A quattro anni da "The Boatman's Call" Nick Cave, continuando il suo personale tragitto lirico di redenzione, si ripresenta con rinnovata energia ed enfasi interpretativa (si ascolti Fifteen Feet of Pure White Snow) raggiungendo un'intensità parossistica (e una simbiosi totale con i Bad Seeds) che non gli ricordavamo dai tempi di "Henry's Dream". La dimensione classica del suono di questo album, con archi, pianoforte e voce protagonisti assoluti conferma in modo inequivocabile come l'australiano inseguisse in quegli anni una visione ed una visionarietà estetiche del tutto incuranti di ciò che gli succedeva attorno: elettronica, campionamenti, glitch gli erano del tutto estranei e lo stesso apporto chitarristico di Blixa Bargeld non risultava certo in evidenza in questa opera. Una scelta radicale nella quale al contrario risultavano fondamentali le sonorità calde delle sezioni d’archi arrangiate da Warren Ellis e Mick Harvey: la perfezione formale di As I Sat Sadly by Her Side e delle altre stupende ballate dell’album è a ben ascoltare sempre un pò intrisa di blues, gospel e matrici ancestrali (quelle scolpite a fuoco nell'immaginario artistico di Nick!).
Impossibile non farsi sopraffare dall'emozione in episodi come Sweetheart Come, The Sorrowful Wife, e No More Shall We Part: le lacrime possono sciacquare il dolore, l'amore può redimere e sciogliere i nodi di una vita, ma nulla è così forte come il potere della musica di aprire nuove porte alla coscienza. Tutto ciò Nick Cave lo sa benissimo perché da tale potere fosforescente "No More Shall We Part" trae linfa vitale; ci si può perdere nella verbosità affaticata ma lucida dei gospel/blues profani Darker With The Day e Gates To The Garden, nella preghiera accorata We Came Along This Road solcata da 'dolorosi' accordi pianistici.
'Mi sono seduto per cercare la presenza di Dio; cercai tra le illustrazioni di un libro rilegato in pelle, trovai un agnello lanoso addormentato in una pozza di sangue, ed un Gesù con le branchie che rabbrividiva attaccato all'amo di un pescatore. Sembra passato così tanto tempo da quando te ne sei andata via, ed io devo proprio dire che si fa sempre più buio col passare del giorno' (Darker With The Day)
'Son rimasto seduto per un pò ed ho riflettuto con le spalle ai cancelli del giardino. Padri fuggitivi, bambini malati, madri decenti, amanti fuggiaschi e suicidi, scatole assortite di ossa ordinarie, di progetti abortiti e di speranze infrante all'improvviso, in file sfortunate, fino ai cancelli del giardino. Non vuoi incontrarmi ai cancelli, non vuoi incontrarmi ai cancelli del giardino' (Gates to The Garden)
'Uscii dalla porta sul retro con la pistola fumante dell'amante di mia moglie, non so che cosa sperassi, me ne andai di corsa, ero il tuo amante, ero il tuo uomo, non c'é mai stato un altro, ero tuo amico, finché non siamo finiti lungo questa strada. Eri la mia amante, eri mia amica, non c'era stata nessun'altra da cui potessi dipendere, poi siamo finiti lungo questa strada ' (We Came Along This Road)
Wally Boffoli
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sabato 22 gennaio 2011
BOOK REVIEWS: "Memorie dal sottosuolo" di Fedor Dostoevskij / Ascolto abbinato consigliato: "Grinderman 2"
"Vi giuro, signori, che l'esser troppo consapevoli è una malattia, un'autentica, assoluta malattia"(F. Dostoevskij).
Ho deciso di pubblicare questo articolo di Felice Marotta perché ho trovato alcuni concetti e stati d'animo in esso espressi straordinariamente moderni, come la 'solitudine' ed il 'ripiegamento' dell'uomo su se stesso: estrapolarli dal diciannovesimo secolo e trapiantarli quasi 'naturalmente' nel nuovo millennio vi pare una cosa tanto maldestra ed inopportuna? Probabilmente é lo stesso Dostoevskij ad essere autore/filosofo morbosamente 'moderno! Ascolto abbinato consigliato: "Grinderman 2" (Wally)
"Memorie dal sottosuolo" ("Записки из подполья") di Fedor Mihailovic Dostoevskij é una esplorazione della natura umana, dei suoi sottosuoli e delle sue zone d'ombra. Dico subito che è un libro che ferisce. Mickey Mouse And The Goodbye Man
Le "Memorie dal sottosuolo" sono le memorie dell' 'uomo superfluo'. Musil definì questo stesso uomo "Uomo senza qualità"("Der Mann ohne Eigenschaften") . Chi è allora l'uomo senza qualità?
E' un uomo che vive di troppa consapevolezza di sè, che si rifugia nella immensa ricchezza del proprio io, che non riesce per questa sua naturale propensione, a dare conseguenze pratiche alla propria vita attuale. In Musil la coscienza è lo spazio in cui si realizzano le infinite possibilità, lo spazio delle vuote e progressive costruzioni.
Quella di Ulrich (protagonista del "Der Mann ohne Eigenschaften") è una coscienza inquieta, sempre in tensione tra un ideale di esattezza (che diventa metafisica) e la consapevolezza invece che il reale avrà sempre margini di indeterminazione, per effetto di quella proprietà che Nietzsche definì 'inesauribilità del reale'. Evil
La costruzione di intrecci di possibilità è un eccesso di consapevolezza, una costruzione vertiginosamente intelligente di un mondo non-attuale e per questo motivo, una costruzione non-fisica, un fallimento della vita pratica.
Super Heathen Child
Mentre in Musil il fallimento esistenziale è un fallimento che resta però sospeso, un fallimento che non si esplicita perchè rimane irrisolto in quella stessa tensione che cerca (non riuscendoci) di esprimere l'inesauribilità del reale, in Dostoevskij il giudizio etico negativo sull'incapacità di vivere una vita pratica è invece espresso nettamente: Worm Tamer
("Un essere che si abitua a tutto: ecco, penso sia la migliore definizione che si possa dare dell'uomo. Forse io mi credo un uomo intelligente proprio e solo per questa ragione, che in tutta la vita non m'è mai riuscito di portare a termine nulla")
L'uomo superfluo, il protagonista del romanzo dostoevskiano, vive con sofferenza la consapevolezza della propria incapacità di agire ("la consapevolezza è per l'uomo una delle più grandi disgrazie") Star Charmer.
Per questo, la solitudine diviene il rifugio in cui vivere senza disturbi la ricchezza della propria intelligenza, maturando desideri di riscatto, egoismi, pulsioni inconscie, in un ripiegamento continuo nel proprio io che però resta incapace di farsi atto:
("Non solo cattivo, ma proprio nulla sono riuscito a diventare: né cattivo, né buono, né furfante, né onesto, né eroe, né insetto. E ora vegeto nel mio cantuccio, punzecchiandomi con la maligna e perfettamente vana consolazione che l'uomo intelligente non può diventare seriamente qualcosa, ma diventa qualcosa soltanto lo sciocco. Kitchenette
Sissignori, l'uomo intelligente del diciannovesimo secolo deve ed è moralmente obbligato a essere una creatura essenzialmente priva di carattere; mentre l'uomo di carattere, l'uomo d'azione, deve essere una creatura essenzialmente limitata. Questa è la mia quarantennale convinzione. Ora ho quarant'anni, e quarant'anni sono tutta una vita; sono la più decrepita vecchiezza. Vivere più di quarant'anni è indecente, volgare, immorale! Chi vive oltre i quarant'anni? Rispondete sinceramente, onestamente. Ve lo dirò io chi: gli sciocchi e i mascalzoni. Bellringer Blues
Lo dirò in faccia a tutti i vecchi, a tutti quei vecchi venerandi, a tutti quei vegliardi profumati e dalle chiome d'argento! Lo dirò in faccia a tutto il mondo! Ho il diritto di dirlo, perché io stesso camperò fino a sessant'anni. Fino a settant'anni, vivrò! Fino a ottant'anni, vivrò!")
