione e la genialità alla band che l’accompagna, la Lucien Dubuis Trio (Svezia), prestando nell’occasione il suo grande talento chitarristico. Veramente un grande spettacolo!
Ribot suona la chitarra prevalentemente sfruttando l’insegnamento di Robert Fripp, ma non disdegnando in un brano di suonare alla Peter Frampton. Suono che a volte è ispirato e melodico, a volte cerebrale, a volte potente. E se Marc Ribot guadagna in maniera impeccabile il suo cachet è invece questo pelato e spilungone di Lucien Dubuis, certamente meno conosciuto di Ribot, che col sassofono ne combina di tutti i colori e che conquista il mio cuore musicale. Con gli strumenti a fiato che utilizza ha un rapporto d’amore più animale che cerebrale. Il bocchino sembra che lo mastichi, i fiati sono sputacchiati a non finire, gli strumenti sotto le sue frenetiche dita suonano ma anche parlano, sussurrano, gemono, urlano. Non ci credete, vero se come esempi mi vengono ancora in mente gruppi rock piuttosto che jazz? E allora…ecco che, soprattutto per la chitarra, mi vengono in mente i King Crimson più sperimentali, quelli di lavori come “The Construktions of Light” (2000), mentre per i fiati scomodo i lavori messi in cantiere dai redivivi Van der Graaf Generator nel secondo CD del loro ultimo album “Present” (2005) e dal grande David Jackson.
Non è un caso se questo Jazz Festival mi ha “preso” così tanto! Così come è non un caso che salti a piè pari i gruppi che esprimono un grande jazz più classico che però conosco poco e che non posso quindi commentare con cognizione di causa.
Passo quindi a descrivere l’ultimo concerto delle 23,30, quello di Bobby Previte & The Coalition of the Willing (USA). Bobby, da informazioni assunte, è un batterista abbastanza classico nel panorama jazz statunitense, sebbene ami collaborare spesso con vari artisti in progetti differenti. Questo volta il progetto coi suoi compagni di viaggio è sicuramente in chiave rock. Sinceramente…non ho capito dove sia intervenuto il jazz nei pezzi che hanno eseguito con forza, se non solo in alcuni momenti nei pezzi ispirati e solisti che Robert Walter, omone molto beat negli atteggiamenti e nel look, inventava con un hammond a cui faceva rendere suoni improbabili per lo strumento! Stupefacente! Forse, in questo caso, i due chitarristi nei primi due brani non sono sembrati subito in sintonia. Hanno però recuperato successivamente contribuendo finalmente alla grande festa rock che veniva celebrata dall’entusiasmo e dalle capacità percussive di Bobby. Grande, grandissima prova!

Ed eccomi qui a raccontarvi dell’ultima giornata a Saalfelden.
I concerti iniziano alle 14,30. Il primo è di ottima fattura jazz, abbastanza classico, quel jazz che non conosco bene e di cui pertanto non parlo. Il secondo è particolare perché è dedicato a Robert Wyatt. Alcune composizioni della scena Canterbury occhieggiano al free jazz, quindi nulla di strano. E’ che in questo caso succede il contrario, ovvero è l’artista che occhieggia al genio compositivo del barbuto personaggio e ne coglie l’incipit per poi lanciarsi nel suo ambito jazz che meglio interpreta. Le arie di alcune canzoni di Robert Wyatt vengono “sassofononate” da MAX NAGL all’inizio dei brani ma è solo il pretesto per poi abbandonarsi a un free jazz che colpisce per il saper congiungere la strumentazione classica del jazz con una spazialità resa tale dall’intervento delle valide tastiere attivate da Clemens Wenger. Ho preso sul posto il CD del concerto, che si intitola “Market Rasen”, e i pezzi del nostro Robert rivisti da Max Nagl sono i seguenti: “5 black notes and 1 white note”,Alliance”,Cp jeebies”,Born again cretin”,Box 25/4 lid”,The british road”,Gharbzadegl”.
Non è un CD per chi non è aduso a sonorità jazz ma è sicuramente un must per i completisti del mondo Canterbury e propriamente di Robert Wyatt. Nell’interno di copertina c’è la foto di Robert nel suo giardino scattata nel 2003 e il testo della canzone “Alliance” firmata dall’autore.
