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domenica 31 dicembre 2006

TOM WAITS: "Orphans" (3 CD) & "Burma Shave" (DVD, 2006)

Concludo questo 2006 in bellezza: con un articolo-fiume sull'ultima opera di TOM WAITS e su un suo recente DVD . Poteva esserci modo migliore per siglare i primi tre mesi di questo nuovo sito/blog musicale ma non solo? Tanti auguri e 'fatevi' di blues con Tom sino a notte inoltrata ed a 2007 subentrato! Se non dovessi ottemperare al solito palloso tradizionale cenone (con...quanti tipi ? Boh !) resterei molto volentieri sino ed oltre mezzanotte solo con Tom ed i suoi 'Orfani'!


TOM WAITS ha pensato bene di farci passare delle felici feste di fine anno producendo e pubblicando per la Anti Rec. ORPHANS : Brawlers, Bawlers & Bastards, un triplo cd di brani estratti da un catalogo credo privato pressocché inesauribile (ma forse ora si è esaurito?), quello suo e di sua moglie Kathleen Brennan.
Difficile credere che questo ghiotto flusso di coscienza ispirativo, 56 songs di cui 30 new recordings, veda la luce per la prima volta.
Occorre dirlo ? Si tratta di brani che neanche per un attimo segnano un calo d’ispirazione e d’interesse per l’ascoltatore e che sublimano volti diversi della sfaccettata arte americana di Waits: chi lo ama li conosce bene! Il blues prima di tutto : Brawlers, il primo cd è intriso di blues sino al midollo, blues come solo Tom sa cantare, rabbiosi, stizzosi, colmi di malinconia cosmica e faringite cronica !
Blues che distruggono qualsiasi estetica scolastica del come si dovrebbe cantarlo, blues catarrosi e scheletrici come Ain’t Goin’ Down To The Well firmato Leadbelly e Alan Lomax (maltrattato e trashizzato), Low Down o il traditional Lord I’ve Been Changed nei quali l’armonica sussultante e palpitante del veterano Charlie Musselwhite e la chitarra aguzza del solito insostituibile stregone Marc Ribot disdicono tutti gli impegni : hanno appuntamento con Tom ed il diavolo presso fatidici crossroads per ricalcare con lui le orme di uno che il blues del delta del Mississippi e di Howlin’ Wolf lo stravolse come mai nessuno prima, rendendolo poltiglia inudibile ed ululante, quel Don Van Vliet meglio conosciuto come Captain Beefheart ! Come il capitano il Waits di Orphans è un lupo allo stato brado, libero di dilaniarci l’anima come e quando vuole! Quelli di Brawlers sono incazzamenti blues che ignorano la fredda logica tecnica accademico/borghese dei masters…che a cantarli vorrebbero insegnare (che Dio perdoni coloro che ne sono convinti!) .
Gente !!! Waits ci ha insegnato dai suoi esordi che se non si inseguono con masochismo per materializzarli i propri fantasmi esistenziali, se non si svuota l’anima dalla zavorra quotidiana con la stessa urgenza di un defecamento da diarrea nel primo cesso a portata di mano, se non si sanno trasformare i limiti delle corde vocali in paurosi rantoli fuligginosi, il blues rimane una chimera.
Godetevi perciò sino allo sfinimento il primo dischetto zeppo di stomp-blues catacombali, rachitici, sghembi come 2:19, Fish In The Jailhouse, ma anche del rockabilly malato di Lie To Me e All The Time, dello sgraziato folk-hip hop (ebbene sì!) di Lucinda, del banjou paludoso di Puttin’ On The Dog, del desolato boulevard di Road To Peace, del raw-spiritual di Walk Away.
Bawlers secondo cd, è florilegio di ballate rassegnate ma stizzose, claudicanti, a tempo di valzer, commoventi, crudeli che fanno della povertà strumentale e del trionfo del lo-fi le loro armi vincenti, come del resto anche gli altri due cd.
Un violino, poche parche percussioni, fiati accorati, e a farci piangere il timbro perennemente arrocchito del signor Waits; il suo vocione scostante e colmo di tenero pathos è come una pellicola cinematografica: vi scorrono mille vite, mille grandi e piccoli sentimenti e risentimenti, mille storie di ordinaria miseria quotidiana.
Naturalmente alcune ballate mi fanno piangere di più: Widow’s Grove, dal mood irish-folk, la nostalgica struggente You Can Never Hold Back Spring, la minimale If I Have To Go, Fannin Street (che pare una romantica outtake dei primissimi acerbi lavori di Tom), la disperata e ruggente Down There By The Train.
Il terzo cd Bastards invece travolge con gli esperimenti ‘bastardi’ del passato a cominciare dagli innamoramenti mitteleuropei d’annata della marziale What Keep Mankind Alive di Weill/Brecht, rudi e sgraziati poetry minimali tratti da Bukowsky (Nirvana), Jack Kerouac (Home I’ll Never Be), Children’s Story dal Woyzeck di Georg Buckner sino alle misteriose disquisizioni sugli insetti di Army Ants tratte dalla World Book Enciclopedia; omaggi a lapalissiane icone letterario/esistenziali di Tom, sproloqui appoggiati su larvati e deraglianti tessuti sonori dal sentore di fetidi underground ferroviari/metropolitani, magari concepiti con quei musicisti ‘bastardi’ che lo seguono come cani ‘sotto la pioggia’ proprio in quella officina meccanica che Tom ama più di sua moglie e della sua musica, e dalla quale Kathleen è riuscita (per nostra fortuna!) a distoglierlo : se Tom avesse, come voleva, abbandonare per essa la scena avremmo perso uno dei pochi autentici perversi genii musicali ancora in circolazione.
Ed ancora, a sorpresa, in ordine sparso ; due omaggi ai fratellini Ramones: il punkaccio anomalo e sporchissimo di The Return Of Jackie And Judy su Brawlers, l’agrodolce Danny Says, colma di romanticismo suburbano su Bawlers.
L’epica e struggente ballata Sea Of Love ( Khour / Baptiste), gli anni ’50 maltrattati ed iniettati di vetriolo, On The Road con parole di Kerouac, ennesima genuflessione alla beatnick generation di cui è figlio legittimo sin dagli inizi della sua carriera (Closing Time, Heart Of Saturday Night, Nighthawks At The Diner…) , la fangosa e torbida Buzz Fledderjohn (sembra registrata in una pausa di lavoro nei campi nel cortile di una vecchia fattoria del Sud degli States tra armonica, dobro e cani che abbaiono), il gospel etilico Rains On Me composta insieme al vecchio compagno di sbronze Chuck Weiss: ‘ ..everywhere i go it rains on me !’ .
Che ci vuoi fare Tom…la vita non è facile per nessuno!
I tre dischi di Orphans sono un monumento alla sporcizia e all’autenticità di un artista/autore unico cui bastererebbe per essere felice armeggiare con chiavi inglesi, pistoni ed olio motore…; una palude insidiosa disseminata di sporchi e maleodoranti acquitrini e di sabbie mobili, ma sarà un vero piacere per noi appuzzolirci e sporcarci gli stivali sino a scomparirci nel 2007, nel 2008, nel 2009, nel 2010 etc.
Sempre per quanto riguarda Waits vi consiglio caldamente un DVD tedesco, BURMA SHAVE (Ace Ent.) in circolazione negli ultimi mesi del 2006, con registrazioni live e brani risalenti alla seconda metà degli anni ’70 : sto parlando di album epocali come Nighthawks At The Diner (1975), Small Change (1976), Foreign Affairs (1977) e Blue Valentine (1978) e di un Waits allora sbalorditivo crooner jazz/blues tutto bourbon & cigarettes!
Eccezionali versioni recitate e spoken words di Summertime e Burma Shave su lenti tappeti bluesati e jazz da brivido…Tom confuso e vacillante, prolisso, sigaretta incollata al labbro, capelli arruffati…un lampione, brandelli sputati e catarrosi di Romeo che sanguina, On The Nickel, Annie é tornata in città, Una cartolina di natale da Minneapolis e ... Vorrei essere a New Orleans!
Tanti medley ; persino Silent Night : perciò un ottimo regalo per le feste natalizie a chi volete bene!
Le immagini sono sgranate ma chi se ne frega … l’effetto nebbia giova decisamente a questo Waits d’annata perso nelle sue romantiche e disilluse storie d’amore suburbane e in faticosi risvegli da nottate jazz in clubs di infima categoria. IMPERDIBILI ENTRAMBI !!!
Pasquale "Wally" Boffoli

http://www.officialtomwaits.com/main.htm
http://www.tomwaits.it/
http://www.tomwaits.com/


Video: Lie To Me http://media.anti.com/tom_waits/orphans/lietome.mov
Audio: ascolta "You can never hold back spring"

DEATHS / DITTATORI A CONFRONTO: Saddam Hussein (1937 / Dec.30 2006) - Augusto Pinochet (1915 / Dec.10 2006) by Pasquale Boffoli

Non vorrei rovinarvi il capodanno 2006, ma due dittatori che muoiono nello stesso mese a distanza di 20 giorni non é cosa di tutti i giorni; due criminali sanguinari in meno, certo !
Ma c'é qualcosa .. anzi più di qualcosa che non quadra in queste morti se sottoposte a metodo comparativo, cosa che mi é venuta spontanea come fare questo pezzo di getto.
Sono davvero disgustato ed incazzato


Questi i fatti:

Il presidente George W. Bush ha parlato di un "atto di giustizia", frutto di un processo "equo" .
Ecco, queste sono state le parole del nostro carissimo capo di governo americano dopo la notizia dell’impiccagione (comminata dal Tribunale speciale iracheno che lo ha giudicato colpevole di crimini contro l'umanità per il massacro di Dujail, nel 1982…ma fortemente voluta da Bush…secondo Pannella; come dargli torto?) a 69 anni (1937 / 2006) dell’ex-dittatore Saddam Hussein , sanguinario autore di crimini contro l’umanità, avvenuta all’alba del 30 dicembre.
Altri commenti:
Tony Blair : ‘ Rispettiamo la decisione del governo iracheno’.
Israele : ‘ Giustizia è stata fatta ! ‘ .
Calderoli (Lega Nord) : Prego e provo pieta' per Saddam Hussein, ma era necessario che pagasse per le barbarie e i crimini che aveva commesso ‘ .