Mentre in Musil si intravvede una via d'uscita in una sorta di futura comunione spirituale con l'altro (Agathe), in Dostoevskij non vi sarà pacificazione, la salvezza può esserci solo nell'altro (Liza), ma l'uomo superfluo distruggerà per egoismo e meschinità l'unica possibilità di redenzione che gli rimane, per la stessa incapacità di conciliare l'esistenza di un mondo-altro con quella del proprio mondo interiore.
Dico che il romanzo dostoevskiano è un testo che ferisce, perchè non lascia alcuna via d'uscita e di salvezza a chi si rifugia, con egoismo ed eccesso di consapevolezza, nell'autocontemplazione del proprio io e della propria intelligenza, rinunciando a far vivere pienamente il proprio agire nel mondo.
Memorie dal sottosuolo
Memorie sal sottosuolo (adattamento e regia di Gabriele Lavia)
Ho deciso di pubblicare questo articolo di Felice Marotta perché ho trovato alcuni concetti e stati d'animo in esso espressi straordinariamente moderni, come la 'solitudine' ed il 'ripiegamento' dell'uomo su se stesso: estrapolarli dal diciannovesimo secolo e trapiantarli quasi 'naturalmente' nel nuovo millennio vi pare una cosa tanto maldestra ed inopportuna? Probabilmente é lo stesso Dostoevskij ad essere autore/filosofo morbosamente 'moderno! Ascolto abbinato consigliato: "Grinderman 2" (Wally)
"Memorie dal sottosuolo" ("Записки из подполья") di Fedor Mihailovic Dostoevskij é una esplorazione della natura umana, dei suoi sottosuoli e delle sue zone d'ombra. Dico subito che è un libro che ferisce. Mickey Mouse And The Goodbye Man
Le "Memorie dal sottosuolo" sono le memorie dell' 'uomo superfluo'. Musil definì questo stesso uomo "Uomo senza qualità"("Der Mann ohne Eigenschaften") . Chi è allora l'uomo senza qualità?
E' un uomo che vive di troppa consapevolezza di sè, che si rifugia nella immensa ricchezza del proprio io, che non riesce per questa sua naturale propensione, a dare conseguenze pratiche alla propria vita attuale. In Musil la coscienza è lo spazio in cui si realizzano le infinite possibilità, lo spazio delle vuote e progressive costruzioni.
Quella di Ulrich (protagonista del "Der Mann ohne Eigenschaften") è una coscienza inquieta, sempre in tensione tra un ideale di esattezza (che diventa metafisica) e la consapevolezza invece che il reale avrà sempre margini di indeterminazione, per effetto di quella proprietà che Nietzsche definì 'inesauribilità del reale'. Evil
La costruzione di intrecci di possibilità è un eccesso di consapevolezza, una costruzione vertiginosamente intelligente di un mondo non-attuale e per questo motivo, una costruzione non-fisica, un fallimento della vita pratica.
Super Heathen Child
Mentre in Musil il fallimento esistenziale è un fallimento che resta però sospeso, un fallimento che non si esplicita perchè rimane irrisolto in quella stessa tensione che cerca (non riuscendoci) di esprimere l'inesauribilità del reale, in Dostoevskij il giudizio etico negativo sull'incapacità di vivere una vita pratica è invece espresso nettamente: Worm Tamer
("Un essere che si abitua a tutto: ecco, penso sia la migliore definizione che si possa dare dell'uomo. Forse io mi credo un uomo intelligente proprio e solo per questa ragione, che in tutta la vita non m'è mai riuscito di portare a termine nulla")
L'uomo superfluo, il protagonista del romanzo dostoevskiano, vive con sofferenza la consapevolezza della propria incapacità di agire ("la consapevolezza è per l'uomo una delle più grandi disgrazie") Star Charmer.
Per questo, la solitudine diviene il rifugio in cui vivere senza disturbi la ricchezza della propria intelligenza, maturando desideri di riscatto, egoismi, pulsioni inconscie, in un ripiegamento continuo nel proprio io che però resta incapace di farsi atto:
("Non solo cattivo, ma proprio nulla sono riuscito a diventare: né cattivo, né buono, né furfante, né onesto, né eroe, né insetto. E ora vegeto nel mio cantuccio, punzecchiandomi con la maligna e perfettamente vana consolazione che l'uomo intelligente non può diventare seriamente qualcosa, ma diventa qualcosa soltanto lo sciocco. Kitchenette
Sissignori, l'uomo intelligente del diciannovesimo secolo deve ed è moralmente obbligato a essere una creatura essenzialmente priva di carattere; mentre l'uomo di carattere, l'uomo d'azione, deve essere una creatura essenzialmente limitata. Questa è la mia quarantennale convinzione. Ora ho quarant'anni, e quarant'anni sono tutta una vita; sono la più decrepita vecchiezza. Vivere più di quarant'anni è indecente, volgare, immorale! Chi vive oltre i quarant'anni? Rispondete sinceramente, onestamente. Ve lo dirò io chi: gli sciocchi e i mascalzoni. Bellringer Blues
Lo dirò in faccia a tutti i vecchi, a tutti quei vecchi venerandi, a tutti quei vegliardi profumati e dalle chiome d'argento! Lo dirò in faccia a tutto il mondo! Ho il diritto di dirlo, perché io stesso camperò fino a sessant'anni. Fino a settant'anni, vivrò! Fino a ottant'anni, vivrò!")
Mentre in Musil si intravvede una via d'uscita in una sorta di futura comunione spirituale con l'altro (Agathe), in Dostoevskij non vi sarà pacificazione, la salvezza può esserci solo nell'altro (Liza), ma l'uomo superfluo distruggerà per egoismo e meschinità l'unica possibilità di redenzione che gli rimane, per la stessa incapacità di conciliare l'esistenza di un mondo-altro con quella del proprio mondo interiore.
Dico che il romanzo dostoevskiano è un testo che ferisce, perchè non lascia alcuna via d'uscita e di salvezza a chi si rifugia, con egoismo ed eccesso di consapevolezza, nell'autocontemplazione del proprio io e della propria intelligenza, rinunciando a far vivere pienamente il proprio agire nel mondo.
Felice Marotta e Wally Boffoli
Memorie dal sottosuolo
Memorie sal sottosuolo (adattamento e regia di Gabriele Lavia)
KRAUT ROCK/KOSMISCHE MUSIK - GILA: Vapori psichedelici da Stoccarda
Il Gruppo dei Gila si forma intorno al 1969 in quel di Stoccarda, all'inizio la band assume l'aspetto di una comune, cosa tipica del tempo in Germania ma non solo e lavora su films, diapositive poemi e musica ovviamente. Alla fine decidono di dare alle stampe il loro primo disco grazie all'interessamento della Basf e nel 1971 esce il disco omonimo "GILA", detto anche "FREE ELECTRIC SOUND". La prima formazione comprende Conny Veit (vocals & guitar), Daniel Alluno (drums, bongos, tabla), Fritz Scheyhing (organ, Mellotron, percussion, electronics), Walter Wiederkehr (bass).
Il disco è prevalentemente strumentale, dominato dalla chitarra di Conny, ed è uno dei migliori esempi di Space-Rock teutonico, se proprio vogliamo affibbiargli un etichetta; i 6 brani hanno titoli particolare quasi da opera concept: Aggressione, Comunicazione, Collasso, Contatto, Collettività, Individualità, tutti nomi che riflettono probabilmente la "way of life" del gruppo. Il disco originale aveva al suo interno un poster della copertina non proprio bellissima a dire il vero. Con questa identica formazione i Gila registrano poi un altro disco "Night Works" uscito postumo molti anni dopo, addirittura nel 1999, tutti i brani provengono da una session per un "Live Broadcast" del 1972 per una Radio di Colonia. Questo disco, fortunatamente riemerso dall'oblio, è un altra fantastica esplorazione della mente e soprattutto della chitarra di Veit, qui dominatore assoluto, siamo dalle parti dei Pink Floyd del secondo disco di "Ummagumma", quelli di Careful e Set the control tanto per rendere l'idea; ascoltare esempio The Gila Symphony (13 minuti spaziali) un album da riscoprire assolutamente!