Arriva dopo il divertentissimo e scatenato batterista Herbert Pinker; che personaggio strano! E’ abilissimo e molto aggressivo, tanto che l’ambiente free jazz, fatto di arresti improvvisi e di tempi spesso rallentati, sembrano influire sullo slancio che il personaggio prende sulla batteria. Dico con attenzione “sembrano”…e in effetti è curioso vederlo mentre si arresta rispettoso del copione assegnatogli e pare, in quella frazione di momento, che possa perdere l’equilibrio sopra i piatti e i tamburi.
Ma non cade mai, anzi riprende sullo slancio senza perdere una battuta e aggredendo con tutta la sua magrezza possibile gli strumenti sotto di lui. Riuscirà, nell’esecuzione, a rompere una bacchetta e a far saltare un piatto! Grandissimo e divertente. Questa di domenica è una sessione musicale importante. Anche col successivo concerto si assiste a uno spettacolo particolarissimo. Gli organizzatori della kermesse prenderanno atto, certamente, che dopo il secondo pezzo di questi malati di mente che si chiamano AHLEUCHATISTAS (USA) metà delle sedie del teatro si erano svuotate. Chi è rimasto è perché ama il rock e soprattutto quello pestato duro. E’ difficile classificare questo genere di musica.
E’ difficile capire la scelta degli organizzatori di inserire questo gruppo all’interno di una rassegna jazz, seppure assolutamente aperta alla sperimentazione.
Nel loro CD “What you will” (Cuneiform records 2006) gli stessi artisti si giudicano, pensate!: avant-technical, post-Beefheart, improv-core, math-metal, art-damage, punk-rock!!! Chiaro? Mica tanto! Dovrò ascoltare molto e molto attentamente il loro CD, ma da subito mi sento di dire che mi ricordano per alcuni aspetti il prog nordico alla Anekdoten e che si presentano scenicamente molto simili, anche fisicamente, ai Lord of Altamont che ho avuto la possibilità di vedere a Isola Rizza alla manifestazione Beat Epoque.
Oltretutto il CD è un po’ meno duro di quello che hanno mostrato sul palco, nel quale il leader e pazzo percussionista Sean Dail ha strapazzato gli strumenti è ha dato sfoggio dei suoi tanti tatuaggi in una esibizione edonistica. Sto scrivendo e ascoltando il CD…e in effetti riesco a cogliere alcuni (solo alcuni) sprazzi di free jazz…ma al concerto presentato a Saalfelden non se ne è sentita traccia!
E’ un finale di kermesse musicale tutta statunitense quella che segue. Ora dovrei scrivere righe e righe del pezzo forte della manifestazione musicale, del personaggio che tutti aspettavano da tre giorni: STEVE COLEMAN.
Risolverò il tutto, sempre per la mia iper dichiarata incapacità di giudicare un certo tipo di jazz, dicendo che dal punto di vista esecutivo lui e il suo quintetto sono stati impeccabili. Sassofonista e compositore, pur giovane non si danna l’anima come ho visto fare ad altri, anzi gigioneggia dall’alto della sua posizione privilegiata e riesce comunque a gestire la band e a coinvolgere il pubblico che gli tributerà l’applauso più lungo dei tre giorni trascorsi in teatro. Ne prendo atto. Io non ho capito bene la sua performance.
La serata finirà poi con la JASON MORAN'S BANDWAGON.
Divertentissimi! Si…ma sono un gruppo Blues! Ha voglia Jason Moran di tessere melodie sofisticate…gli altri se ne sbattono e suonano del grintoso e delizioso blues. E allora…Jason s’adegua, sperimenta, improvvisa, e vedi che comincia a suonare qualsiasi cosa gli venga in mente in quel momento. Le note del pianoforte intonano Jimi Hendrix, poi passano magicamente alla eighties “Trans europe espress” dei Kraftwerk…poi ritorna con un improbabile melodico esercizio, a proporre la sixties “Psiche Rock” di Pierre Henry…e chissà quante altre cose che non ho riconosciuto lui si diverte a intonare col suo melodico e divertente pianoforte!
E, tutti neri come il carbone e tutti validi, danno il loro divertente contributo e si intuisce che la scelta di far chiudere lo spettacolo a questi tizi è per lasciare un divertito ricordo della manifestazione.
L’anno prossimo andrò ancora a questa manifestazione. Non credo potrò mai più mancarci!
Chissà che non ci si riesca ad andare con qualcuno di voi?
MARCELLO RIZZA