Certo caro George…giustizia è stata fatta, ed anche molto velocemente in questo caso !

Vorrei dire comunque a tutti questi signori ( se me ne fosse data possibilità!), gli unici che non si sono uniti all’unanime sdegno obiettivo del mondo occidentale per l’ esistenza della pena di morte a nuovo millennio iniziato…
all’ipocrita Tony, al delirante (da sempre) Calderoli, ai cari amici israeliani, ma soprattutto al sign.Bush, che appena 20 giorni prima, il 10 dicembre a Santiago del Cile è morto in ospedale in seguito ad un attacco di cuore e circondato dai suoi familiari un altro famoso ex-dittatore autore di crimini contro l’umanità, Augusto Pinochet, che nessuno di essi ipocritamente ( e questo termine è un colossale eufemismo!) ha pronunciato la benché minima parola sull’avvenimento….un vero vergognoso colpo di spugna ! Casuale? Lascio a chi mi legge commenti e giudizi a riguardo!
Pinochet è riuscito a non subire mai sino alla fine alcun processo davanti ad un tribunale del suo paese (al contrario di Saddam Hussein)… se l’è cavata ! Che mi dici a riguardo George, simpaticone ???
Uniche controindicazioni ? Non è stato proclamato quando è morto in Cile il lutto nazionale e non ha avuto i funerali di stato…..mi pare se la sia cavata cavata egregiamente…o no ?
Vorrei ricordare se permettete qualche marachella di Augusto, lasciato allegramente andare nell’ultimo decennio per motivi di salute dal Cile in Inghilterra e ritorno alla luce del sole con il beneplacito dei suoi amici di Washington :

Riporto da biografie.leonardo.it :

“ Il Generale Augusto Pinochet Ugarte, nato a Valparaiso il 25 novembre 1915, è passato alla storia come uno dei più disumani dittatori del Novecento, tristemente celebre per la barbara eliminazione dei suoi oppositori. Durante la sua feroce dittatura, durata dal 1973 al 1990, furono torturate, uccise e fatte barbaramente sparire almeno trentamila persone, gli uomini di Unidad Popolar, la coalizione di Allende, militanti dei partiti comunista, socialista e democristiano, accademici, professionisti, religiosi, studenti ed operai “ .

Ed ancora:

“ Dal 1973 al 1990 dunque il mondo fu testimone di migliaia di sparizioni, decine di migliaia di arresti, torture ed esilii. Tutto si concluse, apparentemente, con il "Plebiscito" del 1989, proposto dalla stessa giunta pinochetista. Il rifiuto a Pinochet scaturito dal plebiscito, in realtà fu una farsa che portò ad una pseudo-democrazia nella quale l'ex dittatore mantenne la carica di comandante supremo delle forze armate.
La costituzione emanata dalla dittatura rimase invariata; i delitti commessi furono "liquidati" con l'attuazione della politica della riconciliazione nazionale; l'omicidio di Stato nei confronti di coloro che denunciavano il proseguo della repressione ai danni dell'opposizione rimaneva una realtà; l'assegnazione a Pinochet, una volta in pensione, della carica di Senatore a vita con conseguente immunità ed impunità venne difesa ferocemente.
La "caduta" di Pinochet, fino a poco tempo fa considerato in Cile un intoccabile (negli ambienti militari ha ancora numerosi seguaci), è iniziata il 22 settembre del 1998, quando l'ex generale andò a Londra per una operazione chirurgica. Amnesty International e altre organizzazioni chiesero subito il suo arresto per violazione dei diritti umani.
Pochi giorni dopo il giudice spagnolo Baltasar Garzon emise un mandato di cattura internazionale, chiedendo di incriminare il generale per la morte di cittadini spagnoli durante la dittatura cilena.
A sostegno di questa richiesta si espressero le sentenze dell'Audiencia Nacional di Madrid e della Camera dei Lords di Londra, richiamandosi al principio della difesa universale dei Diritti dell'Uomo e stabilendo rispettivamente che la Giustizia spagnola era competente per giudicare i fatti avvenuti durante la dittatura militare in Cile - dal momento che si tratta di "crimini contro l'umanità" che colpiscono, come soggetto giuridico, il genere umano nel suo insieme - e che i presunti autori di gravi delitti contro l'umanità, come appunto Pinochet, non godono di immunità per i loro crimini, neanche se si tratta di capi di Stato o ex capi di Stato.
Purtroppo il Ministro dell'Interno del Regno Unito, il laburista Jack Straw, il 2 marzo 2000 decise di liberare Pinochet e di permettere il suo ritorno in Cile, negando quindi l'estradizione e adducendo "ragioni umanitarie": un'espressione che suonò come un insulto alla memoria e al dolore dei familiari delle migliaia di vittime della sua dittatura.
A Santiago il giudice Guzman continua la sua inchiesta contro Pinochet, ma il vecchio ex dittatore resiste in tutti i modi per non essere portato davanti a un tribunale del suo Paese, quel Cile che per oltre vent'anni ha dominato col pugno di ferro. In seguito ad un attacco di cuore, Pinochet muore il 10 dicembre 2006 dopo alcune settimane di degenza nell'ospedale militare di Santiago, a 91 anni. “

E tu caro George, e tu caro ipocrita Tony come mai sino alla fine di tutta questa lunga storia non vi siete mai pronunciati ?
Forse perché George, hai ricordato un po’ colpevolmente il ruolo avuto dal tuo paese e dalla Cia in quel golpe del 1973 che vide l’avvento di Pinochet e durante il quale morì l’allora presidente della repubblica Salvator Allende? Forse … ?
Concludo : Saddam è stato impiccato !
Pinochet se l’è cavata…..e poi ?
Ah scusate..che sbadato.. dimenticavo tutti i criminali nazisti …… non ricordo: qualcuno di loro è stato impiccato George ?


PASQUALE BOFFOLI


http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=66322

http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo342155.shtml

http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/esteri/pinochet-cile/morto-pinochet/morto-pinochet.html

http://lanazione.quotidiano.net/art/2006/12/10/5451072

mercoledì 27 dicembre 2006

Sixties Culture/ MISTY LANE CONNECTION n°. 2 ; MISTY LANE Paper-Magazine n°. 20, by Pasquale Boffoli


Vi segnalo invece qui il n°.20 del magazine cartaceo in lingua inglese MISTY LANE curato da MASSIMO DEL POZZO, uscito di recente (la copertina é qui a sinistra) : 150 pagine fitte di articoli, interviste e monografie su Zombies, Bee Gees, Standells, Led Zeppelin, Prime Movers, Shocking Blue, Davie Allan. Mike Stuart Span etc....un lavoro immane; l'ennesimo capitolo di quella che si può considerare ormai una vera e propria enciclopedia/opera omnia su artisti e bands di tutto il globo terraqueo noti, meno noti, oscuri e criptici degli anni '60, decade beat-garage impagabile sviscerata in tutti i suoi multiformi aspetti musicali ed estetici.
In questo numero oltre il consueto imponente lavoro critico ed informativo di del Pozzo, contributi di colleghi stranieri importanti come Steve Elliott, Will Shade, Edwin Letcher e di appassionati free-lance garagers nostrani come Marcello Rizza, Michelangelo Mongiello, Checco, Antonio Olivieri e ... last but not least... anche di chi scrive, con una recensione del lavoro dei mod/garagers calabresi The Kartoons del 2005 Undelivered ed un'intervista al loro leader Francesco Ficco .
Inoltre in allegato alla rivista un cd davvero prezioso, il vol.3 di Today is just tomorrow's yesterday, 27 brani Sixties & Current Garage-Beat Sounds targati Misty Lane e Teen Sound.
Una vera leccornia per gli appassionati entrambi gli oggetti.
Unico piccolo (o meno piccolo...a seconda dei casi!) neo del magazine, che non ha nulla da invidiare a pubblicazioni estere del settore come Ugly Things etc... l'ostacolo della lingua e quindi il lavoro di volta in volta più o meno improbo per appropriarsi dei suoi decisamente ghiotti contenuti, ma Massimo del Pozzo giustamente non poteva fare altrimenti per essere presente su uno scenario critico specializzato internazionale.
Buona lettura ed ancora una volta : .... many thanks Max !!!