Dopo questa prova Conny Veit forse deluso dal disinteresse generale decide di imbarcarsi nell'astronave Popol Vuh, a giudizio di chi scrive il miglior gruppo krautrock di sempre, con loro registrerà "Hosianna Mantra" (1973), "Seligpreisung" (1974). "Agape Agape Love Love" (1983) e "Spirit of Peace" (1985), ma questa è un altra storia.
Conny però sente la necessità di resuscitare la sua splendida creatura ed aiutato proprio dai 2 fantastici strumentisti dei Vuh, Florian Fricke (Mellotron, Grand Piano) e Daniel Fiechelscher (bass, percussion) oltre che dalla splendida Sabine Merbach, registra il secondo capolavoro "Bury My Heart At Wounded Knee" (1973), addirittura su etichetta Warner Bros. Questo favoloso album è un concept basato sul noto Massacro degli Indiani (mai troppo ricordato sottolineo) e musicalmente è un Popol Vuh Album con tutte le composizioni però appannaggio di Conny Veit, sublime come sempre nella solista, qui molto influenzato nel modo di suonare dai Guitar Heroes Californiani, Melton,Garcia e Cipollina su tutti.
Il disco si apre con la splendida This Morning, con la bella voce della Merbach e la fluida acida chitarra del leader, a seguire In A Sacred Manner, meravigliosa con Conny che se la cava bene anche alla voce, poi altri gioielli chiamati Black Kettle's Ballad, Little Smoke e la conclusiva The Buffalo Are Coming, 7'17" incredibili col piano iniziale di Fricke che lascia il posto all'elettrica di Conny, con un bell' intermezzo di flauto ed un pazzesco finale tribalistico. Dopo questa meraviglia sonora, Conny Veit nel 1974 decide di dare fine al progetto GILA nell'indifferenza generale, suonerà ancora con i Guru Guru e nei dischi citati sopra dei Popol Vuh.
GILA: un gruppo che ogni appassionato di KRAUT ROCK dovrebbe conoscere.
DISCOGRAFIA:
"Free Electric Sound" (1971, BASF)
"Night Works" (1972, pubblicato nel 1999)
"Bury My Heart at Wounded Knee" (1973, W.B.)
The Crack In The Cosmic Egg Light Version
Il disco è prevalentemente strumentale, dominato dalla chitarra di Conny, ed è uno dei migliori esempi di Space-Rock teutonico, se proprio vogliamo affibbiargli un etichetta; i 6 brani hanno titoli particolare quasi da opera concept: Aggressione, Comunicazione, Collasso, Contatto, Collettività, Individualità, tutti nomi che riflettono probabilmente la "way of life" del gruppo. Il disco originale aveva al suo interno un poster della copertina non proprio bellissima a dire il vero. Con questa identica formazione i Gila registrano poi un altro disco "Night Works" uscito postumo molti anni dopo, addirittura nel 1999, tutti i brani provengono da una session per un "Live Broadcast" del 1972 per una Radio di Colonia. Questo disco, fortunatamente riemerso dall'oblio, è un altra fantastica esplorazione della mente e soprattutto della chitarra di Veit, qui dominatore assoluto, siamo dalle parti dei Pink Floyd del secondo disco di "Ummagumma", quelli di Careful e Set the control tanto per rendere l'idea; ascoltare esempio The Gila Symphony (13 minuti spaziali) un album da riscoprire assolutamente!
Dopo questa prova Conny Veit forse deluso dal disinteresse generale decide di imbarcarsi nell'astronave Popol Vuh, a giudizio di chi scrive il miglior gruppo krautrock di sempre, con loro registrerà "Hosianna Mantra" (1973), "Seligpreisung" (1974). "Agape Agape Love Love" (1983) e "Spirit of Peace" (1985), ma questa è un altra storia.
Conny però sente la necessità di resuscitare la sua splendida creatura ed aiutato proprio dai 2 fantastici strumentisti dei Vuh, Florian Fricke (Mellotron, Grand Piano) e Daniel Fiechelscher (bass, percussion) oltre che dalla splendida Sabine Merbach, registra il secondo capolavoro "Bury My Heart At Wounded Knee" (1973), addirittura su etichetta Warner Bros. Questo favoloso album è un concept basato sul noto Massacro degli Indiani (mai troppo ricordato sottolineo) e musicalmente è un Popol Vuh Album con tutte le composizioni però appannaggio di Conny Veit, sublime come sempre nella solista, qui molto influenzato nel modo di suonare dai Guitar Heroes Californiani, Melton,Garcia e Cipollina su tutti.
Il disco si apre con la splendida This Morning, con la bella voce della Merbach e la fluida acida chitarra del leader, a seguire In A Sacred Manner, meravigliosa con Conny che se la cava bene anche alla voce, poi altri gioielli chiamati Black Kettle's Ballad, Little Smoke e la conclusiva The Buffalo Are Coming, 7'17" incredibili col piano iniziale di Fricke che lascia il posto all'elettrica di Conny, con un bell' intermezzo di flauto ed un pazzesco finale tribalistico. Dopo questa meraviglia sonora, Conny Veit nel 1974 decide di dare fine al progetto GILA nell'indifferenza generale, suonerà ancora con i Guru Guru e nei dischi citati sopra dei Popol Vuh.
GILA: un gruppo che ogni appassionato di KRAUT ROCK dovrebbe conoscere.
Ricardo Martillos
DISCOGRAFIA:
"Free Electric Sound" (1971, BASF)
"Night Works" (1972, pubblicato nel 1999)
"Bury My Heart at Wounded Knee" (1973, W.B.)
The Crack In The Cosmic Egg Light Version
venerdì 21 gennaio 2011
BRIAN JONESTOWN MASSACRE, selection by Federico Porta
Difficile se non impossibile carpire in 10 brani l’essenza di una band che in 17 anni di attività ha pubblicato 12 albums ufficiali più vari EP, nella cui formazione si sono avvicendati quasi sessanta elementi e che seppur pescando in maniera feticista dal passato, non ha mai disdegnato sperimentalismi vari, sorprendendo più di una volta le aspettative di chi li ha sempre seguiti. Evocando contemporaneamente sia Beatles che Rolling Stones, passando per Velvet Underground e My Bloody Valentine (il titolo del loro album "My Bloody Underground" ne è una sorta di tributo) e propensi a quella poliedricità strumentale di cui Brian Jones, tra altri, era stato precursore.
Guidati non solo spiritualmente da Anton Newcombe, i Brian Jonestown Massacre hanno costituito il Committee to Keep Music Evil, un comitato a cui varie bands della scena neo-psichedelica statunitense hanno aderito al fine di preservare l’autenticità della loro musica sostenendosi reciprocamente nell’intento di mantenersi al di fuori da compromessi con il business. Newcombe personaggio carismatico, esistenzialmente tormentato e dai trascorsi difficili, ha recentemente abbandonato gli Stati Uniti per trasferirsi in Europa tra l’Islanda e Berlino assimilando dalla vita notturna della capitale i suoni dell’inconfondibile tecno-dance tedesca, con la quale ha caratterizzato i suoi ultimi lavori. Questa selezione non vuole e non può essere rappresentativa del gruppo, (a malapena ci riesce l’antologia in doppio CD, "Tepid Peppermint Wonderland" (Tee Pee Records, 2004) ma un’occasione per riascoltare alcune delle loro canzoni più belle, e un invito ad approfondire per chi non li conoscesse. Ad ogni modo buon viaggio.
Wisdom ("Methodrone" - Bomp! Records 1995)
Their Satanic Majesties Second's Request (Bomp! Records 1996)
Servo ("Give it Back" - Bomp Records 1997)
Jennifer ("Strung Out in Heaven" - TVT Records 1998)
Mansion in the Sky ("Bringin'it All Back Home Again" - Which? Records 1999)
Let Me Stand Next to Your Flower ("Bravery, Repetition and Noise" - Bomp! Records 2001)
Nevertheless ("Bravery, Repetition and Noise" - Bomp! Records 2001)
Open Heart Surgery ("Bravery, Repetition and Noise" - Bomp! Records 2001)
Dropping Bomb On The White House ("My Bloody Underground" - A Records 2008)
Let's Go Fuckin Mental ("Who Killed Sgt. Pepper?" - A Records 2010)
Guidati non solo spiritualmente da Anton Newcombe, i Brian Jonestown Massacre hanno costituito il Committee to Keep Music Evil, un comitato a cui varie bands della scena neo-psichedelica statunitense hanno aderito al fine di preservare l’autenticità della loro musica sostenendosi reciprocamente nell’intento di mantenersi al di fuori da compromessi con il business. Newcombe personaggio carismatico, esistenzialmente tormentato e dai trascorsi difficili, ha recentemente abbandonato gli Stati Uniti per trasferirsi in Europa tra l’Islanda e Berlino assimilando dalla vita notturna della capitale i suoni dell’inconfondibile tecno-dance tedesca, con la quale ha caratterizzato i suoi ultimi lavori. Questa selezione non vuole e non può essere rappresentativa del gruppo, (a malapena ci riesce l’antologia in doppio CD, "Tepid Peppermint Wonderland" (Tee Pee Records, 2004) ma un’occasione per riascoltare alcune delle loro canzoni più belle, e un invito ad approfondire per chi non li conoscesse. Ad ogni modo buon viaggio.
Federico Porta
Wisdom ("Methodrone" - Bomp! Records 1995)
Their Satanic Majesties Second's Request (Bomp! Records 1996)
Servo ("Give it Back" - Bomp Records 1997)
Jennifer ("Strung Out in Heaven" - TVT Records 1998)
Mansion in the Sky ("Bringin'it All Back Home Again" - Which? Records 1999)
Let Me Stand Next to Your Flower ("Bravery, Repetition and Noise" - Bomp! Records 2001)
Nevertheless ("Bravery, Repetition and Noise" - Bomp! Records 2001)
Open Heart Surgery ("Bravery, Repetition and Noise" - Bomp! Records 2001)
Dropping Bomb On The White House ("My Bloody Underground" - A Records 2008)
Let's Go Fuckin Mental ("Who Killed Sgt. Pepper?" - A Records 2010)
giovedì 20 gennaio 2011
NICK CAVE: "The Boatman’s Call" (1997, Mute/Reprise)
Grinderman, la nuova creatura di Nick Cave e Warren Ellis continua a catalizzare attenzione e sensi, anche i miei, con fascino contorto e malvagioi: ma mi é bastato riascoltare per un attimo (Are You) The One That I've Been Waiting For? per rimanere nuovamente intrappolato nel mood decadente e 'maledetto' di "The Boatman's Call", nei pianismi evanescenti, nei 'rimpianti' esistenziali avvolgenti. A distanza di anni ci sono brani che pare ti appartengano molto più profondamente; li osservo/ascolto, ormai inerme, seviziare con serialità border-line le poche difese ormai rimaste: Idiot Prayer, Where Do We Go Now But Nowhere?, Lime Tree Arbour, Green Eyes, Black Hair violano ormai senza scampo un'emozionalità labile ed onnivora.
Quando "The Boatman's Call" vide la luce stentavo a credere si trattasse dello stesso Nick Cave di dischi solisti come "From Here To Eternity", "The Firstborn Is Dead", "Your Funeral My Trial" per non parlare dei Birthday Party: lo stacco estetico ed esistenziale col passato delineatosi in "Let Love In" e poi attenuatosi in "Murder Ballads" giunge qui al suo zenith: Cave è ripiegato su se stesso, ha bisogno di concentrazione spirituale e la cerca in un misticismo estremamente introiettato. Le liriche sono dense di riferimenti alla Bibbia ed alla potenza sublimante dell'amore, come la meravigliosa (Are You) The One That I've Been Waiting For, un brano destinato ad attraversare indenne decenni a venire, senza perdere un grammo del suo fascino triste ed avvolgente.
Are You The One That I've Been Waiting For?:
"Ti ho sentita arrivare, ragazza, mentre ti facevi vicina sapevo che mi avresti trovato, perché ti volevo qui. Sei tu il mio destino? E' in questo modo che apparirai? Avvolta in un mantello con le lacrime agli occhi? Sei tu quella che stavo aspettando? Sono solo piccole lacrime, cara, lasciale scorrere ed appoggia la testa sulla mia spalla, fuori dalla finestra il mondo é sceso in guerra. Dentro le vene sento il richiamo del cuore pulsarmi, sei tu quella che stavo aspettando?"
La sua rilettura della religiosità s'incrocia/scontra costantemente con psicologismi accentuati, tipici di una personalità tormentata e complessa; il dualismo sacro-profano é più che mai al centro del suo immaginario.
Into My Arms:
"Non credo in un Dio interventista ma se ci credessi mi inginocchierei e chiederei a Lui di non toccarti neanche un capello, di lasciarti come sei e se proprio Lui volesse dirigerti allora ti dirigesse tra le mie braccia. Tra le mie braccia O Signore. Credo nell'amore e so che anche tu ci credi, e so che esiste una strada lungo la quale possiamo camminare, io e te. Perciò lasciate bruciare le vostre candele e rendete il suo viaggio luminoso e puro affinché lei possa fare ritorno, sempre e per sempre. Tra le mie braccia, O Signore, tra le mie braccia"
People Ain't No Good
"La gente non è affatto buona. Ci siamo sposati sotto dei ciliegi, sotto i rami in fiore abbiamo fatto il nostro giuramento. Tutti i fiori scendevano giù in strane traiettorie, lungo le strade ed attraverso i campi da gioco. La gente non é affatto buona. Non é che i loro cuori siano cattivi, possono confortarti, qualcuno ci prova pure. Ti curano quando sei malato, ti seppelliscono quando muori. Non é che i loro cuori siano cattivi, ti starebbero vicino se potessero, ma sono solo stronzate, baby. La gente non é affatto buona"
Il disco è un trionfo di ballate lente, liriche, tristi, nostalgiche, improntate al pianismo toccante di Nick e vestite di una strumentazione essenziale di stampo classicheggiante: Warren Ellis dà vita a struggenti cromatismi di viola/violino, il suo apporto lievita sensibilmente.
"The Boatman's Call" é un toccasana per chi avesse voglia di introspezione e di dialogo con la propria anima violentata e repressa quotidianamente: questa é la strada maestra indicata da Cave in brani come There Is A Kingdom, Brompton Oratory, West Country Girl, Where Do We Go Now But Nowhere?, Idiot Prayer, Far From Me.
Non illudetevi, non vi libererete tanto facilmente dalla maledizione di "The Boatman's Call"; sarà per sempre il "Berlin" di Nick Cave, ne possiede lo stesso ineffabile fascino oscuro e malato. E' l'addio tenebroso di Cave al XX secolo, un sigillo tormentato e privo di spiragli. Mi congedo regalandovi un outtake di "The Boatman's Call": I Do Dear I Do.
Quando "The Boatman's Call" vide la luce stentavo a credere si trattasse dello stesso Nick Cave di dischi solisti come "From Here To Eternity", "The Firstborn Is Dead", "Your Funeral My Trial" per non parlare dei Birthday Party: lo stacco estetico ed esistenziale col passato delineatosi in "Let Love In" e poi attenuatosi in "Murder Ballads" giunge qui al suo zenith: Cave è ripiegato su se stesso, ha bisogno di concentrazione spirituale e la cerca in un misticismo estremamente introiettato. Le liriche sono dense di riferimenti alla Bibbia ed alla potenza sublimante dell'amore, come la meravigliosa (Are You) The One That I've Been Waiting For, un brano destinato ad attraversare indenne decenni a venire, senza perdere un grammo del suo fascino triste ed avvolgente.
Are You The One That I've Been Waiting For?:
"Ti ho sentita arrivare, ragazza, mentre ti facevi vicina sapevo che mi avresti trovato, perché ti volevo qui. Sei tu il mio destino? E' in questo modo che apparirai? Avvolta in un mantello con le lacrime agli occhi? Sei tu quella che stavo aspettando? Sono solo piccole lacrime, cara, lasciale scorrere ed appoggia la testa sulla mia spalla, fuori dalla finestra il mondo é sceso in guerra. Dentro le vene sento il richiamo del cuore pulsarmi, sei tu quella che stavo aspettando?"
La sua rilettura della religiosità s'incrocia/scontra costantemente con psicologismi accentuati, tipici di una personalità tormentata e complessa; il dualismo sacro-profano é più che mai al centro del suo immaginario.