PASQUALE BOFFOLI

http://www.mistylane.it/
http://www.myspace.com/teensound
http://crea.html.it/sito/nowsound/

Sixties Culture / MISTY LANE CONNECTION n°.1 ; MISTY LANE RADIO SHOW by MASSIMO DEL POZZO



Se c’è in Italia un apostolo, o se preferite un vate della sixties/culture quello è sin dagli anni ‘80 MASSIMO DEL POZZO, amico ex-barese, ormai da tempo romano di adozione.
Musicista, giornalista, editor (il suo magazine cartaceo Misty Lane ormai è storico!), distributore di alcune tra le più importanti labels rock/garage internazionali (Low Impact, Voodoo Rhythm Rec…), produttore discografico ( Misty Lane Records e Teen Sound Records le sue due etichette) ha fatto della salvaguardia e della riproposizione in chiave moderna del patrimonio musicale e culturale degli anni ’60 la missione della sua vita, coadiuvato dalla sua compagna di vita Bethania Laushner.
Presto parleremo in questo sito di alcune sue recenti produzioni.
In questa sede vi segnalo un’altra sua importante recente iniziativa: uno show radiofonico naturalmente sui Sixties in onda sui 97.7 FM di RADIO CITTA’ FUTURA, ma è Massimo stesso a parlarcene e a darcene le coordinate :

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MISTY LANE RADIO SHOW Condotto da Massimo del Pozzo

In onda tutte le domeniche su RADIO CITTA'FUTURA
(97.7 FM oppure dal sito della radio)
oppure in streaming ogni giorno alle 10 e alle 18 su
RADIO MICCA CLUB http://www.miccaclub.com/intratt.html

2) Sulla sinistra della pagina vedete che c'è un'icona di radio, cliccateci sopra si apre una finestrella abbiate pazienza ci vuole un po' prima che carichi. È inoltre indispensabile avere sul pc il programma quick time se non lo avete andate su questo link e ve lo scaricate http://www.apple.com/quicktime/win.html; è gratis.
Altra condizione per ascoltare Misty Lane Radio Show è avere l'Adsl.
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Questi i contenuti della prima parte dello speciale U.K. andato in onda nello show radiofonico di Massimo del Pozzo illustrati dal conduttore con tutti i titoli dei brani/bands trasmessi in grassetto (enjoy !!!) :

Puntata dedicata al sound INGLESE, continuiamo la nostra ricerca a ritroso nel tempo con alcune band decisamente OSCURE, e per il piacere del nostro Franco chiuderemo con un brano italiano.
Il nostro viaggio nell' Inghilterra dei sixties non può che iniziare con un brano dei Beatles, rifatto però in chiave freakbeat dai grandi Score nel 1966 (anche se suona decisamente più tardo sixties) :
Please Please Me / The Score
La classica band inglese che ottenne un enorme successo in Italia, dove si trasferì per un po’ di anni. Qui con uno dei loro primi brani, fortemente in chiave Merseybeat :
She Asks of you / The Rokes
Beat inglese al 100% con i grandi Birds inglesi di Ron wood, ottimo combo di R&B bianco :
You're on my mind / The Birds
Un altro personaggio che farà parlare di se nella decade successiva, niente pocodimeno che Rod Stewart, qui con un classico blues apprezzato dai più nella versione classica degli Yardbirds:
Goodmorning little schoolgirl / Rod Stewart
Oscuro è davvero il termine più appropriato per la prossima band, provenienti da Belfast (Irlanda quindi), amici/rivali dei Them di Van Morrison dai quali vennero ovviamente oscurati...:
Call My name / The Wheels
Un salto nel mondo dei brani strumentali con un brano sorretto da un basso decisamente innovativo per i sixties :
Love You Too / The Sounds Nice
Puro Freakbeat con una delle band Inglesi che negli scorsi 10 anni è stata maggiormente rivalutata, gli ATTACK, tratto dal loro secondo singolo del 1967... il suono di Londra:
Anymore than I do / The Attack
Un brano che dedichiamo al nostro collaboratore oscuro Marco di Nicola, puro Mod Sound con il retro del loro unico hit #1, All or nothing:
Understanding / The Small Faces
Ancora Mod-Sound, ma decisamente una band sconosciuta con un solo singolo all’attivo :
Walking Walkin walking / The Favourite Sons
Uno dei brani freakbeat più gettonati nei raduni Mod, il brano è tratto dal loro primo singolo che uscì solo nel 1968 suonando però come una delle prime produzioni degli Who con echi Beatlesiani.. :
Father's name is dad / The Fire
Un salto in territori dal sapore psichedelico, per una band della Nuova Zelanda che incise su Decca e si trasferì in Inghilterra per un lungo periodo, ottimo freakbeat datato 1967:
Pink Dawn / The Human Instinct
Una nostra dedica se vogliamo alla vicina America, con uno dei brani di Boyce & Heart resi celebri dai Monkees (che gli inglesi definiscono bubblegum per amateurs) , qui in versione freakbeat :
I'm not Your steppin stone / The Flies
Ancora oscurità con i Nite People anche se la band ebbe un buon numero di singoli e addirittura un album verso la fine dei sixties... ecco la loro fantastica:
Love Love Love Love / The Nite People
Il prossimo è davvero uno dei miei brani preferiti ed infatti è divenuta una cover della mia band THE TRYPPS, la band del Lancashire con soli due singoli all’attivo:
Guess I Was Dreaming / The Fairytale


Ancora una cover strumentale scelta dai miei Trypps, questa volta ascoltiamo l’originale:
Disco 2 / The Salon band
Il prossimo brano segna quasi il passaggio a certo powerpop anticipando di qualche anno la creazione di questo termine che nel quale ritroviamo spesso brani dai forti accenti pop melodici con chitarre cristalline e accordi potenti, alla maniera dei migliori WHO:
Poor little heartbreaker / The Timebox
Finalmente una band conosciuta, gli immensi Pretty Things, con un brano dal loro album meno acclamato (per me il migliore che abbiano mai realizzato, Emotions, del 1967) , dal quale ascoltiamo:
Children / The Pretty Things
Ancora dall'anno di grazia 1967 una pietra miliare della psychedelia inglese :
Lucifer Sam / The Pink Floyd
Un salto in avanti e siamo nel 1969 (grande annata!) con un ottima Mod band nata dal freakbeat ed orientatasi presto su coordinate hard e pre-progressive, tratto dallo sfortunato (all’epoca) album Made in England:
Paper Man / The Bulldog Breed
In chiusura un piccolo omaggio alla Londra immaginaria di quegli anni ad opera di una band tutta italiana, i Marc Four del maestro ArmandoTrovajoli, brano che dedichiamo al nostro resident DJ Alessandro Casella: Piccadilly / The Marc 4 .

MASSIMO DEL POZZO mistylane@iol.it

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martedì 26 dicembre 2006

DEATHS ... / JAMES BROWN (May 3, 1933 --- Dec. 25, 2006)


' ...IT'S A MAN'S MAN'S MAN'S WORLD !'

Ero ancora con la mente al natale di quattro anni fa funestato dalla morte di Joe Strummer quando ieri, 25 Dicembre, mentre ero a tavola.. my brother Ciro mi telefona, ' ...non voglio rovinarti il pranzo ed il Natale..ma oggi é morto JAMES BROWN !'.
Semplici coincidenze queste feste quasi puntualmente segnate dalla perdita di GRANDI che abbiamo tanto amato ?
SEMPLICI COINCIDENZE !
Ma il sentimento che provo a queste notizie ormai é intriso di rassegnazione quanto di dolore !
Questo 2006 é stato poi particolarmente crudele : prima Syd Barrett, poi Arthur Lee, quindi Nikky Sudden per finire con il grandissimo JAMES ...
Non é importante quando tutti questi artisti hanno dato il meglio di sé, non é importante (mi si perdoni il paradosso!) quanto i loro dischi siano stati più o meno significativi per la musica del XX secolo; e non é neanche importante che non seguissi da tempo le sue vicende artistiche : se li ami, ogni volta uno di loro vola via porterà con sé un pezzettino del tuo cuore e della tua storia personale !
Ecco perché quando ho appreso la notizia le prime immagini affacciatesi alla mia memoria sono state le copertine di due 45 giri di James Brown, due piccoli 'cari' pezzi di vinile che tra il 1966 ed il 1967 il mio mai dimenticato mangiadischi color celeste (il primo supporto in assoluto grazie al quale ascoltar musica) ingoiava molto, molto spesso, insieme a quelli dei Troggs, Los Bravos, Spencer Davis Group, Stones, Beatles, Sandie Shaw, Lovin' Spoonful : IT'S MAN'S MAN'S MAN'S WORLD e COLD SWEAT.
Arduo quantificare le vibrazioni possenti penetrate nel mio dna, emanate da quella voce sensuale e tragica che urlava : '...nothing...without a woman to care ', ' ...he's lost in the wilderness..'.
Certo é, col senno di poi, che James in quel brano straordinario e dal feeling debordante, che a mio parere rimane uno dei più grandi della sua discografia e della storia del soul e del rock di tutti i tempi, disegnava tragicamente la vacuità dell'esistenza umana quando é priva di amore, di uno scoglio sicuro cui aggrapparsi.
Forse é per questo che di sbagli nella sua vita di artista ed uomo di colore ne ha fatti tanti ?
Se fosse qualcuno a farmi questa domanda risponderei : e chi é non commette sbagli nella sua vita, pagandone poi le conseguenze a livelli diversi ?
E poi la calda, vibrante COLD SWEAT, attorcigliata a strettissimi riffs fiatistici, colma di selvaggia, virile energia sessuale...urla minimali ed isteriche, il corpo che trionfa enfatizzando ed estremizzando quel concetto di fisicità che la cultura 'nera' ha sempre portato in seno.
Certo per molti, moltissimi, James Brown, o 'Mr. Dynamite', o 'the Godfather of soul' rimarrà sempre e solo quello di SEX MACHINE, PAPA'S GOT A BRAND NEW BAG e soprattutto quello di I GOT YOU ( I Feel Good), brano mortificato ed imbastardito da un milione di cover-versions di un milione di bands e vocalists scellerati disseminati sul pianeta terra .
Unico e solo brano '...I Feel Good ' con cui ormai l'ignaro ascoltatore e fruitore medio (per colpa di pubblicità, shows televisivi etc...e cioé a causa dei mass-media del cazzo ed inetti che ci opprimono quotidianamente) identificava l'artista.
Forse come al solito, solo con il suo trapasso a miglior vita é giunta l'ora di rendere giustizia alla vera arte del grande James ( ...un altro James, Chance/White ne sa qualcosa!)?
Ed allora signori, vogliamo iniziare proprio da quel brano che riusciva a galvanizzare soul e coglioni del sottoscritto... ed anche a farmi piangere, alla tenera età di 14 anni ?