Into My Arms:
"Non credo in un Dio interventista ma se ci credessi mi inginocchierei e chiederei a Lui di non toccarti neanche un capello, di lasciarti come sei e se proprio Lui volesse dirigerti allora ti dirigesse tra le mie braccia. Tra le mie braccia O Signore. Credo nell'amore e so che anche tu ci credi, e so che esiste una strada lungo la quale possiamo camminare, io e te. Perciò lasciate bruciare le vostre candele e rendete il suo viaggio luminoso e puro affinché lei possa fare ritorno, sempre e per sempre. Tra le mie braccia, O Signore, tra le mie braccia"
People Ain't No Good
"La gente non è affatto buona. Ci siamo sposati sotto dei ciliegi, sotto i rami in fiore abbiamo fatto il nostro giuramento. Tutti i fiori scendevano giù in strane traiettorie, lungo le strade ed attraverso i campi da gioco. La gente non é affatto buona. Non é che i loro cuori siano cattivi, possono confortarti, qualcuno ci prova pure. Ti curano quando sei malato, ti seppelliscono quando muori. Non é che i loro cuori siano cattivi, ti starebbero vicino se potessero, ma sono solo stronzate, baby. La gente non é affatto buona"
Il disco è un trionfo di ballate lente, liriche, tristi, nostalgiche, improntate al pianismo toccante di Nick e vestite di una strumentazione essenziale di stampo classicheggiante: Warren Ellis dà vita a struggenti cromatismi di viola/violino, il suo apporto lievita sensibilmente.
"The Boatman's Call" é un toccasana per chi avesse voglia di introspezione e di dialogo con la propria anima violentata e repressa quotidianamente: questa é la strada maestra indicata da Cave in brani come There Is A Kingdom, Brompton Oratory, West Country Girl, Where Do We Go Now But Nowhere?, Idiot Prayer, Far From Me.
Non illudetevi, non vi libererete tanto facilmente dalla maledizione di "The Boatman's Call"; sarà per sempre il "Berlin" di Nick Cave, ne possiede lo stesso ineffabile fascino oscuro e malato. E' l'addio tenebroso di Cave al XX secolo, un sigillo tormentato e privo di spiragli. Mi congedo regalandovi un outtake di "The Boatman's Call": I Do Dear I Do.
Wally Boffoli
JOY DIVISION - Il libro Odoya Edizioni in uscita di Mick Middles e Lindsay Reade + A Joy Division Story
Il nuovo libro: "IAN CURTIS - La vita e i Joy Division" (The Life of Ian Curtis Torn apart), by Mick Middles e Lindsay Reade
Gli omaggi, sotto forma di libri e film, a Ian Curtis, e ai Joy Division sembrano non avere mai fine. La sua figura tragica continua ad affascinare (oltre che i fans) addetti ai lavori e chi lo conobbe. Dopo "Così vicino, così lontano" (Giunti, 1996) scritto della vedova Deborah Curtis, ristampato di recente; dopo il film "Control" di Anton Corbijn uscito nel 2007 é in uscita ai primi di Febbraio 2011 per Odoya (collana Cult Music per quale sono già usciti ottimi libri su Frank Zappa, P.J. Harvey, Daft Punk e di Joe Boyd), un tomo di 364 pagine di Mick Middles e Lindsay Reade, "IAN CURTIS - La vita e i Joy Division" (The Life of Ian Curtis Torn apart) di cui torneremo a parlare dopo averlo letto. Per ora ci limitiamo a dire che Mick Middles é stato il primo giornalista ad intervistare i Joy Division e che ancor oggi é in contatto con loro; Lindsay Reade é stata una delle fondatrici della gloriosa Factory Records e moglie del produttore dei Joy Division, Tony Wilson.
Vi offriamo un piccolissimo stralcio del libro riferentesi all'uscita del secondo album dei Joy Division "Closer":
"Molti fan approdarono a tale registrazione solamente dopo la tragica conclusione della storia e dopo aver fissato per la prima volta la 'copertina funeraria' lo considerarono un disco cupo ed inquietante prima ancora che la puntina toccasse il vinile. Pertanto ascoltare "Closer" per la prima volta fu un momento indimenticabile. Era un disco carico di atmosfera e mistica, una musica in cui bisognava avanzare lentamente, cupa e sinistra come una grande foresta fitta, e di certo non é un'esagerazione dire che la sua comparsa postuma fu accompagnata da un peso senza precedenti nella musica pop. Era impossibile separare la terribile realtà della storia dall'ipnotica voce nell'album intitolato "Closer"".
Quella che segue é la vicenda terrena di Ian Curtis ed i suoi Joy Division narrata da Alfredo Sgarlato, (Wally).
Joy Division - A Story
A distanza di trent'anni dalla loro breve e fulminante carriera i Joy Division appaiono come uno dei gruppi più influenti su tutte le generazioni successive. Nell'ultimo decennio, quando il revival degli anni '80 ha preso piede, e gruppi come Interpol, Editors e altri mostrano chiaramente la provenienza della loro ispirazione, soprattutto quanto alla voce e ai giri di basso. Eppure all'ascoltatore dell'epoca sarebbe stato difficile pronosticarne il successo, sia pure di culto: in effetti la musica dei Joy Division sembra fatta apposta per spaventare l’ascoltatore. I suoni sono aspri e catacombali. Un basso profondissimo si staglia su tutto, la batteria è frenetica e robotica, a volte tribale, la chitarra è sporca e tagliente, piena di effetti. A volte si aggiunge una tastiera a basso costo, fredda e persino un po’ scordata. E poi la voce di Ian Curtis, baritonale e spesso alterata elettronicamente. Il primo nucleo dei JD si forma quando a Manchester nel 1976 Bernard Sumner (in arte Albrecht) e Peter Hook fanno amicizia ad un concerto di Iggy Pop e decidono di formare un gruppo. Cambiano vari batteristi, Stephen Morris (Brotherdale) sarà quello definitivo.
Fanno salti di gioia quando all’annuncio per un cantante risponde Ian Curtis. Ian è il simpatico della scuola, l’amico di tutti, l’organizzatore di eventi strampalati. Dicono gli amici che fin da bambino avesse 3 cassetti con scritto sopra: Poesie, Canzoni e Racconti. Erano vuoti, ma non lo rimasero per molto. Inizialmente il gruppo si chiama Stiff Kittens, poi Warsaw Pact, solo Warsaw (scartati per omonimia) infine Joy Division, trovato in un libro sui lager. Erano le baracche dove le donne erano costrette a prostituirsi. Si è molto discusso sulle molte citazioni del nazismo fatte dai JD. Probabilmente erano solo una provocazione ingenua, il mondo del rock indipendente era molto filomarxista e non li avrebbe altrimenti accettati.
Sin dai primi singoli, pubblicati per l'etichetta Factory, i JD hanno un discreto seguito, soprattutto sugli altri musicisti. Il primo EP, “An ideal for living”, presenta quattro brani già molto indicativi del suono della band. La rabbia e l'irruenza del punk si stemperano in una maggiore ricerca melodica e armonica. I Joy Division rimarranno fedeli al formato 45 giri, pubblicando solo su singolo molti dei loro brani più belli (Atmosphere, Transmission, Novelty, Dead souls, Love will tear us apart), poi riuniti nell'antologia "Substance (1987").
Il gruppo inizia a lavorare ad un LP, ma le session scontentano il gruppo e il materiale sarà ripreso nel doppio album postumo “Still” (1981), insieme a registrazioni live. Il primo disco ufficiale “Unknown Pleasures” esce nel 1979. Il brano d'apertura Disorder è già un perfetto esempio dello stile della band: un giro di basso ossessivo e registrato molto alto, su cui si si innestano una batteria secca e metronomica e un tagliente arpeggio di chitarra. Quindi la voce, inconfondibile, che canta di solitudine e male di vivere. Nei testi aleggia lo spirito di Camus, molto amato dai musicisti new wave e citato apertamente da Cure e Tuxedomoon. Molti brani sono su tempi lenti, su tutti l'epica New dawn fades, con un bell'assolo di Albrecht e l'ipnotica She's lost control che descrive una crisi epilettica di una ragazza. Fondamentale per il suono del gruppo è l'apporto del geniale produttore Martin Hannett, (Buzzcocks, Magazine, U2, Psychedelic furs, Stoneroses ...) personalità strana con cui i Joy ebbero anche forti contrasti, ma che seppe forgiare nel suono la visione esistenzialista contenuta nei testi, creando un sound aspro e cupo.
Molte leggende si raccontano su Hannet: che per un singolo abbia fatto incidere a Morris alcune parti nel bagno, o che per l'incisione di “Closer” abbia voluto costruita una cupola in gesso dentro lo studio per ottenere certi suoni. Ian Curtis malgrado il buon inizio del gruppo mantiene il lavoro all’ufficio di collocamento, a soli 18 anni aveva sposato Deborah e avuto una figlia, Natalie. Si ammala di epilessia e questa, forse anche perché curata male, evolve in una gravissima depressione. La goccia che fa traboccare il vaso è il fatto che Ian, ormai una rockstar, ha moltissime avventure con le fan. Con una di queste, la giornalista belga Annicke Honorè, la cosa diventa seria. Deborah chiede il divorzio. Il 18 maggio 1980 Ian non sopporta più il peso dell’esistenza e si suicida, a soli 22 anni. La band era pronta per pubblicare il 2° album, “Closer”, un capolavoro assoluto, e stava per iniziare una tournè americana già sold-out in prevendita.
"Closer" è un disco straordinario che mostra una band dalle molte potenzialità. L'apertura è Atrocity exhibition, ispirata dai racconti di Ballard, batteria tribale e chitarra sporchissima. Isolation e A means to an end sono ritmate, persino ballabili, la prima guidata dal sintetizzatore e non dalla chitarra. Il lato b si apre con la ritmata Heart and soul, cantata con tono più suadente. Quindi tre ballate strazianti Twenty four hours, The eternal quasi una marcia funebre e la splendida Decades, dal crescendo di tastiere che piacerebbe anche ad un fan del prog rock.
Una serie di brani che, nei testi e nelle melodie, mostrano una persona profondamente ferita. La tragica morte di Ian Curtis ha avuto gioco nel rendere i Joy Division un gruppo di culto? È possibile, ma senza la qualità della musica non sarebbe bastata. Riascoltata oggi la musica dei Joy Division, soprattutto in "Closer", appare ancora come qualcosa di alieno o di futuribile, mi fa pensare al monolite di “2001 odissea nello spazio”, un impressione che pochissimi altri dischi mi danno (forse solo “Remain in light” dei Talking Heads e “ Peter Gabriel IV”).
Parlando dei Joy Division non si può evitare di fare riferimento alle copertine dei dischi, realizzate da Peter Saville, il più interessante grafico degli anni '80 (insieme a Neville Brody e Vaughan Oliver). Le copertine ideate per il gruppo di Manchester sono i suoi capolavori, semplici e rigorose, classicheggianti ma anche memori dell'avanguardia di inizio '900. Unknown Pleasures è completamente nera con un piccolo riquadro al centro che riproduce graficamente lo spettro di una stella morente. Closer e Love will tear us apart in bianco con la foto di una tomba monumentale scattata nel cimitero di Genova.
A mantenere vivo il mito della band di Manchester ha contribuito il film “Control” (2007), esordio nel lungometraggio di Anton Corbijn, regista di videoclip (New Order, Depeche Mode), fotografo e autore di copertine di LP (per Nico, U2, David Sylvian). È un buon film, in bianco e nero, che si rifà allo stile della Nouvelle Vague degli anni '60. Gli interpreti sono somigliantissimi ai personaggi reali, a cominciare da Sam Riley, che interpreta Ian Curtis (curiosità: in un altro film, “24 hour party people” interpreta Mark E. Smith dei Fall!). In Italia è stato distribuito male e in ritardo. È un film che commuove chi ha amato il gruppo, ma ha un sostanziale difetto: si concentra solo sulla vicenda umana, senza far capire l'importanza del gruppo, la novità che rappresentava, l'ambiente in cui si è formato, addirittura penso che chi lo veda a digiuno di storia del rock potrebbe pensare ad un'opera di fantasia.
Gli omaggi, sotto forma di libri e film, a Ian Curtis, e ai Joy Division sembrano non avere mai fine. La sua figura tragica continua ad affascinare (oltre che i fans) addetti ai lavori e chi lo conobbe. Dopo "Così vicino, così lontano" (Giunti, 1996) scritto della vedova Deborah Curtis, ristampato di recente; dopo il film "Control" di Anton Corbijn uscito nel 2007 é in uscita ai primi di Febbraio 2011 per Odoya (collana Cult Music per quale sono già usciti ottimi libri su Frank Zappa, P.J. Harvey, Daft Punk e di Joe Boyd), un tomo di 364 pagine di Mick Middles e Lindsay Reade, "IAN CURTIS - La vita e i Joy Division" (The Life of Ian Curtis Torn apart) di cui torneremo a parlare dopo averlo letto. Per ora ci limitiamo a dire che Mick Middles é stato il primo giornalista ad intervistare i Joy Division e che ancor oggi é in contatto con loro; Lindsay Reade é stata una delle fondatrici della gloriosa Factory Records e moglie del produttore dei Joy Division, Tony Wilson.
Vi offriamo un piccolissimo stralcio del libro riferentesi all'uscita del secondo album dei Joy Division "Closer":
"Molti fan approdarono a tale registrazione solamente dopo la tragica conclusione della storia e dopo aver fissato per la prima volta la 'copertina funeraria' lo considerarono un disco cupo ed inquietante prima ancora che la puntina toccasse il vinile. Pertanto ascoltare "Closer" per la prima volta fu un momento indimenticabile. Era un disco carico di atmosfera e mistica, una musica in cui bisognava avanzare lentamente, cupa e sinistra come una grande foresta fitta, e di certo non é un'esagerazione dire che la sua comparsa postuma fu accompagnata da un peso senza precedenti nella musica pop. Era impossibile separare la terribile realtà della storia dall'ipnotica voce nell'album intitolato "Closer"".
Quella che segue é la vicenda terrena di Ian Curtis ed i suoi Joy Division narrata da Alfredo Sgarlato, (Wally).
Joy Division - A Story
A distanza di trent'anni dalla loro breve e fulminante carriera i Joy Division appaiono come uno dei gruppi più influenti su tutte le generazioni successive. Nell'ultimo decennio, quando il revival degli anni '80 ha preso piede, e gruppi come Interpol, Editors e altri mostrano chiaramente la provenienza della loro ispirazione, soprattutto quanto alla voce e ai giri di basso. Eppure all'ascoltatore dell'epoca sarebbe stato difficile pronosticarne il successo, sia pure di culto: in effetti la musica dei Joy Division sembra fatta apposta per spaventare l’ascoltatore. I suoni sono aspri e catacombali. Un basso profondissimo si staglia su tutto, la batteria è frenetica e robotica, a volte tribale, la chitarra è sporca e tagliente, piena di effetti. A volte si aggiunge una tastiera a basso costo, fredda e persino un po’ scordata. E poi la voce di Ian Curtis, baritonale e spesso alterata elettronicamente. Il primo nucleo dei JD si forma quando a Manchester nel 1976 Bernard Sumner (in arte Albrecht) e Peter Hook fanno amicizia ad un concerto di Iggy Pop e decidono di formare un gruppo. Cambiano vari batteristi, Stephen Morris (Brotherdale) sarà quello definitivo.
Fanno salti di gioia quando all’annuncio per un cantante risponde Ian Curtis. Ian è il simpatico della scuola, l’amico di tutti, l’organizzatore di eventi strampalati. Dicono gli amici che fin da bambino avesse 3 cassetti con scritto sopra: Poesie, Canzoni e Racconti. Erano vuoti, ma non lo rimasero per molto. Inizialmente il gruppo si chiama Stiff Kittens, poi Warsaw Pact, solo Warsaw (scartati per omonimia) infine Joy Division, trovato in un libro sui lager. Erano le baracche dove le donne erano costrette a prostituirsi. Si è molto discusso sulle molte citazioni del nazismo fatte dai JD. Probabilmente erano solo una provocazione ingenua, il mondo del rock indipendente era molto filomarxista e non li avrebbe altrimenti accettati.