This is a man's world /
This is a man's world /
But it would be nothing... Nothing without a woman to care /

You see man made the cars to take us over the world /
Man made the train to carry the heavy load /
Man made the electro lights to take us out of the dark /
Man made the bullet for the war like Noah made the ark /
Man thinks of our little baby girls and the baby boys /
Man make them happy 'cause man makes them toys /
And her man make everything, everything he can / You know that man makes money to buy from other man /

This is a man's world ...but it would be nothing.. nothing not one little thing...
Without a woman to care /
He's lost in the wilderness... He's lost in the bitterness He's lost, lost and ...

http://www.funky-stuff.com/jamesbrown/

PASQUALE BOFFOLI p.boffoli@tiscalinet.it

domenica 24 dicembre 2006

Collaborations / ANNIVERSARI ; THE BEATLES : REVOLVER ( Aug.5 1966) by Franco De Lauro

Anche in questo periodo di feste 2006 l'icona BEATLES fa parlare di sé per la pubblicazione del discusso LOVE, realizzato da George Martin. Ma l'argomento di questo articolo é un altro.
Era da tempo che avevo in mente di pubblicare un pezzo sul loro celeberrimo album REVOLVER , prima di tutto perché a mio modestissimo parere fu (é) sotto certi aspetti un'opera più innovativa dello stesso pluricelebrato Sergente Pepper, e poi, é lapalissiano, potevamo in occasione del quarantennale della sua pubblicazione far terminare il 2006 senza parlarne?
Per una serie di motivi ho finito col 'commissionare' il pezzo all'ineffabile Franco De Lauro, dopo aver constatato che l'aveva posto tra i suoi albums preferiti di sempre.
L'analisi che ne fa é molto personale e per certi versi inconsueta !
Vi raccomando vivamente di non lasciar trascorrere definitivamente il 2006 senza averlo riascoltato almeno una volta : dal 2007 in poi ripetete il rito ogni settimana, tra l'ennesima novità indie e l'ennesima band meteora....non vi farà certo male, anzi !
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REVOLVER ha compiuto quest’anno quarant’anni: fu pubblicato in Inghilterra il 5 agosto 1966, tre giorni dopo in America e questo è un buon motivo per parlarne, anche se si corre il rischio di dire cose trite e datate, trattandosi di uno degli album più noti e commentati nella storia della musica popolare.
The Beatles, nel 1966, erano già baronetti, per meriti artistici e commerciali.
Erano il complesso più famoso e acclamato, conosciuto nell’intero Pianeta, persino in Paesi dove la censura era più soffocante.
In quell’anno visitarono l’India.
Secondo la Storia comunemente accettata, da quel viaggio uscirono mutati e illuminati, nonché ispirati.
In realtà, l’unico fra i Beatles a subire una seria influenza dalla cultura indiana fu George Harrison ed anche lui ci mise un po’ prima di cominciare a comporre musiche e arrangiamenti orientaleggianti, cosa che, per fortuna, fece in maniera abbastanza parsimoniosa.
Io mi limiterei a dire che quel viaggio fece bene ai quattro di Liverpool.
Gli consentì di allargare la propria visuale, acquisire nuove sonorità e, soprattutto, di distaccarsi dal mondo musicale a sufficienza per poterlo guardare e interpretare meglio.
Si è detto, proprio riguardo a questo disco, che vi sono tracce di idee di altri musicisti, in particolare dei Byrds e dei Beach Boys. L’osservazione, se non proprio da contestare nelle radici, va precisata.
Il Beat, ormai, mostrava la corda.
Non si poteva continuare a proporre pezzi basati su pochi, semplici, giri di chitarra accompagnata da basso e batteria. La realtà era in evoluzione. Il nuovo, però, non era ancora ben definito.
I Beatles avevano, dalla loro, uno straordinario talento compositivo ma questo non basta a creare della musica di successo, soprattutto se si è al top e si vuole mantenere la posizione. La Storia racconta che i Fab dividevano la popolarità con i Rolling Stones, ma questa è pura fantasia.
Per universalità di consensi ed intensità di entusiasmo i Beatles erano in una posizione mai più assunta da nessuno.
Gli Stones, più che dei rivali, erano dei colleghi intenti a coltivare altre aree di vita musicale, direi quasi altri orari.
Quando gli impiegati timbravano il cartellino d’uscita e le sirene delle fabbriche liberavano la propria forza lavoro, quando le persone erano libere di prendersi cura di sé stesse, quello era il momento degli Stones, in un mondo ancora non snervato e virtualizzato dai media.
Gli Stones si rivolgevano alle viscere e alle passioni di un pubblico adulto, quando questo chiedeva qualcosa di forte, che alimentasse i flussi vitali.
I Beatles, che erano presenti anche in questi momenti, occupavano invece l’intera giornata, dalla colazione al lavoro e fino alla ninna nanna.
Erano amati dai ragazzi, ma anche dalle mamme e dai papà.
Degli Stones si è detto.
Degli altri, gli emergenti, nel 1966 dovevano ancora tutti mangiare pane duro prima di impensierire i Nostri.
Certo, c’erano i Beach Boys ma con Pet Sounds (pubblicato il 16 maggio 1966) avevano dato il canto del cigno.
E c’era Bob Dylan. Quello rappresentava un problema.
Il cantautore americano era impegnato, colto, ispirato e amato dagli intellettuali. Fin qui, poco male.
Il fatto, però, è che aveva pubblicato tre album molto pericolosi per la leadership dei Beatles, delle riuscite fusioni di folk e rock elettrico.
Mi riferisco a Bringing It All Back Home, Highway 61 Revisited ( 1965) ed al doppio vinile Blonde on blonde che precedette nel 1966 (fu pubblicato lo stesso giorno di Pet Sounds) di tre mesi circa la pubblicazione di Revolver.
Quel che è peggio, alcune sue canzoni erano entrate nel repertorio di tanti interpreti famosi.
La Bambina triste di Dylan non poteva vantare le centinaia di interpretazioni di Yesterday, però si sentiva molto e ovunque.
Dylan, inoltre, dava luogo a molteplici tentativi di imitazione e finanche plagio, il che era indice di carisma, oltre che di popolarità, a tutti i livelli, anche i più commerciali e leggeri.
Basti pensare a “Pietre”, la canzoncina portata da Antoine al Festival di Sanremo, la quale altro non era se non una versione scanzonata di “Rainy day women nos.12&35”.
Per i Beatles, Dylan era il problema.
Quel che seppero fare, al loro livello cioè al top, fu di valutare il nuovo, l’onda emergente, nel suo complesso, ponendosene a cavallo e facendosi portare.
Non orecchiarono gli altri, ma ascoltarono ed elaborarono le tendenze più interessanti, rifinendo, completando e finendo col precedere tutti.
Non c’è nulla di più foriero di successo che l’arrivare un attimo prima degli altri nel dire quel che tutti hanno sulla bocca.
Tecnicamente, se si può usare il termine, cosa fecero?
Si badi bene che è davvero appropriata l’osservazione di chi ha parlato di un album costruito a tavolino, cioè pianificato per uno scopo.
Questo atteggiamento accompagnerà il quartetto, in effetti, almeno fino all’esaurimento del periodo psichedelico ed in maniera molto evidente per l’orecchio allenato.
Non per niente Frank Zappa dedicherà ai Beatles uno dei suoi primi lavori meglio riusciti, la parodia di Sergent Pepper’s intitolata “We’re only in it for the money”.
Tornando ai Beatles: all’epoca di Revolver questi non avevano il tempo di aspettare che maturasse il pezzo capolavoro.
L’album in esame, infatti, non contiene nessun pezzo fra i primi dieci e, per quanto mi riguarda, neanche fra i primi venti nella produzione dei Fab. Contiene, però, quattordici ottimi brani, tutti arrangiati ed eseguiti al meglio e con l’uso appropriatissimo di nuove sonorità. Lennon & soci si diedero un tema.
Pensarono di fare dei bozzetti, dei quadretti situazionali nella tradizione britannica, con degli intermezzi.
I più giovani possono pensare al teatro di Mr. Bean, giusto per capire il concetto.
C’è l’uomo delle tasse (Taxman), quello che non riesce a trovare più amore negli occhi dell’amata (For no one) ed una allegra brigata di sommergibilisti (Yellow submarine).
Idee semplici, usate e svolte nei testi e nelle musiche in maniera, qualcuno direbbe, impressionistica, con l’oculato uso di suoni onomatopeici.
I Beatles avevano un pubblico mondiale e dovevano essere comprensibili anche da chi non conosceva la lingua inglese.
Ora, si potrebbe pensare che la bozzettistica di Revolver sia una forma disimpegnata di espressione musicale volta a fini commerciali. Niente è più lontano dalla verità di questo concetto.
Come aveva spiegato lo psicanalista Jung, l’arte di disegnare quadretti, situazioni e scenette affonda nell’esigenza di esprimere gli archetipi, che sono il fondamento della cultura umana.
In Inghilterra Jung non era e non è un personaggio della Cultura di cui parlano i dotti per darsi un atteggiamento.
Al contrario, il suo insegnamento è entrato nella cultura del popolo britannico, tanto da ispirare centinaia di artisti i quali tendono coscientemente al situazionismo.
Quella di Revolver, quindi, fu un’operazione di Alta Cultura, per lo scopo perseguito e per il risultato ottenuto.
In effetti Revolver risulta essere un capolavoro per la leggerezza e la naturalezza con la quale i quattro svolsero il compitino auto-assegnatosi.
Si pensi a Yellow Submarine.
Esistevano le ballate marinare ed i Beatles, ispirandosi ad esse, produssero un pezzo che è il modello ideale del genere.
Ci vorrà il miglior Neil Young, in evidente voglia di emulazione, per produrre un altro pezzo archetipico di simile livello.
Mi riferisco a Crippled Creek Ferry da After the gold rush, ma siamo nel 1971.
Tornando al 1966, la concorrenza, compreso Dylan, dovrà aspettare ancora parecchio per scalzarli, senza dimenticare di ringraziare la signora Lennon, la quale è sempre nei pensieri dei fan del marito.
E non nei migliori.

venerdì 22 dicembre 2006

ANNIVERSARI / JOE STRUMMER ( 21 Ag.1952 - 22 Dic. 2002 )

Il 22 Dicembre del 2002, quattro anni fa, moriva JOE STRUMMER.
Ho pensato di riproporvi senza cambiare una virgola il pezzo che scrissi in quei giorni per un webmagazine cui collaboravo sull'onda emotiva della notizia !
Strummer ed i CLASH sono oggi attuali più che mai e dopo la sua morte non sono mai caduti nel dimenticatoio ; per la cronaca : é in giro un cofanetto contenente tutti i loro 19 singoli + bonus tracks ed é uscito da poco in circolazione per la Image un bellissimo DVD, LET'S ROCK AGAIN, un film di Dick Rude (purtroppo senza sottotitoli in italiano) girato durante il tour di Strummer con la sua nuova band The Mescaleros per promuovere il loro secondo lavoro Global A Go-Go, proprio poco prima il suo decesso. Ve lo consiglio caldamente, la copertina é qui a fianco !
Ciao Joe...ci manchi !





GIORNI DI PASSIONE PUNK

Una vera e propria doccia fredda: la notizia della morte di JOE STRUMMER, risalente al giorno 22/12, é una vera e propria doccia fredda...proprio quando ci giungevano notizie di una frenetica attività artistica del musicista inglese, diviso tra la preparazione del nuovo album con i suoi Mescaleros, previsto per i primi mesi del 2003... esecuzioni 'live' con il vecchio compagno Mick Jones di mitici brani dei Clash...e ciliegina sulla torta, ci aveva esaltato l'anteprima di una reunion dei Clash (anche se occasionale) per il 10 Marzo 2003 in vista del loro ingresso nella Rock and Roll Hall Of Fame.
No...é banale... ma non riesco a farmene una ragione, un altro GRANDISSIMO della nostra musica ci ha lasciato!Il nuovo millennio non é proprio tenero con il mondo del rock%roll e del punk: é una bruttissima luttuosa teoria iniziata nel 2001 con le morti di Joey Ramone (15/4) e di George Harrison (29/11) e continuata nel 2002 con le scomparse di John Entwhistle (27/6) e Dee Dee Ramone (5/6)...tutti artisti fondamentali per la storia del rock!!!
Purtroppo il 2002 ci lascia in eredità proprio sul suo declinare un'altra gravissima perdita: Joe Strummer é stato un protagonista assoluto della storia del punk inglese esploso in quei giorni indimenticabili risalenti alla seconda metà degli anni '70, era un musicista generoso e passionario che sin dalla gavetta giovanile per le strade e nei pubs di Londra aveva completamente eliminato qualsiasi barriera tra vita vissuta e rock&roll ( militava allora nei 101'ers); subito dopo, con l'immedesimazione totale nel clima infuocato del punk a cominciare dal '76-'77 giù fino agli anni '80, con i dischi ed i concerti dei Clash professa senza riserve la fede in una musica che é formidabile martello 'politico' per esprimere le tensioni punk- ribellistiche di una gioventù e degli strati sociali più emarginati anglosassoni, delle numerose e disagiate minoranze (!?) etniche; anche se ad onor del vero non mancano (soprattutto negli anni '80…quando sono accusati di essersi ammorbiditi!) da parte delle frangie più estremistiche e di certa stampa pesanti attacchi alla credibilità e buona fede delle loro posizioni politiche.
Grandissima rimane in ogni caso la rivoluzionaria operazione di sintesi musicale-artistica soprattutto tra punk e cultura giamaicana operata in seno ai Clash al 90 % proprio dal talento passionario di Joe Strummer.. a cominciare dal glorioso incazzatissimo omonimo THE CLASH del 1977 e dal seguente epico GIVE'EM ENOUGH ROPE, prodotto da Sandy Pearlman: punk infuocato, virile rock&roll, blues, r&b, reggae, dub, ska, ragamuffin'confluiscono in un visionario multietnico meltin'pot soprattutto attraverso opere che rimangono pietre miliari come il doppio LONDON CALLING (1979) ed il triplo SANDINISTA (1980), che non finiremo mai di amare ed esplorare, veri 'vangeli' per le generazioni/bands rock-punk immediatamente successive e per quelle a venire di questo millennio !
Joe Strummer anche a Clash disciolti ha continuato dritto e coerente per la sua strada, non partecipando mai al circo del rock mainstream, conservando le sue convinzioni politiche antimperialiste ed anticapitalistiche, legando sempre il suo nome ad artisti non compromessi e geniali come Shane McGowan, etilico e sdentatissimo leader dei Pogues ed il regista underground americano (ex musicista, era negli anni '80 negli sperimentali Del Bizantinees) Jim Jarmush: con quest'ultimo girerà Mystery Train, lasciandoci una rilassata ed efficace interpretazione.
Ma i suoi rapporti con il cinema negli anni '80 sono abbastanza intensi: per il regista punk Alex Cox scrive alcuni brani per la colonna sonora di Sid and Nancy e fa delle apparizioni in Walker (di cui cura anche la la soundtrack) e Straight To Hell, con Robert Frank gira Candy Mountain.
Realizza un paio di album solisti e continua nei '90 la sua attività musicale e live con The Mescaleros sino a nuovo millennio iniziato.


THE CLASH 'LIVE' -- FIRENZE -- 23/5/1981

Io comunque lo ricorderò sempre soprattutto legato al periodo di fuoco con i Clash sino a quei primissimi '80 quando si esibirono anche in Italia: memorabile il concerto di Bologna in Piazza Maggiore del 1980 e quello del 23/5/1981 nello stadio di Firenze in occasione dell' '81 Mission Impossible Tour; io c'ero...ci furono molte polemiche per la disorganizzazione di quell'avvenimento. Vorrei concludere questo ricordo che davvero non avrei mai voluto scrivere con il tono entusiasta di quanto scrissi in quel 1981 al ritorno da Firenze su Blacks/Radio, la fanzine che realizzavo in quegli anni in collaborazione con Stampa Alternativa:

” …A Firenze, in due ore, tra concerto e bis vari i Clash hanno dato veramente tutto come se fosse la loro ultima esibizione e non quella di un gruppo ormai affermato a livello internazionale sviscerando sino in fondo la carica ed i significati di ogni brano. Come riuscire a rendere le emozioni procurateci dalla loro amalgama emozionante di rock/reggae/dub e musica nera centro-sud americana nelle interpretazioni di brani come Wrong'Em Boyo, One More Time, Charlie Don't surf, Guns Of Brixton, The Call-Up (particolarmente trascinanti ed ipnotiche queste ultime due!), tutte dilatate e reinterpretate con una potenza da mozzare il fiato. Mentre si faceva sera... Justice Tonight/Kick It Over, Armagideon Time, con le invocazioni laceranti al cielo di un grandissimo Joe Strummer...le braccia spalancate, movenze da rasta-man ad urlare con voce straziante e commovente lo sdegno incommensurabile di un bianco per le ingiustizie sofferte dai fratelli di colore giamaicani. Penso non esista nessuno in questo momento in grado di eguagliare la sua tremenda e drammatica carica interpretativa, e Strummer riusciva a provocare la risposta-eco di non so quante migliaia di ragazzi: il massimo di feeling reciproco si é verificato senz'altro durante l'esecuzione di Bankrobber...”.