Sin dai primi singoli, pubblicati per l'etichetta Factory, i JD hanno un discreto seguito, soprattutto sugli altri musicisti. Il primo EP, “An ideal for living”, presenta quattro brani già molto indicativi del suono della band. La rabbia e l'irruenza del punk si stemperano in una maggiore ricerca melodica e armonica. I Joy Division rimarranno fedeli al formato 45 giri, pubblicando solo su singolo molti dei loro brani più belli (Atmosphere, Transmission, Novelty, Dead souls, Love will tear us apart), poi riuniti nell'antologia "Substance (1987").
Il gruppo inizia a lavorare ad un LP, ma le session scontentano il gruppo e il materiale sarà ripreso nel doppio album postumo “Still” (1981), insieme a registrazioni live. Il primo disco ufficiale “Unknown Pleasures” esce nel 1979. Il brano d'apertura Disorder è già un perfetto esempio dello stile della band: un giro di basso ossessivo e registrato molto alto, su cui si si innestano una batteria secca e metronomica e un tagliente arpeggio di chitarra. Quindi la voce, inconfondibile, che canta di solitudine e male di vivere. Nei testi aleggia lo spirito di Camus, molto amato dai musicisti new wave e citato apertamente da Cure e Tuxedomoon. Molti brani sono su tempi lenti, su tutti l'epica New dawn fades, con un bell'assolo di Albrecht e l'ipnotica She's lost control che descrive una crisi epilettica di una ragazza. Fondamentale per il suono del gruppo è l'apporto del geniale produttore Martin Hannett, (Buzzcocks, Magazine, U2, Psychedelic furs, Stoneroses ...) personalità strana con cui i Joy ebbero anche forti contrasti, ma che seppe forgiare nel suono la visione esistenzialista contenuta nei testi, creando un sound aspro e cupo.
Molte leggende si raccontano su Hannet: che per un singolo abbia fatto incidere a Morris alcune parti nel bagno, o che per l'incisione di “Closer” abbia voluto costruita una cupola in gesso dentro lo studio per ottenere certi suoni. Ian Curtis malgrado il buon inizio del gruppo mantiene il lavoro all’ufficio di collocamento, a soli 18 anni aveva sposato Deborah e avuto una figlia, Natalie. Si ammala di epilessia e questa, forse anche perché curata male, evolve in una gravissima depressione. La goccia che fa traboccare il vaso è il fatto che Ian, ormai una rockstar, ha moltissime avventure con le fan. Con una di queste, la giornalista belga Annicke Honorè, la cosa diventa seria. Deborah chiede il divorzio. Il 18 maggio 1980 Ian non sopporta più il peso dell’esistenza e si suicida, a soli 22 anni. La band era pronta per pubblicare il 2° album, “Closer”, un capolavoro assoluto, e stava per iniziare una tournè americana già sold-out in prevendita.
"Closer" è un disco straordinario che mostra una band dalle molte potenzialità. L'apertura è Atrocity exhibition, ispirata dai racconti di Ballard, batteria tribale e chitarra sporchissima. Isolation e A means to an end sono ritmate, persino ballabili, la prima guidata dal sintetizzatore e non dalla chitarra. Il lato b si apre con la ritmata Heart and soul, cantata con tono più suadente. Quindi tre ballate strazianti Twenty four hours, The eternal quasi una marcia funebre e la splendida Decades, dal crescendo di tastiere che piacerebbe anche ad un fan del prog rock.
Una serie di brani che, nei testi e nelle melodie, mostrano una persona profondamente ferita. La tragica morte di Ian Curtis ha avuto gioco nel rendere i Joy Division un gruppo di culto? È possibile, ma senza la qualità della musica non sarebbe bastata. Riascoltata oggi la musica dei Joy Division, soprattutto in "Closer", appare ancora come qualcosa di alieno o di futuribile, mi fa pensare al monolite di “2001 odissea nello spazio”, un impressione che pochissimi altri dischi mi danno (forse solo “Remain in light” dei Talking Heads e “ Peter Gabriel IV”).
Parlando dei Joy Division non si può evitare di fare riferimento alle copertine dei dischi, realizzate da Peter Saville, il più interessante grafico degli anni '80 (insieme a Neville Brody e Vaughan Oliver). Le copertine ideate per il gruppo di Manchester sono i suoi capolavori, semplici e rigorose, classicheggianti ma anche memori dell'avanguardia di inizio '900. Unknown Pleasures è completamente nera con un piccolo riquadro al centro che riproduce graficamente lo spettro di una stella morente. Closer e Love will tear us apart in bianco con la foto di una tomba monumentale scattata nel cimitero di Genova.
A mantenere vivo il mito della band di Manchester ha contribuito il film “Control” (2007), esordio nel lungometraggio di Anton Corbijn, regista di videoclip (New Order, Depeche Mode), fotografo e autore di copertine di LP (per Nico, U2, David Sylvian). È un buon film, in bianco e nero, che si rifà allo stile della Nouvelle Vague degli anni '60. Gli interpreti sono somigliantissimi ai personaggi reali, a cominciare da Sam Riley, che interpreta Ian Curtis (curiosità: in un altro film, “24 hour party people” interpreta Mark E. Smith dei Fall!). In Italia è stato distribuito male e in ritardo. È un film che commuove chi ha amato il gruppo, ma ha un sostanziale difetto: si concentra solo sulla vicenda umana, senza far capire l'importanza del gruppo, la novità che rappresentava, l'ambiente in cui si è formato, addirittura penso che chi lo veda a digiuno di storia del rock potrebbe pensare ad un'opera di fantasia.
Alfredo Sgarlato
mercoledì 19 gennaio 2011
INTERVISTA - BIRDSEATBABY: Una nuova generazione musicale cresce.
I Birdeatsbaby (Uccello mangia bambini) sono una recente band di Brighton & Hove. La loro prima produzione risale al 2008 con l’EP "China Doll", seguito dall’album" "Here She Comes-A-Tumblin’ (maggio 2009); l’ultima loro uscita è del 2010 con l’EP "Bigger Teeth".
La band a prima vista è subito inquadrabile nella corrente Dark Cabaret, a prova di ciò testimoniano i loro concerti insieme a band come The Tiger Lillies, Jill Tracy, The Dresden Dolls e Katzenjammer Kabarett.
Tra i loro brani: The Trouble
I Always Hang Myself With The Same Rope
Miserable
L'intervista
MusicBox: Incomincio ringraziandovi di averci concesso questa intervista, iniziamo parlando di come è nata la band e con quali ambizioni.
BirdsEatBaby: Ci siamo conosciuti al college e ognuno di noi proveniva da scene musicali differenti. Ma avevamo in comune la volontà di formare una band che andasse contro la corrente musicale del momento. La nostra ambizione? Dominare il mondo.
Cosa ci dite riguardo il nome della band?
Mishkin aveva questo sogno ricorrente di un corvo, veramente era più un incubo! Prevalentemente il nome della band è nato da un sogno.
Come è il feedback dei vostri fan durante i concerti?
Generalmente la gente ci ama o ci odia! Abbiamo anche dei fan piuttosto ossessivi ...
Vi definite ancora una band emergente?
Decisamente. Abbiamo avuto solo due vere e proprie uscite. Quando avremo un'altro paio di album da pubblicare probabilmente ci sentiremo più sicuri.
Quale è la maggiore difficoltà ad emergere in questi anni?
Diciamo che è come è sempre stato, riuscire a far sentire la tua musica alla gente.Grazie ad internet è diventato più facile rendere disponibile la tua musica, ma farsi notare è ancora difficile. Hai davvero bisogno di farti notare in mezzo a così tanti nuovi artisti che si affacciano nel panorama musicale.
Quali sono i pro e i contro di internet per quanto riguarda la musica?
Pro:La tua musica è disponibile in modo istantaneo al mondo, rendendo MOLTO più facile avere contatti diretti con i fan. Contro: il File sharing sta rendendo quasi impossibile guadagnarsi da vivere se sei un artista sconosciuto.
Parlateci della scelta stilistica-musicale della vostra band, come potremmo definire il vostro genere?