Momenti assolutamente indimenticabili...storici!
Questo Natale..invece...funestato dalla morte improvvisa di Joe Strummer che ci getta in un profondo sconforto... per me e credo per tutti quelli che lo hanno sempre amato non é certo un Natale dei migliori.

PASQUALE BOFFOLI

http://www.radioclash.it/
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fhomepage.mac.com%2Fblackmarketclash%2FBands%2FClash%2Frecordings%2F1981%2F81-05-23_Florence%2F81-05-23_Florence.html&h=4fe13

www.joestrummer.com

mercoledì 20 dicembre 2006

Collaborations/ LIVE REPORT, Esteri / Saalfelden Jazz Festival, 25-26-27 Agosto 2006 by Marcello Rizza

A sorpresa Marcello Rizza mi ha inviato un suo live-report di un festival jazz molto particolare visto in Austria questa estate, esprimendo qualche dubbio acché io lo pubblicassi.
Ne approfitto per puntualizzare non solo al caro Marcello ma a tutti i lettori di questo blogspot , che in realtà é un sito musicale a tutti gli effetti, l'apertura a 360° con cui il sottoscritto ha voluto caratterizzarlo sin dalla sua nascita.
Devo essere sincero : ignoravo l'esistenza di questo festival e dei gruppi che vi si sono esibiti, il cui approccio al jazz a quanto ci riferisce Marcello é tutt'altro che ortodosso. Allora grazie Marcello per aver arricchito il nostro spettro sonoro.

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Quest'anno ho fatto le ferie a Saalfelden. Non è stato un caso. La ridente cittadina austriaca da anni ospita un Jazz-festival notissimo agli amanti del jazz sperimentale. Ma che ci fa un appassionato di sixties e di rock in una rassegna del genere? Leggete…leggete! C'è jazz e jazz! Questo è Jazz con gli attributi!
La qualità dei 15 gruppi intervenuti era altissima, inoltre è qualcosa di più che un Umbria Jazz, dove ormai puoi vederci suonare anche Santana, bensì è un festival di gran qualità e assolutamente rigoroso per quanto riguarda la qualità musicale. E' un festival che predilige il free jazz e il jazz più sperimentale, inquinato dai vari generi rock, blues, classico, ambient, industrial, elettronica e chi più ne ha più ne metta. Alcuni gruppi mi hanno letteralmente fatto impazzire, mentre altri li ho ammirati per le loro grandi capacità espressive ed artisitiche.
Il prezzo pagato, 105 Euro, ne valeva la pena.
Partendo dal Venerdì 25 agosto, giorno del mio arrivo, dei gruppi visti, quelli che mi hanno sinceramente colpito sono stati i seguenti, in ordine di apparizione: alle 22,00 i finnici RINNERADIO, assolutamente favolosi e i miei preferiti in tutto il corso della manifestazione: spaziali, ampi ed analogici, con Tapani Rinne che suona un clarinetto ispirato, Juuso Hannukainen che ipnotizza con le sue percussioni eleganti, Iro Haarla che suona arpa e pianoforte e che inserisce l'elemento glaciale che "disturba" le lunghe suite e finendo con Verneri Lumi che interviene solamente nella fase finale dei lunghimomenti musicali e che funge da dj che miscela suoni elettronici alla Kraftwerk.
E ad un incrocio tra i tedschi Kraftwerk, i Porcupine Tree e i Soft Machine riesco a leggere una chiave di lettura per questo gruppo, che di Jazz ha offerto veramente poco e di emozioni vere ha offerto moltissimo. Ho cercato informazioni in net su questo gruppo e ho scoperto che nell'ambito della sperimentazione jazz ha un grandissimo seguito. Consiglio peraltro il loro ultimo CD, “Plus”, etichetta Rockadillo (2006) che, oltre ai brani musicali offre un loro concerto in DVD.
Alle 23,30, poi, è seguito uno spettacolo della statunitense Christian McBride Band. Questo "cristiano" c'ha le palle, ragazzi! Ha due mani che sembrano due pizze margherite mentre inizia con un contrabbasso dalle corde certamente rinforzate. Questo è un jazz duro ma certamente jazz. Il tocco statunitense da sempre a ogni spettacolo un elemento dominante duro, sferzante. Anche questo non si discosta. Un gran bel jazz suonato come si suona il rock. Ma ancora più potente diventa il suono quando dal maltrattato contrabbasso Christian passa a suonare il basso elettrico. Che potenza, figlioli! E come diventa difficile capire quanto di jazz resti e quanto di blues e rock sia ormai entrato nel tessuto ritmico!

Sabato 26 agosto il programma iniziava alle 16.00. Il primo artista, Klaus Gesing, l’ho perso perché ero andato a visitare dal mattino la vicina Salisburgo. Alle 17,30 c’è stato quell’artista “malato” di sperimentazione che si chiama MARC RIBOT (USA).
Il “tipo” è famoso per spettacoli d’avanguardia dove, per esempio, suona la chitarra da solo mentre coi piedi scoppia palloncini! Stavolta lascia la sperimentazione e la genialità alla band che l’accompagna, la Lucien Dubuis Trio (Svezia), prestando nell’occasione il suo grande talento chitarristico. Veramente un grande spettacolo!
Ribot suona la chitarra prevalentemente sfruttando l’insegnamento di Robert Fripp, ma non disdegnando in un brano di suonare alla Peter Frampton. Suono che a volte è ispirato e melodico, a volte cerebrale, a volte potente. E se Marc Ribot guadagna in maniera impeccabile il suo cachet è invece questo pelato e spilungone di Lucien Dubuis, certamente meno conosciuto di Ribot, che col sassofono ne combina di tutti i colori e che conquista il mio cuore musicale. Con gli strumenti a fiato che utilizza ha un rapporto d’amore più animale che cerebrale. Il bocchino sembra che lo mastichi, i fiati sono sputacchiati a non finire, gli strumenti sotto le sue frenetiche dita suonano ma anche parlano, sussurrano, gemono, urlano. Non ci credete, vero se come esempi mi vengono ancora in mente gruppi rock piuttosto che jazz? E allora…ecco che, soprattutto per la chitarra, mi vengono in mente i King Crimson più sperimentali, quelli di lavori come “The Construktions of Light” (2000), mentre per i fiati scomodo i lavori messi in cantiere dai redivivi Van der Graaf Generator nel secondo CD del loro ultimo album “Present” (2005) e dal grande David Jackson.
Non è un caso se questo Jazz Festival mi ha “preso” così tanto! Così come è non un caso che salti a piè pari i gruppi che esprimono un grande jazz più classico che però conosco poco e che non posso quindi commentare con cognizione di causa.
Passo quindi a descrivere l’ultimo concerto delle 23,30, quello di Bobby Previte & The Coalition of the Willing (USA). Bobby, da informazioni assunte, è un batterista abbastanza classico nel panorama jazz statunitense, sebbene ami collaborare spesso con vari artisti in progetti differenti. Questo volta il progetto coi suoi compagni di viaggio è sicuramente in chiave rock. Sinceramente…non ho capito dove sia intervenuto il jazz nei pezzi che hanno eseguito con forza, se non solo in alcuni momenti nei pezzi ispirati e solisti che Robert Walter, omone molto beat negli atteggiamenti e nel look, inventava con un hammond a cui faceva rendere suoni improbabili per lo strumento! Stupefacente! Forse, in questo caso, i due chitarristi nei primi due brani non sono sembrati subito in sintonia. Hanno però recuperato successivamente contribuendo finalmente alla grande festa rock che veniva celebrata dall’entusiasmo e dalle capacità percussive di Bobby. Grande, grandissima prova!