Abbiamo così tante diverse influenze, e la nostra musica è in continua evoluzione, così è difficile da descrivere.
La definizione più vicina è 'Alternative Classical Freak-Punk'
Spesso si parla di Dark Cabaret chiamandolo “Punk Cabaret”, il punk è nato principalmente come movimento di protesta, anche il mondo Cabaret quindi vuole protestare contro qualcosa?
Li vediamo come generi abbastanza differenti: Il Cabaret è basato sulle performance teatrali. Il Punk è stato l'antitesi di questo. Non sono sicura che il Dark Cabaret protesti veramente contro qualcosa, penso sia più il sound e lo stile della musica che la rende 'dark'.
Come è la scena Cabaret in Inghilterra? Ci sono festival, band e ammiratori del genere?
Veramente un nostro amico mette su serate Cabaret regolarmente, che ha come protagonisti artisti Steampunk, Circus, Oddities e Victorian aesthetics, è molto popolare dovreste andare a vederlo.
Il suo prossimo evento sarà qui.
Conoscete qualche artista italiano?
Siamo amici con i Belladonna, abbiamo suonato con loro quando sono venuti l'ultima volta a Londra. Ottima musica! .
Solitamente le band D.C. si ispirano al burlesque, teatro vaudeville, cinema noir etc… Voi da cosa vi ispirate?
Generalmente da tutto ciò che ascoltiamo! Un sacco di musica classica, e qualsiasi cosa che abbia una buona melodia.
Come nasce un testo dei Birdeatsbaby?
Di solito comincia con una piccola idea che poi ampliamo, e poi per il bene della canzone la rendiamo più estrema. O qualche volta nasce tutto insieme!
E la musica invece?
Più o meno come per i testi, Mish (cantante-pianoforte) scrive la struttura degli accordi e noi la rendiamo più ricca.
Voi avete all’attivo 2 ep ed un album, notate una evoluzione nella vostra musica?
Si, il nostro ultimo album è un pò più punk e più aggressivo. Non sappiamo dove il prossimo ci porterà, ma stiamo senz'altro diventando più aggressivi!
So che il 12/11/2010 vi siete esibiti in un concerto insieme ai Bitter Ruin, come è la relazione tra le vostre bands?
Quando abbiamo suonato con loro per la prima volta, c'era molta tensione sessuale (sexual tension) fra Garry e Ben. Pensiamo che sia tutto risolto, ma non si può mai sapere!
La vostra musica è stata trasmessa anche su sky, avete avuto buoni risultati da ciò?
Si, è un bene farsi vedere attraverso un diverso mezzo di comunicazione, ci ha sicuramente dato dei fan in più!
Cosa sta facendo la Band ora?
Come sempre, scrivendo del materiale nuovo, e promuovendo il nostro nuovo Ep.
Programmi per il futuro?
Abbiamo parecchi programmi, volare in America la prossima primavera per suonare in alcuni show sulla east coast, e registrare un nuovo album! non vediamo l'ora!
Grazie ancora per l’intervista e buona fortuna ragazzi!
La band a prima vista è subito inquadrabile nella corrente Dark Cabaret, a prova di ciò testimoniano i loro concerti insieme a band come The Tiger Lillies, Jill Tracy, The Dresden Dolls e Katzenjammer Kabarett.
Tra i loro brani: The Trouble
I Always Hang Myself With The Same Rope
Miserable
L'intervista
MusicBox: Incomincio ringraziandovi di averci concesso questa intervista, iniziamo parlando di come è nata la band e con quali ambizioni.
BirdsEatBaby: Ci siamo conosciuti al college e ognuno di noi proveniva da scene musicali differenti. Ma avevamo in comune la volontà di formare una band che andasse contro la corrente musicale del momento. La nostra ambizione? Dominare il mondo.
Cosa ci dite riguardo il nome della band?
Mishkin aveva questo sogno ricorrente di un corvo, veramente era più un incubo! Prevalentemente il nome della band è nato da un sogno.
Come è il feedback dei vostri fan durante i concerti?
Generalmente la gente ci ama o ci odia! Abbiamo anche dei fan piuttosto ossessivi ...
Vi definite ancora una band emergente?
Decisamente. Abbiamo avuto solo due vere e proprie uscite. Quando avremo un'altro paio di album da pubblicare probabilmente ci sentiremo più sicuri.
Quale è la maggiore difficoltà ad emergere in questi anni?
Diciamo che è come è sempre stato, riuscire a far sentire la tua musica alla gente.Grazie ad internet è diventato più facile rendere disponibile la tua musica, ma farsi notare è ancora difficile. Hai davvero bisogno di farti notare in mezzo a così tanti nuovi artisti che si affacciano nel panorama musicale.
Quali sono i pro e i contro di internet per quanto riguarda la musica?
Pro:La tua musica è disponibile in modo istantaneo al mondo, rendendo MOLTO più facile avere contatti diretti con i fan. Contro: il File sharing sta rendendo quasi impossibile guadagnarsi da vivere se sei un artista sconosciuto.
Parlateci della scelta stilistica-musicale della vostra band, come potremmo definire il vostro genere?
Abbiamo così tante diverse influenze, e la nostra musica è in continua evoluzione, così è difficile da descrivere.
La definizione più vicina è 'Alternative Classical Freak-Punk'
Spesso si parla di Dark Cabaret chiamandolo “Punk Cabaret”, il punk è nato principalmente come movimento di protesta, anche il mondo Cabaret quindi vuole protestare contro qualcosa?
Li vediamo come generi abbastanza differenti: Il Cabaret è basato sulle performance teatrali. Il Punk è stato l'antitesi di questo. Non sono sicura che il Dark Cabaret protesti veramente contro qualcosa, penso sia più il sound e lo stile della musica che la rende 'dark'.
Come è la scena Cabaret in Inghilterra? Ci sono festival, band e ammiratori del genere?
Veramente un nostro amico mette su serate Cabaret regolarmente, che ha come protagonisti artisti Steampunk, Circus, Oddities e Victorian aesthetics, è molto popolare dovreste andare a vederlo.
Il suo prossimo evento sarà qui.
Conoscete qualche artista italiano?
Siamo amici con i Belladonna, abbiamo suonato con loro quando sono venuti l'ultima volta a Londra. Ottima musica! .
Solitamente le band D.C. si ispirano al burlesque, teatro vaudeville, cinema noir etc… Voi da cosa vi ispirate?
Generalmente da tutto ciò che ascoltiamo! Un sacco di musica classica, e qualsiasi cosa che abbia una buona melodia.
Come nasce un testo dei Birdeatsbaby?
Di solito comincia con una piccola idea che poi ampliamo, e poi per il bene della canzone la rendiamo più estrema. O qualche volta nasce tutto insieme!
E la musica invece?
Più o meno come per i testi, Mish (cantante-pianoforte) scrive la struttura degli accordi e noi la rendiamo più ricca.
Voi avete all’attivo 2 ep ed un album, notate una evoluzione nella vostra musica?
Si, il nostro ultimo album è un pò più punk e più aggressivo. Non sappiamo dove il prossimo ci porterà, ma stiamo senz'altro diventando più aggressivi!
So che il 12/11/2010 vi siete esibiti in un concerto insieme ai Bitter Ruin, come è la relazione tra le vostre bands?
Quando abbiamo suonato con loro per la prima volta, c'era molta tensione sessuale (sexual tension) fra Garry e Ben. Pensiamo che sia tutto risolto, ma non si può mai sapere!
La vostra musica è stata trasmessa anche su sky, avete avuto buoni risultati da ciò?
Si, è un bene farsi vedere attraverso un diverso mezzo di comunicazione, ci ha sicuramente dato dei fan in più!
Cosa sta facendo la Band ora?
Come sempre, scrivendo del materiale nuovo, e promuovendo il nostro nuovo Ep.
Programmi per il futuro?
Abbiamo parecchi programmi, volare in America la prossima primavera per suonare in alcuni show sulla east coast, e registrare un nuovo album! non vediamo l'ora!
Grazie ancora per l’intervista e buona fortuna ragazzi!
Francesco Castignani
(si ringrazia Natalie Lauretano per la traduzione)