Ed eccomi qui a raccontarvi dell’ultima giornata a Saalfelden.
I concerti iniziano alle 14,30. Il primo è di ottima fattura jazz, abbastanza classico, quel jazz che non conosco bene e di cui pertanto non parlo. Il secondo è particolare perché è dedicato a Robert Wyatt. Alcune composizioni della scena Canterbury occhieggiano al free jazz, quindi nulla di strano. E’ che in questo caso succede il contrario, ovvero è l’artista che occhieggia al genio compositivo del barbuto personaggio e ne coglie l’incipit per poi lanciarsi nel suo ambito jazz che meglio interpreta. Le arie di alcune canzoni di Robert Wyatt vengono “sassofononate” da MAX NAGL all’inizio dei brani ma è solo il pretesto per poi abbandonarsi a un free jazz che colpisce per il saper congiungere la strumentazione classica del jazz con una spazialità resa tale dall’intervento delle valide tastiere attivate da Clemens Wenger. Ho preso sul posto il CD del concerto, che si intitola “Market Rasen”, e i pezzi del nostro Robert rivisti da Max Nagl sono i seguenti: “5 black notes and 1 white note”,Alliance”,Cp jeebies”,Born again cretin”,Box 25/4 lid”,The british road”,Gharbzadegl”.
Non è un CD per chi non è aduso a sonorità jazz ma è sicuramente un must per i completisti del mondo Canterbury e propriamente di Robert Wyatt. Nell’interno di copertina c’è la foto di Robert nel suo giardino scattata nel 2003 e il testo della canzone “Alliance” firmata dall’autore.
Arriva dopo il divertentissimo e scatenato batterista Herbert Pinker; che personaggio strano! E’ abilissimo e molto aggressivo, tanto che l’ambiente free jazz, fatto di arresti improvvisi e di tempi spesso rallentati, sembrano influire sullo slancio che il personaggio prende sulla batteria. Dico con attenzione “sembrano”…e in effetti è curioso vederlo mentre si arresta rispettoso del copione assegnatogli e pare, in quella frazione di momento, che possa perdere l’equilibrio sopra i piatti e i tamburi.
Ma non cade mai, anzi riprende sullo slancio senza perdere una battuta e aggredendo con tutta la sua magrezza possibile gli strumenti sotto di lui. Riuscirà, nell’esecuzione, a rompere una bacchetta e a far saltare un piatto! Grandissimo e divertente. Questa di domenica è una sessione musicale importante. Anche col successivo concerto si assiste a uno spettacolo particolarissimo. Gli organizzatori della kermesse prenderanno atto, certamente, che dopo il secondo pezzo di questi malati di mente che si chiamano AHLEUCHATISTAS (USA) metà delle sedie del teatro si erano svuotate. Chi è rimasto è perché ama il rock e soprattutto quello pestato duro. E’ difficile classificare questo genere di musica.
E’ difficile capire la scelta degli organizzatori di inserire questo gruppo all’interno di una rassegna jazz, seppure assolutamente aperta alla sperimentazione.
Nel loro CD “What you will” (Cuneiform records 2006) gli stessi artisti si giudicano, pensate!: avant-technical, post-Beefheart, improv-core, math-metal, art-damage, punk-rock!!! Chiaro? Mica tanto! Dovrò ascoltare molto e molto attentamente il loro CD, ma da subito mi sento di dire che mi ricordano per alcuni aspetti il prog nordico alla Anekdoten e che si presentano scenicamente molto simili, anche fisicamente, ai Lord of Altamont che ho avuto la possibilità di vedere a Isola Rizza alla manifestazione Beat Epoque.
Oltretutto il CD è un po’ meno duro di quello che hanno mostrato sul palco, nel quale il leader e pazzo percussionista Sean Dail ha strapazzato gli strumenti è ha dato sfoggio dei suoi tanti tatuaggi in una esibizione edonistica. Sto scrivendo e ascoltando il CD…e in effetti riesco a cogliere alcuni (solo alcuni) sprazzi di free jazz…ma al concerto presentato a Saalfelden non se ne è sentita traccia!
E’ un finale di kermesse musicale tutta statunitense quella che segue. Ora dovrei scrivere righe e righe del pezzo forte della manifestazione musicale, del personaggio che tutti aspettavano da tre giorni: STEVE COLEMAN.
Risolverò il tutto, sempre per la mia iper dichiarata incapacità di giudicare un certo tipo di jazz, dicendo che dal punto di vista esecutivo lui e il suo quintetto sono stati impeccabili. Sassofonista e compositore, pur giovane non si danna l’anima come ho visto fare ad altri, anzi gigioneggia dall’alto della sua posizione privilegiata e riesce comunque a gestire la band e a coinvolgere il pubblico che gli tributerà l’applauso più lungo dei tre giorni trascorsi in teatro. Ne prendo atto. Io non ho capito bene la sua performance.
La serata finirà poi con la JASON MORAN'S BANDWAGON.
Divertentissimi! Si…ma sono un gruppo Blues! Ha voglia Jason Moran di tessere melodie sofisticate…gli altri se ne sbattono e suonano del grintoso e delizioso blues. E allora…Jason s’adegua, sperimenta, improvvisa, e vedi che comincia a suonare qualsiasi cosa gli venga in mente in quel momento. Le note del pianoforte intonano Jimi Hendrix, poi passano magicamente alla eighties “Trans europe espress” dei Kraftwerk…poi ritorna con un improbabile melodico esercizio, a proporre la sixties “Psiche Rock” di Pierre Henry…e chissà quante altre cose che non ho riconosciuto lui si diverte a intonare col suo melodico e divertente pianoforte!
E, tutti neri come il carbone e tutti validi, danno il loro divertente contributo e si intuisce che la scelta di far chiudere lo spettacolo a questi tizi è per lasciare un divertito ricordo della manifestazione.
L’anno prossimo andrò ancora a questa manifestazione. Non credo potrò mai più mancarci!
Chissà che non ci si riesca ad andare con qualcuno di voi?
MARCELLO RIZZA

lunedì 11 dicembre 2006

Recensioni / Italiani; SDH : Engage (Sham Foundation / Nicotine Records / Goodfellas) 2006


L’anno che sta per arrivare segna il trentennale della nascita del punk o giù di lì : si sa, questa é materia controversa!
Il 1977 fu comunque anno cruciale per il punk, figlio degenere di papà rock, che nel bene e nel male continua nel nuovo millennio a resistere all’usura del tempo ed avere una sua attualità sonica e contenutistica.
Naturalmente dipende molto da come lo si gestisce.
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Ad esempio gli SDH, trio di Rieti guidato da Nazzareno Martellucci (lead vocal, cori, chitarra e synt), hanno con il punk un approccio tutt’altro che ortodosso, quello che preferisco !
ENGAGE, credo il loro primo cd contiene sette brani, cinque originali e due covers e mi è stato segnalato da Michele Ballerini, maitre-à-penser in materia : inizia con Black flag’s horde , dedicato a Penelope Houston degli Avengers, storico gruppo punk californiano della prim’ora ed è subito una chiara dichiarazione d’intenti.
Il sound punk strascicato, doloroso ma compatto degli SDH rivela chiare ascendenze americane, californiane per l’appunto, ma in questo brano iniziale echeggia anche qualcosa degli indimenticati newyorkesi Dead Boys : Nazzareno non ha un vocalismo violento, ma trasmette una quieta disperazione, quasi rassegnata !
La sua chitarra e quella di Daniele si integrano bene e creano un muro chitarristico spietato, anche nei brani successivi, Linda Blair, una cover dei Red Kross del 1986 tratta dall’album Born Innocent e Stop It, perentoria punk-song (dedicata ad amici persi per strada leggo accanto…!)
Quando dopo questo terzo brano credevo di averli inquadrati ecco Right Now, che mischia le carte in tavola con il suo andamento malato, quasi una punk-ballad : Nazzareno pare cantare per inerzia, indolente e dark, ed è contagiosa la malinconia metafisica che riesce a trasmetterti ; ed ecco entrare in scena il suo synth, che introduce nel sound degli SDH un mood decisamente inaspettato, dilatandone notevolmente lo spettro espressivo. Un omaggio speranzoso al nuovo millennio, così annunciano il brano gli SDH, ma a giudicare dall’atmosfera che vi si respira …. la vostra è chiara ironia, n’ést pas ?
I Hate R’n’R stars, un’oscuro psychobilly crampsoide, ennesima indefessa professione di fede punk ; la cover punkizzata di The Model dei Kraftwerk da The man machine del 1976, introdotta e percorsa da un fuzz tagliente, la voce di Nazzareno filtrata ed aliena…ma come, dei punks alle prese con gli inventori della fredda estetica sintetica kraut-rock ?
Decisamente intrigante, no… scusate, inquietante !
Ed infine i sette minuti sorprendenti di Ride it, polimorfa : inizio convulso ed allarmante, incitamento all’azione; poi il brano rallenta quasi perdesse colpi e lo strisciante synth di Nazzareno disegna oscuri arcobaleni decisamente poco rassicuranti, ancora una volta alieni, dialogando con la calda chitarra ‘umana’ di Daniele; la sua voce si lamenta…quasi implora !
Che dire : una vera rivelazione per il sottoscritto i reatini SDH.
Il loro ENGAGE, che non mi stanco di ascoltare, è un debutto che tasta più che bene il polso dell’oscurantismo dei tempi che viviamo.
Come non accennare anche all’ennesimo favoloso artwork di Prof. Bad Trip, che purtroppo ci ha lasciati prematuramente ?

A quando un lavoro più corposo..... ragazzi (!?!?) .

http://www.nicotinerecords.com/
sdh@hotmail.it

sabato 9 dicembre 2006

Collaborations; LIVE REPORT : The Flowers, Viaggio nella canzone d'autore III, I CONTEMPORANEI ( Altair Association , 2 / 12/ 06 ) by Antonio Vergari


Antonio Vergari ha già scritto un articolo per questo blogspot ed é venuto a sentirci il 2 Dicembre all'Altair dietro mio invito ; a fine serata quando é venuto a trovarmi simpaticamente mi ha espresso il desiderio di scrivere qualcosa sulla serata. Potevo dirgli di no ?
Il risultato é un pezzo per nulla didascalico, allusivo ed originale nella sua svagata vaghezza!
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Esile recensione del contenuto di una serata a Bari


Nessun incensamento, niente violini che suonano da soli. Queste pagine sono già loro, se leggi non è per loro; parla di quello che hanno fatto ieri, l’alternativa della consuetudine del sabato: il ricordare la storia passata più prossima, quella dei Contemporanei.
In due parti, unplugged e elettrico.

Amo molto meglio di te, Henry Lee! Cerco nelle Sacre Scritture

Ballate di omicidi. Pugnalare per amore. Farsi chiamare uno dei Fleurs du Mal e darsi al misticismo.
I lati intimisti del songwriting poi sfociano dritti sul confine, e rimangono lì, un po’ in bilico temi sulla necessità di essere amati e squarciare il velo di ipocrisie del bosco selvaggio, essere in città
un barbone ubriaco, dire che non va tutto bene.
Il pezzo di Lanegan è quell’ elegia improvvisata sul palco, con tutti davanti ma nessuno ti guarda, che nella voce trova la propria catarsi.

Polly vuole una dose….qualcuno da amare

Non separare il contenuto dal contenitore, il risultato è la ricompensa. Prendi una cosa grunge
togli il basso col tremolo e la batteria. Una certa dolcezza nella verità che parla con le parole, allora tanto vale ascoltarle, con o senza urli, più o meno roca la voce.
Il basso sta seduto e la chitarra sta per trasformarsi in batteria, si può dire tutto ma difficilmente dall’altra parte impareranno in tempo a andare a tempo con il battito delle mani.

Quando una ragazza, una donna, Margaret va in città Ho la luna piena nella mia anima

A Bari il sabato sera sanno veramente tutti dove andare, peggio per loro. Mancheranno loro l’acustica e la Rickenbacker e il cantante che si abbassa a terra o siede in contemplazione degli amici suoi musicisti.
Poche cose di un percorso storico possono far pensare se sentite per la prima volta, ricordare se è la seconda, cantare e suonarle se si sentono proprie.

È stata una giornata difficile…… abbiamo suonato come dei cani

Ci voleva più pop? Più balli da fare? Più battute dal palco?
Chi sarebbe tornato da dove è venuto con la pulce nell’orecchio?
Quando verrà in mente che l’ Italiana non è la sola?
L’ audience si sveglia solo dopo poche note di Saint Tropez .

Go Flowers go!

ANTONIO VERGARI

www.theflowers.it


martedì 5 dicembre 2006

Anniversari; JOE STRUMMER ( August 21, 1952 - Dec.22, 2002) Tribute



Quattro anni fa, il 22 Dicembre moriva JOE STRUMMER . Devo spiegarvi chi era e perché la sua memoria per chi scrive e chissà per quanti altri migliaia di fans rimane così viva?
Non credo, perché se state leggendo questo blogspot appartenete alla stessa razza dei Flowers e di chi scrive.
Quando morì scrissi commosso di getto un pezzo che fu pubblicato da un sito cui allora collaboravo (non chiedetemene il nome però !) : ve lo riproporrò il 22 o giù di lì.
Qui però pubblico esattamente come l'ho ricevuto il comunicato stampa nel quale si annuncia la III Edizione del Tributo Italiano a Joe Strummer che si terrà sabato 9 dicembre a Bologna.
Credo che interesserà non pochi !
Vi allego anche il testo della e-mail giuntami da Fulvio 'Devil' Pinto del sito Punkadeka, uno degli organizzatori dell'evento insieme allo stesso Deka !
' ......“10.000 Giorni di Rock’n’Roll”
IL TRIBUTO ITALIANO A JOE STRUMMER - Il Tributo Italiano a Joe Strummer è un concerto benefit voluto da Mauro (Radioclash.it), Fulvio/Devil e Deka(Punkadeka.it) per colmare l'immenso vuoto lasciato dopo la scomparsa di JOE STRUMMER. La prima edizione del tributo si è tenuta il 19 Dicembre del 2004 a Bologna e volutamente nella città in cui nel 1980 si svolse il primo concerto Italiano dei Clash. L’evento intende commemorare degnamente la figura umana ed artistica di Joe Strummer (21 Agosto 1952 – 22 Dicembre 2002), anima e coscienza politica dei Clash, una band che ha saputo incidere profondamente nella storia del rock’n’roll.
Grazie alla disponibilità di molte band italiane con Joe ed i Clash nel cuore, ed alla presenza di alcuni ospiti ex Mescaleros (l’ultima band di Strummer), il Tributo Italiano a Joe Strummer, è diventato un appuntamento irrinunciabile per ogni fan dell’indimenticato rocker inglese e degli stessi CLASH. Fin dalla prima edizione i proventi della serata sono stati destinati a Strummerville, l’associazione no profit costituita dalla famiglia e dagli amici più intimi di Joe...Finchè avremo Ossigeno manterremo viva questa tradizione annuale per non dimenticare JOE STRUMMER e i CLASH. Ci vediamo a Bologna, ogni anno, sempre in Dicembre, JOE vi aspetta...Mauro, Fulvio/Devil e Deka. ' .
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Comunicato Stampa ufficiale III Edizione 2006
“10.000 GIORNI DI ROCK’N’ROLL” III Edizione 2006

IL TRIBUTO ITALIANO A JOE STRUMMER

SABATO 9 DICEMBRE 2006 @ NUOVO ESTRAGON, Via Stalingrado, 83 Bologna / Area Festa Unita'

Infoline :
tributojoestrummer@punkitaliano.it
Cell: +39 335 577 06 50
MySpace :
http://www.myspace.com/tributojoestrummeritalia


JOE STRUMMER se ne andava il 22 dicembre 2002 a soli 50 anni. L'anima e la coscienza politica dei Clash , il formidabile rocker diventato punto di riferimento ideale per migliaia di giovani, è scomparso quattro anni fa lasciando un vuoto incolmabile. La sua voce ha lanciato un messaggio ai ragazzi di tutto il mondo, e trattandosi di un messaggio che chiedeva verità e giustizia , che affermava la necessità di una società multiculturale e multirazziale, i ragazzi hanno ascoltato.
Il fatto poi che poco sia cambiato nei destini di questo malato pianeta, non intacca minimamente la validità di questo messaggio e, anzi, lo rende sempre più attuale e necessario.
I ragazzi hanno ascoltato Joe e lo ricorderanno per sempre, perché non si può dimenticare chi, per 30 anni, dai Clash ai Mescaleros, ha profuso attraverso la musica tale e tanta energia, passione, determinazione, speranza.
Il desiderio di ricordare con eterna riconoscenza Joe Strummer come musicista e come uomo, caratterizzerà anche la terza edizione del Tributo Italiano 2006 a lui dedicato, dopo le positive esperienze dei primi due anni. La serata organizzata in piena autonomia da Radioclash.it e Punkadeka.it, viene riproposta con le usuali caratteristiche di concerto benefit grazie alla fondamentale collaborazione delle band partecipanti che hanno Joe ed i Clash nel cuore, ed alla disponibilità di Estragon. Anche in questa edizione si alterneranno sul palco gruppi storici italiani del combat rock e del punk, tribute band, musicisti e rockers emergenti a prova di un movimento ancora vivo ed appassionato.
La novità di questa edizione è rappresentata dalla presenza nel cast di due band inglesi che hanno partecipato lo scorso maggio allo Strummercamp di Manchester, a testimonianza di quanto ancora sia ancora vivo, ad ogni latitudine, il ricordo di Joe. Nel corso della serata verranno eseguiti oltre 35 brani storici dei Clash insieme a diversi pezzi tratti dal repertorio di Joe Strummer and The Mescaleros.

Il cast (non in ordine di apparizione) :

ALBERTO SANNA & ANIMANERA
ATARASSIA GROP
BLACK MARKET
CLAMPDOWN
CONTROLLO TOTALE
FFD
THE INFIDELS (UK)
KLASSE KRIMINALE
KLAXON
LINEA
MALAVIDA
NIGHT OF TREASON (UK)
RADIO BRIXTON
RAPPRESAGLIA
RATOBLANCO
SKARNEMURTA

Alla serata parteciperanno come graditissimi ospiti anche PABLO COOK e SMILEY , due ex MESCALEROS che hanno diviso il palco con Joe Strummer nell'ultimo tratto del suo percorso artistico. In oltre sara’ presente,
PAT GILBERT, già brillante giornalista del NME, ed autore di uno dei più bei libri usciti sui Clash, quel "Passion is A Fashion", edito in Italia da Arcana con il titolo di "Death Or Glory". Sara’ dei nostri anche RICHARD NORRIS, proveniente dalla prima formazione dei Mescaleros e personaggio chiave per il ritorno sulle scene di Strummer. Richard Norris (ex dei Grid nei quali militava con Pablo Cook) conobbe Joe intorno al 1995, e lo spronò a riprendere l'attività musicale lavorando con lui su alcuni nuovi pezzi. E' il produttore dei brani "Yalla Yalla" e "Sandpaper Blues" presenti in "Rock Art and The X Ray Style", e nello stesso disco suona le tastiere in "Diggin The New" e, ancora, in "Sandpaper Blues". Non è esclusa una sua puntata on stage per affiancarsi alle band sui pezzi dei Mescaleros.


ORARI : dalle ore 16:30 apertura con dj set Clash oriented, dalle ore 17:30 puntuali, inizio del concerto che terminerà intorno alle 24:00.

INGRESSO
: Euro 12,00 con consumazione e gadget della serata.

RICORDIAMO CHE : Anche per questa edizione del tributo i proventi saranno destinati a STRUMMERVILLE , la fondazione senza scopo di lucro fondata dalla famiglia e dagli amici intimi di Joe.

ATTENZIONE : Sabato 9 Dicembre cade in pieno Motorshow di Bologna. Vi invitiamo pertanto a raggiungere Estragon, che si trova proprio in zona Fiera, con un certo anticipo onde evitare ingorghi stradali ed autostradali.


Per soggiornare a Bologna visitate: www.2torri.it/dormire.cfm

Come arrivare al Nuovo Estragon: www.estragon.it/dove.htm


COMUNICAZIONE STAMPA By: UNITED COMMUNICATION Web Press Office